Si può lavorare in cassa integrazione?

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In questo periodo di emergenza sanitaria sono molte le aziende che stanno facendo uso della cassa integrazione prevista per l’emergenza COVID-19. Sempre più di frequente capita che i lavoratori al momento sollevati dall’azienda a causa della decrescita di lavoro cerchino di trovare un’attività lavorativa alternativa per far fronte alle spese quotidiane. Ma un lavoratore in cassa integrazione può lavorare?

Come funziona la cassa integrazione

Per accedere al beneficio dell’integrazione salariale, la ditta deve prima sentire il parere dei sindacati e in seguito inoltrare la domanda di ammissione al trattamento per via telematica all’INPS. La legge prevede che l’azienda che voglia usufruire dell’integrazione salariale deve:

  • Effettuare la comunicazione preventiva alle sigle sindacali delle categorie dei lavoratori più influenti attive nella zona, della durata anticipata della sospensione e dei lavoratori interessati in caso di eventi inevitabili
  • Nei casi di sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro superiore a 16 ore settimanali e su richiesta dello stesso imprenditore o dei rappresentanti dei lavoratori si fa un esame comune prima di procedere alla ripresa della normale attività produttiva anche per definire le regole per la distribuzione degli orari di lavoro. La richiesta di esame congiunto deve essere presentata entro 3 giorni dalla divulgazione e la procedura deve esaurirsi entro i 5 giorni successivi a quello in cui è stata fatta la richiesta stessa.
  • In tutti gli altri casi previsti dall’art. 14 del D.Lgs. n. 148/2015, bisogna informare sulle cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro nonché sull’entità e la durata presunta e anche il numero dei lavoratori interessati alle rappresentanze sindacali aziendali e alle organizzazioni sindacali di categoria.

Quanto si percepisce di cassa integrazione

La quota dell’importo delle integrazioni salariali è uguale all’80% della retribuzione complessiva che avrebbe dovuto essere presa dal lavoratore per le ore di lavoro prestate, comprese fra le zero ore e il limite dell’orario contrattuale. Il corrispettivo si calcola tenendo presente l’orario di ciascuna settimana autonomamente dal periodo di paga. La grandezza del trattamento è sottoposta alla diminuzione del 5,84% a causa dell’applicazione delle aliquote contributive previste a carico degli apprendisti e non può superare gli importi massimi determinati in relazione all’ammontare della retribuzione. L’ammontare dei massimali per il 2020 è stimato nelle seguenti somma di denaro:

  • Euro 998,18, nei casi in cui la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento (comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive) è pari o inferiore a euro 2.159,48;
  • Euro 1.199,72, nel caso lo stipendio mensile a cui si fa riferimento è superiore all’ammontare di euro 2.159,48.

Oltre a ciò è previsto un incremento aggiuntivo della quota più alta, pari al 20%, per le integrazioni supplementari in favore delle imprese del settore edile e lapideo per quanto riguarda le intemperie stagionali. Il trattamento di integrazione salariale rimpiazza, in caso di malattia, l’indennizzo giornaliero, nonché l’eventuale aumento dovuto e non viene erogata per le festività non retribuite e per le assenze che non generano retribuzione. Ai lavoratori fruitori dell’aiuto viene erogato, in rapporto al metodo di paga adottato e nella stessa misura dei lavoratori a orario ordinario, l’assegno per chi ha famiglia.

Cassa integrazione ordinaria

Secondo il regolamento sono previste due tipi di cassa integrazione: una ordinaria e una straordinaria. La cassa integrazione ordinaria è rivolta a supportare le aziende in caso di crisi di durata breve, mentre quella straordinaria si attua nel caso di riorganizzazioni aziendali durevoli e legate a un ridimensionamento produttivo. La durata dei trattamenti e i settori di applicazione possono essere diversi. Diversamente da quella ordinaria, la cassa integrazione straordinaria è eseguita solo per eventi provvisori, ma l’obiettivo è quello di contrastare condizioni di durata prolungata.

Cassa integrazione Covid-19

Per contrastare l’instabilità economica portata dal coronavirus, il governo ha istituito un aiuto sociale che garantisce un reddito ai lavoratori che si trovano implicati nell’interruzione o la diminuzione dell’attività lavorativa. Il Decreto, prevede una serie di misure economiche per famiglie ed imprese situati nelle zone rosse ed ha esteso la cerchia di destinatari che possono accedere alla cassa integrazione introducendo una procedura semplificata che consente di accedere al processo di integrazione salariale per quasi la totalità delle aziende e dei settori maggiormente colpiti dai provvedimenti di lockdown. L’allargamento della zona rossa a livello nazionale ha implicato la necessità di estendere le misure a favore del lavoro su tutto il territorio nazionale.

