Come viene disciplinato lo smart working in Italia

Tutto quello che c’è da sapere sullo smart working e sulle nuove applicazioni nel pubblico e nel privato

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Tra le tante opportunità che ha fatto scoprire la pandemia da Covid 19, lo smart working è quella che maggiormente ha rivoluzionato il mondo del lavoro. Il fenomeno era poco conosciuto ma l’esigenza di continuare a lavorare impedendo la diffusione del contagio, ha fatto sì che le aziende sfruttassero le tante possibilità offerte dal lavoro agile.

Flessibile, autonomo, responsabile, lo smart working si è rivelato efficace e vantaggioso anche all’interno della pubblica amministrazione.

Di seguito vedremo in sintesi in che cosa consiste lo smart working, qual è la differenza con il telelavoro e indicheremo altresì qual è la fonte normativa principale per aziende, datori di lavoro e lavoratori. Infine, in un paragrafo ad hoc, rinvieremo ai nostri articoli più recenti, con vari link ad aggiornamenti utili a far capire al lettore qual è attualmente la situazione in tema di lavoro da remoto.

Smart working: cos’è

Lo smart working viene spesso identificato con il telelavoro o il lavoro da remoto, ma non si tratta della stessa cosa. Non basta lavorare da casa per entrare di diritto nella schiera di smart workers.

L’Osservatorio Smart Working, punto di riferimento in Italia per lo sviluppo della cultura dell’innovazione dei modelli di lavoro in ottica smart, dà questa definizione:

«Lo Smart Working, o Lavoro Agile, è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici».

Definizione ripresa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per cui lo smart working è «una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività».

Quindi, parafrasando entrambe le definizioni, possiamo affermare che lo smart working prevede di poter lavorare senza necessariamente recarsi in ufficio, da qualsiasi luogo e senza vincoli orari, concordando modalità e obiettivi con il datore di lavoro.

Smart working: come funziona e differenze col telelavoro

Pur avendo delle similitudini, smart working e telelavoro differiscono sia dal punto di vista sostanziale che contrattuale. Il telelavoro è quella modalità di lavoro che prevede lo spostamento, parziale o totale, della sede di lavoro dai locali aziendali presso altra sede, che di solito coincide con l’abitazione del lavoratore. Il dipendente è obbligato a osservare gli stessi orari di colleghi che lavorano in ufficio. Inoltre, la postazione di lavoro viene stabilita in precedenza e deve essere sempre la stessa.

Lo smart working, invece, prevede che il lavoro venga svolto in parte nei locali aziendali e in parte all’esterno, ma senza alcun vincolo sulla postazione né sull’orario. Il lavoratore è però tenuto a rispettare i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dal contratto collettivo nazionale. Vi è un accordo tra azienda e lavoratore per cui si definiscono obiettivi e risultati, da raggiungere lavorando con flessibilità e in totale autonomia.

L’azienda solitamente fornisce al lavoratore anche gli strumenti per poter comunicare e condividere informazioni con colleghi e datori di lavoro. Smartphone, cuffie e webcam, uniti ad alcuni tool per monitorare il lavoro da remoto, sono indispensabili per uno smart working produttivo ed efficace.

Smart working non vuol dire lavorare 24 ore su 24, quindi è importante porre dei limiti alla propria reperibilità e scegliere un momento di inizio e di fine della giornata lavorativa. È giusto separare la vita lavorativa da quella privata.

Per il lavoro agile è importante scegliere una postazione dedicata esclusivamente allo smart working, per mantenere alta la concentrazione ed evitare distrazioni. Per questo motivo, è fondamentale evitare di fare più cose insieme, mescolando vita professionale e privata. Concentrarsi su un’attività per volta è l’unico modo per portare a termine i progetti.

Smart working: normativa

A regolare le norme sullo smart working è la legge 22 maggio 2017 n. 81 (art. 18-24), detta anche Legge sul Lavoro Agile, che disciplina il lavoro da remoto fornendo le basi anche per l’applicazione nel settore pubblico.

