COP27 al via: le nuove decisive sfide per il clima

Il vertice delle Nazioni Unite sul clima si terrà dal 6 al 18 novembre a Sharm El Sheikh in Egitto. La guerra in Ucraina, la crisi energetica globale e i prezzi del gas alle stelle sono al centro dell'attenzione globale e potrebbero pesare fortemente sui possibili risultati del summit.

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 5 Novembre 2022 13:00

Mancano pochi giorni alla COP27 e le tensioni internazionali pesano sempre di più sui possibili risultati. I leader mondiali si riuniranno dal 6 al 18 novembre al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Sharm El Sheikh, in Egitto, per discutere alcune delle questioni più urgenti del cambiamento climatico. Tra i temi più importanti ci sono: l’accesso ai finanziamenti per il clima, le perdite e i danni nei Paesi in via di sviluppo e la trasformazione degli attuali sistemi energetici.

Le sfide decisive della COP27

L’Egitto, che quest’anno detiene la presidenza della COP, ha invitato i Paesi a mettere da parte le divergenze sulla guerra in Ucraina per andare avanti, osservando che i colloqui dovrebbero passare dalle promesse all’attuazione. Certo, quando i leader si sono riuniti alla COP26 di Glasgow a novembre dell’anno scorso, il clima era in cima all’agenda globale. Ora, la guerra in Ucraina, la crisi energetica globale e i prezzi del gas alle stelle sono al centro dell’attenzione.

Tuttavia, la siccità in Africa, le inondazioni in Pakistan, le temperature bollenti in Europa e gli uragani caraibici fanno capire che le azioni per il clima sono ancora necessarie. Lo stesso presidente delle Nazioni Unite Guterres non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione attuale: “Sul clima siamo in una lotta per la vita o la morte, per la nostra sicurezza oggi e la nostra sopravvivenza domani”.

Nuovi piani climatici per limitare l’inquinamento

Le emissioni di Co2 dal 2010 al 2019 hanno raggiunto il livello più alto nella storia dell’uomo, nonostante gli impegni presi per limitare il riscaldamento globale a +1,5 gradi all’accordo di Parigi del 2015. Gli scienziati delle Nazioni Unite hanno ammonito però che il pianeta è sulla strada per un riscaldamento di oltre tre gradi in questo secolo, con temperature in Africa già di 1,11 gradi sopra i livelli preindustriali. Guterres ha dichiarato che tutti gli impegni e le politiche attuali stanno di fatto escludendo la possibilità di limitare l’aumento della temperatura globale a 2 gradi.

Le azioni e gli impegni dei Paesi del G20 sono dunque poco incisivi e tardivi. Alla COP26 del 2021, i piani d’azione nazionali per il clima non erano ancora all’altezza degli obiettivi e i Paesi hanno concordato di presentare piani climatici più ambiziosi su base annuale, a partire da quest’anno. Ma quasi tutti i Paesi hanno mancato le scadenze delle Nazioni Unite per migliorare i loro programmi: solo 23 Paesi dei quasi 200 firmatari dell’accordo di Parigi hanno presentato piani aggiornati. Gli Stati Uniti, l’UE e la Cina, i principali inquinatori mondiali, non hanno di fatto incrementato i lori piani di riduzione delle emissioni.

Più solidarietà tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo

La finanza per il clima è una questione molto controversa, in cui finora sono stati fatti pochi progressi. Ciononostante, trovare un accordo finanziario alla COP27 è visto come un fattore cruciale per ripristinare la fiducia nella cooperazione internazionale. Non ci sono però aspettative per un’intesa che sia vincolante. Le promesse non mantenute sul finanziamento di politiche attive sul clima incombono sul risultato complessivo della COP27.

Il Nord del mondo sta spendendo ormai ingenti somme sulla scia del Covid e della crisi energetica all’interno dei propri confini, ma poco ha investito per la cooperazione. Nel 2009, i Paesi più ricchi avevano deciso di stanziare oltre 100 miliardi di euro all’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020, un obiettivo che non è mai stato raggiunto. Nel 2020, i Paesi più sviluppati erano ancora 17 miliardi al di sotto dell’obiettivo.

L’unione Europea a ottobre ha confermato il proprio impegno di destinare 100 miliardi entro il 2025, sostenendo che gli Stati membri hanno raddoppiato il proprio contributo dal 2013. Ma i Paesi in via di sviluppo stanno già guardando oltre, con l’intensificarsi dei disastri climatici e la COP27 in Egitto potrebbe gettare le basi per un nuovo obiettivo finanziario a partire dal 2025.  Non sarà un compito facile, da un lato perché la crisi energetica preme sui bilanci nazionali e dall’altro perché la guerra in Ucraina, dopo la crisi del Covis-19, ha avuto un effetto negativo sugli investimenti esteri.

Una struttura finanziaria concreta per risarcire perdite e danni

I finanziamenti per il clima sono la priorità per l’Africa, il continente più vulnerabile e soggetto agli effetti dei cambiamenti climatici, che da anni preme affinché siano di più i finanziamenti per sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’adattarsi agli impatti dei disastri climatici.

Oltre ad aumentare i loro contributi ai finanziamenti per il clima, l’UE e gli Stati Uniti dovrebbero anche fare pressione sulle banche multilaterali di sviluppo e sulla Banca mondiale affinché aumentino i finanziamenti per l’adattamento climatico. Tuttavia, è probabile che i Paesi in via di sviluppo continuino a spingere per creare una struttura finanziaria concreta per risarcire perdite e danni.