Smart working, cosa serve dal 1° aprile per lavorare da casa

Le nuove regole per poter continuare a lavorare da remoto: ecco per chi varrà ancora lo smart working e in che modo

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Lunedì 1° aprile è una giornata particolare per tantissimi lavoratori in Italia. Si tratta infatti di un vero e proprio spartiacque, dal momento che lo smart working agevolato non esisterà più. Uno degli ultimi residui delle misure emergenziali lanciate durante la pandemia di Covid-19. Anche le ultime categorie rimaste ad averne diritto, infatti, ovvero i soggetti fragili con figli under 14, dovranno adeguarsi. Ciò vuol dire individuare il giusto accordo con il proprio datore di lavoro, qualora possibile.

Addio smart working garantito

Si era sperato in un’ennesima estensione ma, come ormai sappiamo da tempo, l’emendamento al decreto milleproroghe è stato bocciato. La data di scadenza per lo smart working in regime emergenziale è stata confermata. Dal 1° aprile il governo farà un passo indietro, cedendo di fatto la gestione di tale strumento, risultato estremamente utile sotto diversi aspetti, ai contratti aziendali.

Ciò vuol dire che il “lavoro agile”, come viene definito, potrà essere concesso o negato da ogni singolo datore di lavoro. Tutto in base alle esigenze della compagnia. Per quanto molte aziende vedano in questa opzione il futuro del mercato, tante non riescono ad allontanarsi da una certa visione, che pretende il dipendente in ufficio, “sotto controllo” sotto l’aspetto dell’attenzione, dell’abnegazione e, ovviamente, dei risultati.

Tutto ciò creerà una spaccatura nel mercato, con i talenti più giovani che avranno chance di adeguarsi in base alla visione delle società, e i soggetti fragili d’età più avanzata alle prese con compromessi e imposizioni.

Smart working, nuove regole

Quando si parla di smart working agevolato si fa riferimento al diritto garantito per alcuni soggetti di lavorare da casa a prescindere dalla volontà dell’azienda. Il tutto senza alcun compromesso, sottoforma di nuovi incarichi (demansionamenti) o tagli di stipendio.

Da aprile invece sarà tutto sottoposto alle norme dettate dagli ipotetici accordi individuali con il datore di lavoro, qualora questi risulti disponibile. Si avrà dunque necessità di un documento scritto, siglato e dunque accettato da entrambe le parti in causa. La sua durata può essere limitata o indeterminata, pattuendo una collaborazione da remoto in toto o parziale, con un certo numero di giorni mensili in cui recarsi sul posto di lavoro.

Nel caso in cui l’azienda risulti disposta a garantire attrezzature specifiche, a seconda dell’impiego, per rendere più efficiente il lavoro da remoto, anche queste andranno inserite nero su bianco nell’accordo. Lavorare da casa però non vuol dire essere costantemente reperibili. Questo è ad esempio uno dei grandi problemi che i freelance si ritrovano a dover gestire. Nel documento si dovranno dunque indicare i tempi di riposo previsti.

A ciò si aggiunge infine una postilla. Per quanto il sistema agevolato vada concludendosi, alcune categorie dovranno ottenere un ordine di priorità. Qualora il datore di lavoro si dica disponibile a un accordo, questo dovrà essere proposto prima di tutti gli altri a lavoratori con figli al di sotto dei 12 anni o figli con disabilità.

Stando a un report del PoliMi, Smart Working: gli impatti su organizzazioni e società, si sta assistendo a un consolidamento del lavoro da remoto. In linea generale, infatti, le aziende prevedono di tutelare questa opzione, che garantisce numerosi benefit. Alcuni dipendenti beneficiano infatti di minori costi, soprattutto di trasporto. Risultano inoltre in grado di gestire meglio i propri carichi di lavoro, considerando una migliore gestione del proprio tempo privato, non sacrificato all’altare dei mezzi pubblici o del traffico cittadino.

Soltanto il 6% non sa se in futuro si adeguerà a tale impostazione d’impiego. Tutto ciò non fa che riflettere un adeguamento dell’Italia a un’impostazione dal respiro maggiormente europeo. Differente il discorso per quanto concerne la pubblica amministrazione, dove i soggetti fragili hanno detto addio a tale garanzia il 31 dicembre 2023. Da allora tutto dipende da possibili accordi con il dirigente di riferimento.

Il governo di Giorgia Meloni ha insistito per un ritorno alla “normalità” nella fase post Covid. L’esecutivo non intende più garantire/imporre dall’alto. Si lascia tutto nelle mani del dirigente responsabile, in ambito pubblico. Una direttiva del 29 dicembre del ministro Zangrillo consente infatti a tale figura, al di là dell’ambito specifico, di individuare da sé le misure organizzative necessarie attraverso accordi individuali.