Dimissioni per giusta causa: quando e come darle

Che cosa sono, quali sono le motivazioni che costituiscono giusta causa di dimissioni, in quali casi è possibile presentarle e in che modo

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Alessandra Moretti

Consulente del lavoro

Laureata, è Consulente del Lavoro dal 2013. Esperta di gestione e amministrazione del personale.

In alcune situazioni il lavoratore si trova costretto a interrompere il rapporto di lavoro come rimedio estremo a comportamenti scorretti nei sui confronti da parte del datore di lavoro. Si parla in questo caso di dimissioni per giusta causa. Di seguito approfondiremo quando si può configurare la giusta causa e a che cosa ha diritto il lavoratore dimissionario.

Di cosa si tratta

La giusta causa consiste in un comportamento talmente grave che implica il venir meno del legame di fiducia intercorrente tra il lavoratore e il datore di lavoro. Rappresenta la forma più dannosa di inadempimento del contratto di lavoro contro cui l’unica difesa di cui può avvalersi il lavoratore è la risoluzione del rapporto lavorativo.
La giusta causa delle dimissioni deve essere dichiarata in modo inequivocabile e chiaro dal lavoratore contemporaneamente alla comunicazione del recesso, comportando così l’immediata cessazione dell’attività lavorativa.
Questo significa che in caso di contratto a tempo determinato il recesso sarà possibile e giustificato anche prima del raggiungimento della scadenza prestabilita, mentre in caso di contratto a tempo indeterminato non dovrà essere rispettato il periodo di preavviso da parte del dipendente (e di conseguenza saranno illegittime eventuali trattenute per il mancato preavviso).

Le motivazioni

Di seguito alcuni esempi di motivazioni che costituiscono giusta causa di dimissioni:

  • il mancato o tardato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali in via reiterata e non occasionale
  • le molestie sessuali subite sul posto di lavoro
  • la richiesta di comportamenti illeciti o in contrasto con la legge da parte del datore di lavoro
  • il comportamento ingiurioso o discriminatorio dei colleghi o del datore di lavoro
  • il demansionamento illegittimo, non derivante da cause organizzative oggettive
  • i comportamenti vessatori da parte dei colleghi o del datore di lavoro (mobbing)
  • il trasferimento illegittimo, ossia non supportato da comprovate ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo
  • le notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione d’azienda ad altri soggetti (fisici o giuridici).

Non è invece ammissibile come giusta causa di dimissioni il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.

Come dare le dimissioni per giusta causa

Come per i normali casi di dimissioni volontarie, il lavoratore deve presentare, a pena di inefficacia, l’apposito modulo in modalità online tramite:

  • il sito del Ministero del lavoro (cliclavoro.gov.it)
  • l’app “Dimissioni Volontarie” utilizzabile con tablet e smartphone.

Per accedere alle procedure telematiche, i lavoratori devono essere in possesso di SPID/CIE oppure possono scegliere di farsi assistere da un soggetto abilitato (ad es. consulenti del lavoro, patronati, associazioni sindacali, CAF ecc..).
Il modulo per le dimissioni deve essere inviato con le seguenti informazioni:

  • dati del lavoratore: nome e cognome, codice fiscale, indirizzo email;
  • dati del datore di lavoro: codice fiscale, denominazione, indirizzo email, indirizzo PEC (a cui verranno inviate le dimissioni),indirizzo sede di lavoro;
  • dati del rapporto di lavoro: data di inizio, tipo di contratto;
  • causa delle dimissioni (con specifica di revoca per giusta causa) e data decorrenza, che corrisponde alla data di interruzione del rapporto (quindi, al giorno successivo rispetto all’ultimo giorno di lavoro).

Entro i 7 giorni successivi a decorrere dall’invio del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le proprie dimissioni sempre in modalità telematica.
Inoltre per le lavoratrici in gravidanza e per i lavoratori/lavoratrici con figli fino a 3 anni di età, che si dimettono per giusta causa, occorre comunque la convalida presso gli uffici territoriali dell’ispettorato del lavoro.

Che cosa spetta al lavoratore

Quando il lavoratore si dimette per giusta causa, oltre ad avere diritto al pagamento delle competenze di fine rapporto ordinarie, quali:

  • l’ultima retribuzione, commisurata ai giorni lavorati
  • le ferie e permessi (ad es. ROL ed Ex festività) non goduti alla data di cessazione
  • i ratei delle mensilità supplementari (tredicesima e quattordicesima, dove presente), in misura pari ai dodicesimi maturati nel corso dell’anno
  • il trattamento di fine rapporto, se mantenuto in azienda, ha diritto ad ottenere anche quanto sotto specificato.

Lavoratori a tempo indeterminato

In via del tutto eccezionale rispetto a quando viene prevista normalmente (ossia in caso di licenziamento), spetta l’indennità sostitutiva del preavviso da quantificarsi secondo quanto stabilito dal contratto collettivo di riferimento in base al livello di inquadramento e all’anzianità aziendale del dipendente.
Esiste però un caso particolare: al lavoratore in prova che si dimette per giusta causa non compete l’indennità sostitutiva del preavviso ma solo il risarcimento del danno in misura pari a quanto avrebbe percepito fino al termine previsto per il patto di prova.

Lavoratori a tempo determinato

Non spetta l’indennità sostitutiva del preavviso, ma si ha diritto a ricevere un risarcimento danni pari all’ammontare delle retribuzioni non percepite dal momento del recesso alla data di scadenza del contratto del lavoro.

Il diritto alla Naspi

Hanno diritto all’accesso alla Naspi: in questo caso la domanda dovrà essere completa di documentazione (in forma di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli articoli 38 e 47 D.P.R. n. 445/2000) da cui risulti la volontà del dipendente di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (occorre allegare diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro, nonché ogni altro documento idoneo), impegnandosi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale. Se tale esito escludesse la ricorrenza della giusta causa di dimissioni, l’Inps procederà al recupero di quanto anticipato come Naspi.

E’ inoltre facoltà del dipendente portare in giudizio il proprio datore di lavoro al fine di farsi riconoscere eventuali danni, di natura economica o psicologica, derivanti dalla perdita del lavoro. Tranne che nell’ipotesi di mancato pagamento degli stipendi e dei contributi (per cui il risarcimento si esaurisce con la condanna dell’azienda al versamento di quanto dovuto), negli altri casi è onere del lavoratore provare il danno concreto conseguenza del comportamento scorretto del datore di lavoro.

Le informazioni hanno carattere generale e sono in riferimento al settore privato. Si consiglia sempre di verificare in base alla situazione specifica, al settore di appartenenza e al CCNL applicato.