Caratteristiche del rapporto di lavoro parasubordinato

Scopri il significato della definizione "lavoro parasubordinato", in cosa consiste e come funziona

Il lavoro parasubordinato è una particolare tipologia di rapporto di lavoro, il quale si inserisce tra gli ordinamenti del lavoro autonomo e di quello subordinato convenzionale. Negli ultimi anni questa forma contrattuale è stata più volte oggetto di interventi normativi, tra cui quelli più importanti previsti con la Riforma Fornero e il Jobs Act di Renzi, con l’obiettivo di evitare abusi e agevolare le nuove assunzioni.

Ultimamente sono state introdotte delle novità anche in merito ai nuovi lavori digitali, tra cui i lavoratori parasubordinati occupati presso le piattaforme di food delivery come riders. I rapporti di collaborazione inquadrati come lavoro parasubordinato sono oggi piuttosto difficili da utilizzare, a causa delle numerose limitazioni previste dalle normative più recenti, ad ogni modo rimane un tipo di contratto di lavoro presente in Italia e disciplinato.

Benché la direzione sia quella di usare sempre di più i rapporti di lavoro autonomo, subordinato e, laddove possibile, occasionale, è importante conoscere le principali caratteristiche del lavoro parasubordinato. Ecco cosa c’è da sapere a riguardo, dalle tipologie contrattuali ai contributi previdenziali, fino alle opzioni disponibili per la richiesta di pensionamento.

Lavoro parasubordinato: definizione e significato

Rispetto alle tipologie di lavoro tradizionali il lavoro parasubordinato prevede una modalità ibrida, con caratteristiche tipiche del lavoro autonomo e altre più vicine ai rapporti di lavoro subordinati, ovvero il lavoro dipendente. Il termine, infatti, è composto dal prefisso “para” di origine greca, il cui significato è allo stesso tempo quello di somiglianza e contrapposizione, in questo caso nei confronti del lavoro subordinato.

Queste definizione si addice perfettamente al rapporto di lavoro parasubordinato, poiché sebbene preveda delle peculiarità rispetto al lavoro dipendente, in realtà si tratta di un inquadramento a sé, con differenze sostanziali rispetto al lavoro autonomo e subordinato. Questa tipologia contrattuale ha spesso generato abusi e utilizzi impropri, per questo motivo con le ultime normative di legge si è cercato di limitarne fortemente l’uso, spingendo i datori di lavoro ad utilizzare altri tipi di rapporti lavorativi.

Lavoro parasubordinato: caratteristiche principali

Le norme italiane prevedono una serie di categorie lavorative, tra cui quelle tradizionali sono i lavoratori autonomi e quelli subordinati. I primi sono di fatto lavoratori indipendenti, i quali possono prestare servizio liberamente presso committenti diversi, senza nessun tipo di vincolo nei suoi confronti. Il lavoratore subordinato o dipendente, invece, si dedica esclusivamente all’azienda o al professionista presso cui è occupato, mettendo a disposizione il suo tempo in cambio di una retribuzione determinata da un apposito contratto.

Il rapporto di lavoro parasubordinato si posiziona a metà strada tra i due, coinvolgendo principalmente il collaboratore che presta il servizio e il committente che ne beneficia. In linea generale, i lavoratori parasubordinati possono lavorare per diversi committenti, senza particolari obblighi nei loro confronti, tuttavia rispetto a un lavoratore autonomo godono di alcuni diritti in più. Queste tutele, però, non sono le stesse accordate ai lavoratori dipendenti, motivo per il quale il parasubordinato si trova in una via di mezzo tra le due categorie.

Il contratto di lavoro parasubordinato

Un tipo di contratto che si applicava ai lavoratori parasubordinati, non più utilizzabile dopo l’abrogazione avvenuta a giugno 2015, era quello cosiddetto Co.co.pro., ovvero i collaboratori coordinati a progetto. Questi contratti sono stati eliminati con il Jobs Act di Renzi, con cui sono stati anche riordinati gli altri contratti di collaborazione. La seconda tipologia è quella del Co.co.co per i collaboratori coordinati e continuativi, gli unici che possono essere ancora sottoscritti dopo giugno 2015.

In questo caso, però, il divieto è scattato per le assunzioni presso le Pubbliche Amministrazioni, infatti dal primo gennaio 2019 le PA non possono contrattare lavoratori stipulando contratti di collaborazione. Dal primo gennaio 2016 i Co.co.pro sono di fatto considerati dei lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti, un contratto simile a quello tradizionale a tempo indeterminato ma con alcune differenze in merito alle norme relative al licenziamento.

Come funziona il contratto di collaborazione coordinata e continuativa

Come abbiamo visto i contratti di tipo Co.co.co. sono sopravvissuti al Jobs Act, sebbene questa forma contrattuale sia stata completamente aggiornata, inoltre sono state apportate ulteriori modifiche con l’ultimo Decreto Legge n. 128/2019. Lo scopo di questo provvedimento è stato inserire in questo inquadramento una serie di nuove figure professionali, soprattutto legate al boom del food delivery e dei servizi digitali come i riders.

