Caldo estremo, cassa integrazione con 35 °C: chi si ferma

L’Inps ha diffuso nuove indicazioni su cassa integrazione e sospensione dell’attività lavorativa in caso di temperature elevate e condizioni operative critiche

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 3 Luglio 2025 19:08

In attesa dell’introduzione di nuove norme in materia, l’Inps ha diffuso importanti chiarimenti sulla possibilità di sospendere le attività lavorative, vista l’ondata di calore che sta investendo l’Italia. L’Istituto ha precisato che è possibile accedere alla cassa integrazione in presenza di temperature superiori ai 35 °C. Ciò tenendo conto anche del valore della temperatura percepita, che può risultare più elevata rispetto a quella reale.

Le regole

Le indicazioni riguardano:

  • sia i datori di lavoro che intendono richiedere il trattamento ordinario di integrazione salariale (Cigo);
  • sia coloro che possono beneficiare dell’assegno di integrazione salariale (Fis).

In particolare, qualora la sospensione del lavoro sia disposta da un’ordinanza della pubblica autorità, la richiesta potrà essere inoltrata con la causale “sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori”.

Resta inoltre possibile presentare domanda per le integrazioni salariali con la causale “evento meteo per temperature elevate” nei casi in cui il caldo eccessivo renda impossibile il regolare svolgimento del lavoro. L’Inps sottolinea che

questa precisazione si rende necessaria alla luce delle condizioni climatiche straordinarie di queste settimane, con temperature nettamente superiori alla media stagionale e potenzialmente dannose per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Novità anche per chi lavora al chiuso

Quando la temperatura percepita – influenzata da un elevato tasso di umidità – supera i 35 °C, è possibile sospendere i lavori che si svolgono in ambienti non schermabili dall’irraggiamento solare o che richiedano l’uso di materiali e macchinari che generano ulteriore calore, aggravando le condizioni di disagio per i lavoratori.

Anche l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale, come tute e caschi, può far aumentare la temperatura percepita, rendendo il lavoro più gravoso rispetto a quanto indichino le temperature registrate dai bollettini meteo. Per questo motivo, non è solo il dato termico oggettivo a determinare la possibilità di richiedere la cassa integrazione, ma anche la natura del lavoro svolto e le condizioni operative effettive.

E per chi lavora al chiuso? L’Inps chiarisce che

la sospensione dell’attività è ammissibile anche in ambienti interni, qualora non sia possibile utilizzare sistemi di ventilazione o raffreddamento per cause imprevedibili e non imputabili al datore di lavoro, oppure nei casi in cui l’uso di tali sistemi risulti incompatibile con le lavorazioni in corso.

Le ordinanze regionali

Da giorni la situazione afa sta mettendo a dura prova gli italiani, specie quelli che lavorano all’aperto nei cantieri o nei campi agricoli. Diverse regioni hanno iniziato ad adottare misure preventive per tutelare la salute dei lavoratori più esposti.

Nonostante alcune variazioni locali, quasi tutte prevedono la sospensione delle attività lavorative all’aperto nei settori più a rischio nella fascia oraria compresa tra le 12:30 e le 16, durante i giorni classificati come ad alto rischio, fino al 31 agosto. Il sito di riferimento per valutare i giorni a rischio si chiama Worklimate 2.0, una piattaforma sviluppata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) insieme all’Inail.