Fino a 3.000 euro di multa per chi vende “pane fresco”

Chi utilizza in modo scorretto la definizione di “pane fresco” rischia una sanzione amministrativa fino a 3.000 euro: cosa prevede la proposta di legge

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato: 5 Luglio 2025 18:09

Chi utilizza in modo scorretto la definizione di “pane fresco” rischia una sanzione amministrativa fino a 3.000 euro: è questa una delle principali novità contenute nella proposta di legge sulla produzione e vendita del pane, presentata al Senato e discussa lo scorso 24 giugno 2025.

Il disegno di legge mira a tutelare il consumatore, valorizzare il pane tradizionale, consolidando le regole in un testo normativo unico, che disciplini con precisione le denominazioni e le modalità di produzione del pane in Italia.

Cosa prevede la proposta di legge su produzione e vendita di “pane fresco”

La proposta di legge mira a garantire ai consumatori una corretta informazione e tutelare il pane, riconosciuto come patrimonio culturale nazionale, frutto di tradizioni, conoscenze artigiane e competenze tramandate (e per questo motivo prodotto che contribuisce a far aumentare e mantenere altro il valore del Made in Italy).

Per fare chiarezza, introducendo anche sanzioni per chi inganna il consumatore, il disegno di legge definisce in modo puntuale:

  • tipologie di pane;
  • ingredienti ammessi;
  • denominazioni utilizzabili;
  • modalità di vendita.

Cosa si può chiamare “pane fresco”

Uno degli aspetti centrali del disegno di legge è la disciplina delle denominazioni di vendita del pane.

L’articolo 2, comma 2, stabilisce che la definizione di “pane fresco” è riservata al prodotto realizzato senza interruzioni finalizzate a congelamento o surgelazione dell’impasto e senza additivi conservanti, a eccezione di tecniche che rallentano la lievitazione senza alterare il processo. Il ciclo produttivo deve essere continuo, dall’impasto alla vendita, entro 72 ore.

Viene inoltre regolata la denominazione di “pane di pasta madre” – utilizzabile solo se la fermentazione avviene esclusivamente con pasta madre – e “pane con pasta madre” quando sono presenti anche altri lieviti. In questi casi, il pane può essere denominato “pane fresco di pasta madre” o “pane fresco con pasta madre”.

Divieti per le diciture ingannevoli

Il testo normativo vieta l’uso delle espressioni “pane fresco”, “pane di giornata”, “pane appena sfornato”, “pane caldo” – o simili – per:

  • pane venduto oltre 24 ore dalla fine del processo produttivo;
  • pane ottenuto completando la cottura di un prodotto parzialmente cotto e conservato;
  • pane realizzato a partire da prodotti intermedi congelati, surgelati o comunque conservati.

Queste restrizioni intendono evitare che il consumatore acquisti, credendo di comprare un prodotto appena fatto, pane che in realtà ha subito lunghi processi di conservazione. In caso di pane parzialmente cotto destinato al consumatore finale, la legge impone l’obbligo di confezionamento singolo con etichetta che indichi chiaramente la denominazione “pane parzialmente cotto”, le modalità di ulteriore cottura e, se surgelato, la dicitura “surgelato”.

Infine, il disegno di legge prevede che il pane preparato con farine diverse dal grano riporti in etichetta l’origine vegetale delle farine impiegate, così come la denominazione del pane deve indicare eventuali altri ingredienti caratterizzanti.

Multe fino a 3.000 euro e sospensione dell’attività

Per chi viola le regole relative alla denominazione di vendita del pane, è prevista una sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro e, nei casi più gravi o di reiterazione, le autorità possono disporre anche la sospensione dell’attività di vendita per un massimo di 20 giorni.

La reiterazione si configura quando, nei 5 anni successivi a una violazione già accertata, lo stesso soggetto commette un’altra infrazione simile.