I requisiti principali per questa modalità sono:

  • autonomia;
  • coordinamento;
  • personalità della prestazione;
  • continuità.

Innanzitutto, il lavoratore parasubordinato deve decidere in modo autonomo le modalità di esecuzione della prestazione, tuttavia a differenza del lavoratore autonomo non utilizza mezzi propri, ma può impiegare quelli messi a disposizione del committente. Inoltre, pur mantenendo la sua autonomia deve coordinarsi con il committente, tenendo conto delle esigenze dell’azienda, nonostante l’impresa non possa pregiudicare l’indipendenza operativa del lavoratore parasubordinato.

Un punto importante, al centro della riforma introdotta con la Legge n.128 del 2 novembre 2019, prevede il passaggio al contratto di lavoro subordinato in caso di prestazione prevalentemente o esclusivamente personale, qualora il rapporto con il committente sia anche continuativo e organizzato sempre dall’azienda. Questa modifica si applica anche ai lavori digitali prestati tramite le piattaforme telematiche, come appunto il lavoro svolto dai riders per le consegne degli ordini online effettuati dai clienti e gestiti dai titolari di portali e applicazioni.

Con questa differenza si evitano alcuni abusi, in quanto se il lavoro è organizzato dal committente, il quale rappresenta l’interlocutore unico o prevalente del lavoratore parasubordinato, quest’ultimo è a tutti gli effetti un lavoratore dipendente. Nella nuova norma rimangono comunque dei punti poco chiari, ad esempio in merito al contesto urbano della prestazione del servizio, oppure ai lavoratori che non solo realizzano consegne ma utilizzano anche la piattaforma per l’erogazione di servizi.

Come funziona il contratto a tutele crescenti

Se per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa continuano ad esistere e sono applicati, fino a quando la nuova Legge 128/2019 non obbliga all’assunzione come lavoratori subordinati, dal 2016 non possono essere sottoscritti contratti di collaborazione a progetto, nel caso in cui la prestazione viene organizzata totalmente dal committente. In queste circostanze è necessario applicare dal primo gennaio 2016 il contratto a tutele crescenti, un particolare tipo di rapporto a tempo indeterminato con alcune differenze e peculiarità.

Si tratta nel dettaglio delle norme sul licenziamento illegittimo, infatti con questo contratto si riceve un indennizzo con un importo economico crescente in base agli anni di servizio. Di fatto, il datore di lavoro può licenziare il dipendente assunto per motivi economici o disciplinari, dopodiché se viene definito illegittimo il lavoratore ha diritto a un indennizzo, se invece è indicato come legittimo al lavoratore non spetta nulla. Il reintegro, invece, è possibile solo in alcuni casi particolari, ad esempio in situazioni comprovate di licenziamenti discriminatori, orali o dichiarati nulli.

I contributi per i lavoratori parasubordinati

Di norma, i lavoratori parasubordinati devono versarsi i contributi da soli, tuttavia non sempre esiste questo obbligo. In particolare, devono iscriversi alla Gestione Separata INPS i seguenti soggetti:

  • lavoratori autonomi occasionali con reddito oltre 5 mila euro;
  • i collaboratori occasionali;
  • i venditori a domicilio;
  • i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

La soglia dei 5 mila euro si riferisce al totale del reddito generato in base alla somma dei compensi percepiti dai vari committenti, con l’obbligo per il lavoratore di segnalare il superamento di tale limite. Per i lavoratori con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa i contributi INPS devono essere versati in modo condiviso, con i due terzi a carico del committente, mentre la restante quota di un terzo è di responsabilità del lavoratore.

In questo caso è prevista un’aliquota contributiva variabile:

  • aliquota 24% per parasubordinati titolari di partita IVA iscritti ad un’altra gestione non INPS in modo obbligatorio;
  • aliquota 33% per parasubordinati e collaboratori associati iscritti soltanto alla Gestione Separata INPS.

I soggetti che non sono iscritti ad altre gestioni o fondi previdenziali devono anche versare un’aliquota aggiuntiva dello 0,72%, prevista per la contribuzione ai fini del potenziale percepimento di assegni familiari, compensi per maternità o prestazioni assistenziali per motivi di salute. La contribuzione viene calcolata su base annua, dopodiché viene ripartita fra tutti i mesi di riferimento dell’attività lavorativa di collaborazione.

La pensione per i lavoratori parasubordinati

Il nuovo sistema di calcolo della pensione di vecchiaia si applica anche ai lavoratori parasubordinati. I requisiti, dunque, sono i medesimi previsti per gli altri lavoratori, con un’età minima di 67 anni per gli uomini e le donne, con almeno 20 anni di anzianità di servizio in base ai contributi versati. In alternativa, è possibile accedere al pensionamento con 71 anni d’età e non meno di 5 anni di contributi.

Anche per i lavoratori parasubordinati è possibile richiedere il pensionamento anticipato, un’opzione fattibile in caso di almeno 64 anni d’età, un minimo di 20 anni di contributi effettivi e la cessazione del rapporto di lavoro di collaborazione parasubordinata. Inoltre è possibile richiedere la pensione anticipata se in possesso dei requisiti contributivi minimi, in particolare 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per le donne, indipendentemente dall’età anagrafica.