La normativa definisce i diritti del lavoratore, il controllo da parte del datore di lavoro, gli strumenti tecnologici e le modalità con cui viene eseguita l’attività da remoto. Vengono introdotte anche misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.

La legge stabilisce anche che le amministrazioni possano permettere di usufruire delle modalità di lavoro agile ad almeno il 10% dei dipendenti pubblici che ne facciano richiesta, senza che questo influisca sulle opportunità di crescita e di carriera.

Per l’adozione dello smart working è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, in cui devono essere stabiliti: la durata, il preavviso, gli strumenti tecnologici utilizzati e le modalità di lavoro, sempre nel rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore. Nell’accordo devono essere illustrate anche le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.

La normativa prevede che i lavoratori in smart working ricevano lo stesso trattamento economico nonché le stesse norme di sicurezza dei colleghi. Il lavoratore agile ha diritto alla tutela prevista in caso di infortuni e malattie professionali.

Ovviamente in tema di smart working hanno rilievo anche i contratti collettivi di categoria che, con uno o più articoli, potranno disciplinare nel dettaglio questa tipologia di svolgimento della prestazione di lavoro.

Vantaggi e benefici dello smart working

Lo smart working apporta numerosi vantaggi e benefici alle aziende e ai lavoratori stessi. I vantaggi per il lavoratore riguardano una maggiore soddisfazione dovuta alla possibilità di poter conciliare i tempi di vita privata e lavoro. Abbattendo i costi legati agli spostamenti e valorizzando il tempo a disposizione, il lavoratore ha un miglioramento della qualità della vita che si riflette anche sul lavoro.

Le aziende, infatti, possono beneficiare di un aumento della produttività e una riduzione dell’assenteismo, nonché di una riduzione dei costi per gli spazi fisici. Con lo smart working che – ricordiamo – non è incompatibile con i buoni pasto, le risorse umane vengono valorizzate e responsabilizzate, si promuove l’uso di tecnologie digitali innovative, si abbattono le differenze di genere e si promuovono sistemi di misurazione e valutazione delle performance basati sui risultati. Lo smart working mette al centro le persone e punta ad accrescere la fiducia tra lavoratori e aziende.

Tra i benefici apportati dallo smart working nelle PA, c’è anche la valorizzazione del patrimonio immobiliare, grazie all’utilizzo di spazi per postazioni di coworking.

Da non sottovalutare anche l’impatto ambientale del lavoro agile, con il risparmio del consumo elettrico negli uffici e il calo delle emissioni di CO2 dovuto a una riduzione degli spostamenti.

Smart working e Coronavirus

Fin dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, il Governo ha incoraggiato il lavoro da remoto, nel privato come nelle pubbliche amministrazioni. Milioni di lavoratori si sono trovati a lavorare seguendo il modello di smart working semplificato.

Nel 2021, con la proroga dello stato di emergenza, sempre più persone hanno consolidato un modello introdotto in via emergenziale e lo smart working ha finito per essere assimilato al lavoro da casa.

Con lo smart working semplificato fino al 31 dicembre, l’azienda ha potuto decidere di far lavorare da remoto tutti i dipendenti, anche senza accordi preventivi, sia con turni a rotazione che al 100%. lavoratori fragili o con figli disabili e lavoratori con figli sotto i 14 anni hanno continuato ad avere diritto allo smart working.

Nel 2021 sono stati circa 4 milioni i lavoratori che utilizzano questa modalità di lavoro e all’epoca si è stimato che il 90% delle aziende abbiano intenzione di proseguire con lo smart working anche dopo la pandemia.

Smart working e Green Pass

Con il decreto legge del 21 settembre 2021 sul Super Green Pass, si era stabilito l’obbligo della Certificazione verde sul luogo di lavoro per dipendenti pubblici e privati. I lavoratori senza Green Pass non avevano diritto automaticamente allo smart working e il lavoro agile non poteva essere utilizzato per eludere l’obbligo della certificazione.

