Assenza ingiustificata, scattano le dimissioni volontarie “automatiche”

La circolare 6/2025 del Ministero del Lavoro spiega le novità introdotte dal Collegato lavoro in tema di dimissioni per fatti concludenti: cosa dice sull'assenza ingiustificata

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 12 Aprile 2025 18:13

La recente circolare 6/2025 del Ministero del Lavoro fornisce importanti chiarimenti sulle novità introdotte dal Collegato lavoro in tema di rapporti tra il datore e il dipendente. Il documento esamina i principali interventi previsti dalla legge 203/2024. Oltre a precisare aspetti relativi alle attività stagionali, alla somministrazione di lavoro, alla durata del periodo di prova o alle tempistiche per le comunicazioni obbligatorie sul lavoro agile, la circolare fornisce spiegazioni riguardanti la risoluzione dei rapporti.

In particolare si prende in esame il caso delle dimissioni per fatti concludenti, che ha alimentato un vivace dibattito negli ultimi mesi. Vediamo allora i chiarimenti offerti dal Ministero in merito al testo dell’art. 19 del Collegato lavoro, che contiene le regole sull’argomento.

Scattano le dimissioni volontarie dopo l’assenza

La circolare 6/2025 sottolinea che l’appena citato articolo della legge 203/2024 ha modificato l’art. 26 del d. lgs. 151/2015 sulle “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale” e attuativo del Jobs Act, inserendo il comma 7-bis.

Quest’ultimo introduce le citate dimissioni per fatti concludenti o dimissioni implicite e stabilisce che:

  • in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal Ccnl applicato al rapporto o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che potrà verificare la veridicità della stessa comunicazione;
  • il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del dipendente e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo.

Il Ministero ribadisce così che il Collegato lavoro consente all’azienda di ricondurre l’effetto risolutivo al comportamento del lavoratore, assente ingiustificato per un certo periodo.

Attenzione però, la fine del rapporto non discende automaticamente dall’assenza, ma:

si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto, valorizzando la presunta volontà dismissiva del rapporto da parte del lavoratore e facendone derivare la conseguenza prevista dalla norma.

Precisazioni sulla durata dell’assenza del dipendente

Per quanto riguarda la durata dell’assenza per cui è possibile parlare di dimissioni per fatti concludenti, l’art. 19 prevede che la stessa, in mancanza di specifica previsione nel Ccnl di riferimento, debba essere maggiore di 15 giorni, e il Ministero tiene a precisare che:

  • i giorni di assenza possono intendersi come giorni di calendario, se non diversamente disposto dal contratto collettivo;
  • quello individuato dalla legge è il termine legale minimo perché l’azienda – a partire, quindi, dal
    16° giorno di assenza – possa darne specifica comunicazione all’Ispettorato, ma nulla
    vieta che questa comunicazione sia formalizzata anche in un momento successivo.

Inoltre nel caso in cui il Ccnl applicato preveda, invece, un termine diverso da quello previsto dalla legge, lo stesso si applicherà qualora sia superiore a quello legale, nel rispetto del noto principio generale per cui l’autonomia contrattuale può derogare le disposizioni di legge soltanto in via migliorativa.

Se, invece, è previsto un termine inferiore, in applicazione dello stesso principio, dovrà farsi riferimento al termine legale.

Non solo. Il Ministero precisa utilmente che la comunicazione all’Ispettorato:

opera anche quale dies a quo per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello Unilav.

Cosa succede se il Ccnl stabilisce altri tempi

Più contratti collettivi riconducono a un’assenza ingiustificata di durata variabile e anche minore dei 15 giorni, permettendo all’azienda di licenziare per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.

In queste circostanze  è quindi attivata la procedura di garanzia di cui all’art. 7 dello Statuto dei lavoratori (contestazione disciplinare).

Il Ministero evidenzia che le regole contrattuali sul tema debbano essere considerate una sorta di corpus unico, per cui:

laddove il datore intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal contratto (…), dovrà seguire il percorso delineato dal Ccnl – del tutto alternativo a quello previsto dall’articolo 19 in commento – e attivare dunque la procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300/1970.

Tuttavia, si precisa nella circolare, resta ferma la facoltà dei Ccnl di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, fissando un termine diverso – e più favorevole – da quello fissato dalla norma per ricondurre all’assenza ingiustificata la cessazione del rapporto.

Il caso delle successive dimissioni per giusta causa

In base all’art. 19 del Collegato lavoro, l’azienda, se vuole far valere l’assenza ingiustificata ai fini delle dimissioni implicite, deve comunicarla alla sede territoriale dell’Ispettorato, da individuare in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro.

La comunicazione dell’assenza è, perciò, oggetto di uno specifico obbligo che la legge pone in capo al datore che intenda porre fine al rapporto, rilevando gli estremi delle dimissioni implicite.

Sul punto il Ministero nella circolare chiarisce che:

in ogni caso, la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore.

Perciò è molto interessante sottolineare che anche la presentazione di dimissioni per giusta causa attraverso il sistema telematico da parte del dipendente – pur con la necessità di far fronte al relativo onere probatorio secondo le modalità descritte dalla circolare Inps 163/2003 – prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dall’azienda. Sarà salvo, quindi, il diritto alla Naspi.

Obblighi di trasmissione e decorrenza

Per consentire all’Ispettorato di controllare la veridicità della comunicazione di assenza ingiustificata, il datore dovrà dettagliare tutti i contatti e i recapiti forniti dal dipendente e trasmettere la comunicazione anche a quest’ultimo, per permettergli di esercitare il diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione.

La cessazione del rapporto avrà effetto dalla data indicata nel modulo Unilav, che non potrà comunque essere anteriore alla data di comunicazione dell’assenza del dipendente all’Ispettorato, fermo restando che l’azienda non è tenuta, per il periodo di assenza ingiustificata, al pagamento di retribuzione e contributi.

Inoltre, in base ai principi generali che regolano il rapporto di lavoro, l’azienda potrà:

trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.

L’onere della prova ricade sul lavoratore

La legge prevede che la cessazione del rapporto potrà essere evitata se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore (come il ricovero in ospedale) o per fatto imputabile al datore, di rendere tempestivamente note le ragioni dell’assenza.

Di conseguenza, grava sul dipendente l’onere della prova dell’impossibilità o della circostanza di aver comunque provveduto alla comunicazione.

Non si applicherà l’effetto risolutivo del rapporto per dimissioni implicite o per fatti concludenti e la comunicazione di cessazione resterà priva di effetti:

  • se il dipendente dimostra di non essere stato in grado di comunicare i motivi dell’assenza;
  • se l’Ispettorato accerta autonomamente la non veridicità della comunicazione dell’azienda;

In questi casi il datore potrebbe essere ritenuto responsabile, anche penalmente, per falsità delle comunicazioni date all’Ispettorato.