Caldo estremo e grandine in Italia, il cambiamento climatico costa fino a 6mila euro

Tra bollette, disastri naturali e spese impreviste, il cambiamento climatico può costare alle famiglie italiane fino a 6.000 euro all'anno. Ed è solo l'inizio

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 6 Luglio 2025 12:19

L’Italia è uno dei Paesi che pagano il conto più alto per il cambiamento climatico.

Lo dimostrano le estati sempre più calde e gli eventi estremi sempre più frequenti, che mettono in ginocchio un territorio già di per sé fragile.

Quanto costa il cambiamento climatico agli italiani

Ma la conferma arriva anche dai dati economici: secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, se non si invertirà la rotta, nel 2050 il cambiamento climatico potrebbe costare al nostro Paese fino a 100 miliardi di euro l’anno, pari a cinque punti di Pil.

Un prezzo altissimo, che si traduce in vite spezzate e danni ingenti a infrastrutture, agricoltura, economia e salute pubblica. E che, in parte, stiamo già pagando. Greenpeace ha calcolato che tra il 2013 e il 2020 frane e alluvioni hanno causato 22,6 miliardi di euro di danni, mentre The European House Ambrosetti stima che oggi ogni italiano paghi quasi 300 euro l’anno in conseguenze economiche dirette della crisi climatica. È il dato più alto dell’Unione Europea e la cifra è aumentata di 5 volte (+490%) dal 2015 ad oggi. La situazione è critica anche in Spagna (221 euro di perdite ad abitante) e in Ungheria (214). Germania e Francia rimangono invece più vicine alla media europea di 116 euro a cittadino. I danni economici sono causati principalmente da alluvioni (44% dei casi), tempeste (34%) e ondate di calore (14%).

Secondo Swiss Re, fra il 2011 e il 2021 l’Italia ha subito perdite complessive per 53,8 miliardi di euro dovute a catastrofi naturali. Nello stesso periodo si rilevano solo 5,8 miliardi polizze assicurative per un costo netto di circa 47 miliardi. Facendo un rapido calcolo, si può stimare che ogni famiglia italiana sostiene mediamente un onere di circa 200 euro l’anno.

Uno studio di Assoutenti si spinge oltre, sostenendo che il caldo estremo può costare fino a 550 euro al mese per nucleo familiare tra bollette più alte, acqua più cara e spese varie.

Tenendo conto dei dati riportati, la crisi climatica costa a ogni famiglia italiana da un minimo di circa 1.000 euro ad oltre 6.000 euro l’anno, tra danni diretti, rincari e oneri indiretti.

I segnali sono ovunque. In queste settimane l’Italia è investita da ondate di calore estremo, con temperature che superano costantemente i 40 gradi e 20 città già classificate con bollino rosso. A farne le spese sono in primo luogo i più fragili: solo nei giorni scorsi si sono contati altri quattro morti nel nostro Paese, e più di 100 in Spagna. Le cosiddette “notti tropicali” (quelle in cui la temperatura minima non scende sotto i 20 gradi) sono raddoppiate in trent’anni. A Milano, a giugno, ce ne sono state 27 su 30.

Ma il caldo non è l’unico volto della crisi: eventi come grandinate improvvise, bombe d’acqua e alluvioni stanno diventando sempre più frequenti e violenti, creando un clima di instabilità che mette in ginocchio i territori e le economie locali.

Nel frattempo, ampie zone del Mediterraneo hanno visto aumentare le temperature medie delle acque, il che rappresenta un rischio per l’attrazione di specie alloctone che mettono in pericolo la fauna tradizionale dei mari italiani.

Il costo dell’impreparazione sul clima

E il cambiamento climatico costa anche se non facciamo nulla: accessi al pronto soccorso, blackout, cali nella produttività, aumento del consumo energetico per il raffrescamento, perdita di giornate lavorative, danni alle colture e agli allevamenti. La stima attuale è una riduzione dell’1,2% del Pil, e l’inazione rischia di amplificare questi numeri nei prossimi decenni.

Le disuguaglianze territoriali, poi, peggiorano la situazione. Le regioni meridionali sono più esposte agli effetti del cambiamento climatico (siccità, stress idrico, desertificazione) e al contempo meno attrezzate economicamente e socialmente per fronteggiarli. Lo dimostra anche il fatto che in regioni come Basilicata, Calabria, Sicilia e Puglia la scarsità d’acqua sta compromettendo interi settori produttivi, a partire dall’agricoltura e dall’idroelettrico. Tra il 2022 e il 2023, la produzione di miele è calata del 70%, quella delle pere del 63%, delle ciliegie del 60%.

Il conto del cambiamento climatico è già arrivato

Secondo i dati dell’Unione Europea, dal 1980 al 2020 oltre 138.000 persone sono morte in Europa a causa di eventi climatici estremi. Migliaia di morti per il caldo sono italiani. E i danni economici a livello continentale superano i 487 miliardi di euro. L’Italia, insieme a Germania e Francia, è tra i Paesi più colpiti.

Ma quantificare economicamente i danni del cambiamento climatico è un esercizio difficilissimo. In esso, infatti, oltre ai danni diretti va incluso anche il costo della “cura”. L’Ue, in materia, si sta muovendo su più fronti. Uno riguarda la difficile transizione all’elettrico nell’automotive, che finora ha rappresentato un freno al principale settore manifatturiero del continente. Il quadro: per abbattere le emissioni, l’Ue ha chiesto ai produttori di aumentare la quota di auto elettriche. Non riuscendo a tenere il passo della concorrenza cinese, e non riuscendo a rendere più appetibili i veicoli elettrici per gli automobilisti, le aziende si sono viste costrette ad abbassare la produzione di auto a motore termico. Il che si è risolto in un’ondata di licenziamenti in Germania. Oggi, in accoglimento delle istanze dei produttori e dei partiti conservatori, l’Ue procede verso un rilassamento dei vincoli sul taglio delle emissioni per le case automobilistiche. Il danno, però, in termini occupazionali e di competitività è già stato fatto, e i cinesi brindano.

C’è poi da considerare il parziale blocco delle auto a motore termico in Italia con il blocco dei veicoli Euro 5 nelle aree più popolose delle regioni del Nord, interessate da un grave problema di emissioni: quanto costerà ai residenti dover cambiare l’auto perché non più a norma? La questione, per il legislatore, ha ricadute dirette sulla salute, ma anche sul clima.

L’elenco dei rimedi al cambiamento climatico potrebbe essere molto più lungo, ma chiudiamo con la direttiva Case Green che impone di ristrutturare un vecchio immobile prima di affittarlo o di venderlo al fine di renderlo più sostenibile. Oggi oltre il 50% degli edifici in Italia ricade nelle classi energetiche peggiori. Senza incentivi fiscali adeguati, gli italiani che vorranno vendere o affittare una casa non a norma saranno costretti ad attingere ai propri risparmi o a prestiti. Ma non è tutto: come si è già osservato con il Superbonus, l’impennata della domanda di materiali edili ha causato un aumento dei prezzi e una dilatazione dei tempi di consegna. È facile ipotizzare che nei prossimi anni possa accadere lo stesso.