I lavoratori senza Green Pass che usufruivano di forme ibride di prestazione, in parte in presenza e in parte in remoto, non potendo recarsi sul luogo di lavoro, erano considerati assenti ingiustificati senza retribuzione.

L’azienda poteva però rifiutare una prestazione lavorativa svolta solo parzialmente e recedere dall’accordo di smart working. In questo caso, i lavoratori erano considerati assenti ingiustificati senza retribuzione fino a quando non si presentavano muniti di Certificazione verde. Oggi, com’è noto, regole e obblighi legati a questo documento sono venuti meno perché la pandemia è fortunatamente solo un ricordo.

Smart working: le nuove linee guida per il settore privato

Nel 2021, con un accordo tra Governo e parti sociali, fu definito un nuovo protocollo per lo smart working nel settore privato. L’adesione al lavoro agile era subordinata a un accordo individuale e avviene su base volontaria. Il lavoratore si poteva rifiutare di aderire allo smart working e questo non comportava licenziamento per giusta causa.

Cambiava la nozione di orario di lavoro e si definiva la possibilità di articolare la giornata di lavoro in fasce orarie. Rimaneva l’obbligo di individuare la fascia di disconnessione nonché la possibilità di sospendere l’attività lavorativa, usufruendo di permessi.

Il lavoratore poteva scegliere autonomamente il luogo di lavoro, purché in grado di garantire condizioni di sicurezza e riservatezza.

La strumentazione tecnologica e informatica necessaria allo svolgimento della prestazione era fornita dal datore di lavoro, ma “salvo accordi diversi e di norma”, il lavoratore poteva anche utilizzare apparecchiature personali.

Permangono gli obblighi del datore di lavoro in tema di salute e sicurezza, di formazione e di informazione e di divieto di discriminazione.

Smart working 2024: aggiornamenti e rinvio

Com’è noto, negli ultimi anni la normativa in tema di smart working, che continua ad avere come primario punto di riferimento la legge n. 81 del 2017, si è arricchita di disposizioni di carattere emergenziale, ma qual è la situazione nel 2024? Dopo la fine della pandemia, quali regole si applicano? Ebbene, dal primo aprile lo smart working è tornato regime ordinario di cui all’appena menzionata legge. Ne abbiamo recentemente parlato in questo articolo e anche qui, in cui abbiamo sottolineato la bocciatura all’emendamento al Milleproroghe sulla proroga dello smart working agevolato e il rilievo decisivo dell’accordo delle parti.

Di fatto dunque scompaiono molte delle semplificazioni che erano ancora previste per genitori con figli under 14 e i lavoratori fragili fino al 31 marzo scorso. Una sorta di ritorno alla normalità, però con una nuova consapevolezza circa vantaggi e benefici del lavoro da casa, e una situazione odierna in cui l’imprenditore o il datore che sceglie di utilizzare lo smart working, dovrà sottoscrivere con ciascun dipendente un accordo individuale.

In sostanza, non si parla più di smart working come uno dei diritti del lavoratore, ma di mera modalità di esecuzione della prestazione – oggetto di accordo ad hoc. Non solo. Importante ricordare che la disciplina ordinaria in materia – di cui alla legge n. 81 del 2017 – agevola alcune categorie di lavoratori, che potranno contare su una richiesta di accesso prioritario al lavoro a distanza. Ci riferiamo ad es. ai caregiver o ai lavoratori con figli entro i 12 anni di età. Di accesso prioritario (e accordo azienda-lavoratore) abbiamo parlato anche qui. Mentre per quanto riguarda il lavoro nella PA, ad avere l’ultima parola sarà il dirigente, come abbiamo spiegato in questo articolo.

Non solo. Dal 19 marzo 2024 è in vigore il Decreto anziani che assegna ai lavoratori e alle lavoratrici subordinate che abbiano compiuto 55 anni, una priorità nella richiesta – e nell’ottenimento – dello smart working.