Lavorare durante la cassa integrazione

Molti lavoratori attualmente in cassa integrazione preferirebbero riprendere a lavorare almeno parzialmente, ma la domanda che si staranno facendo in molti è: se sono in cassa integrazione posso lavorare continuando a prendere la cassa integrazione? Vediamo a tal proposito cosa dice la normativa di riferimento:

“l’integrazione salariale non sarà corrisposta a quei lavoratori che durante le giornate di riduzione del lavoro si dedichino ad altre attività remunerate” art. 8. comma 4 DL 86/1988,

Questa norma non prevede una incompatibilità totale tra le due cose ma ci sono delle limitazioni per quanto riguarda gli orari, il compenso percepito e i tipi di lavoro tollerati. Le regole principali sono:

  • La fascia oraria non deve combaciare con quella per cui il lavoratore riscuote la cassa integrazione;
  • Il tipo di impiego non deve essere in competizione con l’attività principale o essere con quest’ultima inconciliabile. Si parla di dovere di fedeltà nei confronti dell’azienda in cui risulta dipendente. Questo determina che le attività lavorative aggiuntive, non devono essere contrastare con l’articolo 2015 del Codice Civile.
  • Il presunto stipendio di un secondo lavoro non può essere maggiore a 30.000 euro l’anno.

Dunque si può lavorare in cassa integrazione?

In caso di cassa integrazione a zero ore i dipendenti dell’azienda non devono svolgere alcuna attività lavorativa nell’intervallo compreso nel contratto aziendale mentre si potrà il sabato e la domenica senza oltrepassare il limite di 48 ore settimanali; invece se la sospensione avviene in maniera parziale ossia per alcuni giorni a settimana oppure con una fascia oraria ridotta, nel tempo restante il dipendente può dedicarsi ad un’altra attività.

Quali sono le attività che si possono svolgere durante la cassa integrazione?

Vediamo quali sono le attività sono compatibili durante il periodo di cassa integrazione. Il punto principale da tenere a mente è che l’attività lavorativa non sia in opposizione con quella per cui il dipendente percepisce la cassa integrazione. Qual ora, invece, l’attività è ammissibile, egli potrà lavorare tramite la nuova occupazione purché sia un tipo di lavoro regolato da rapporto subordinato, autonomo, parasubordinato o accessorio.

In cassa integrazione si maturano le ferie?

Le ferie e permessi durate il periodo di cassa integrazione vengono maturate soltanto se quest’ultima avviene con orario ridotto di ore lavorative e per quando riguarda il numero di giorni di ferie, spettano quelli previsti dal CCNL utilizzato dall’azienda. Se l’impiegato è in cassa integrazione a zero ore non sono previste ferie o permessi, tranne sé l’intervallo di cassa integrazione non sia proseguito meno di 15 giorni del calendario del mese di riferimento.

Tredicesima e quattordicesima durante la cassa integrazione maturano?

Durante il periodo di cassa integrazione le mensilità integrative, come tredicesima e quattordicesima sono incluse nel conteggio della paga lorda che è la base sul quale la cassa integrazione viene limitata ossia l’80% dello stipendio lordo, quindi per quanto riguarda la tredicesima del mese di dicembre e la quattordicesima prevista per luglio non vengono quantificate. Differente invece TFR che si perfeziona regolarmente durante tutto il tempo in cui si sta senza lavorare e differisce a seconda della tipologia di contratto.

Cassa integrazione: obblighi del lavoratore

In cassa integrazione il lavoratore ha comunque l’obbligo di reperibilità in quanto, rimane comunque legato contrattualmente al datore di lavoro per cui, se richiamato, è obbligato a riprendere servizio anche prima della scadenza della sospensione programmata in precedenza. Prima di riprendere servizio, in passato era obbligatoria una trasmissione dell’informativa all’INPS ma oggi, grazie all’avviso obbligatorio di avvio del rapporto di lavoro al Centro Impiego non è più essenziale la comunicazione del lavoratore all’INPS per le novità riguardanti la l’attuale posizione lavorativa. La comunicazione all’INPS resa valida, solo in caso di lavoro autonomo.

Obblighi per il lavoratore in cassa integrazione

Secondo l’ordinamento giuridico la cassa integrazione non dovrebbe essere solo sostegno economico per il lavoratore. Quest’ultimo deve prendere parte anche ad un percorso che gli permetta di acquisire nuove competenze utili per una possibile ricollocazione immediata. Quindi, si viene chiamati del centro per l’impiego dove mettere la firma del patto di servizio individuale con il quale si avviano tutte le attività che il lavoratore seguirà nella fase di disoccupazione per ottenere le conoscenze e competenze essenziali ai fini di una riconversione nel mercato del lavoro.

Sanzioni in caso di dichiarazioni false

Il lavoratore che dichiara la disoccupazione agli istituti idonee e percepisce un’indennità di disoccupazione, la cassa integrazione o altro sussidio legato alla dichiarazione dello stato di disoccupazione mentre svolge un’attività lavorativa non è in regola. Il lavoratore che ha prodotto false dichiarazioni può incorrere in una sanzione amministrativa tra 5.164 e 25.822 euro. Prevista, inoltre, la perdita del sussidio di disoccupazione e la richiesta al lavoratore di restituire all’INPS le somme pagate oltre al risarcimento del danno all’ente.