Case green, costi e vantaggi degli interventi di riqualificazione e chi paga

Sono diversi gli strumenti che ha a disposizione l'Italia per finanziare i maxi interventi di ristrutturazione degli edifici e adeguarsi alla direttiva europea

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il 12 aprile, il Consiglio dei ministri europei dell’Economia e delle Finanze (Ecofin) ha definitivamente approvato la direttiva sulla prestazione energetica degli immobili (Energy Performance of Buildings Directive, Epbd). Tra i 27 Stati membri, 20 hanno votato a favore, garantendo una maggioranza ampia. Tuttavia, l’Italia e l’Ungheria hanno espresso voto contrario, mentre Croazia, Svezia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Polonia si sono astenute. Questa decisione segna il passaggio finale e cruciale per l’approvazione di quella che in Italia è conosciuta come “direttiva sulle case green“. Originariamente proposta dalla Commissione Europea nel dicembre 2021, è stata successivamente oggetto di discussioni e significative modifiche da parte del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo.

La norma sarà ora pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore venti giorni dopo. I ventisette Stati membri avranno poi due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva sulla prestazione energetica degli immobili (Epbd) e nel frattempo dovranno tutti presentare un piano nazionale di ristrutturazione all’Unione europea. Questo piano rappresenta una tabella di marcia per indicare la via che intendono seguire al fine di raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla direttiva.

Italia vota contro la direttiva case green: il dibattito sulle spese

Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso perplessità riguardo la “direttiva case green”, interrogandosi su chi sosterrà i costi. Tale incertezza ha guidato il voto negativo dell’Italia alla ratifica finale della direttiva. Il dibattito persiste da quando l’Ecofin ha dato il via libera alla proposta della Commissione Europea. Sorprendentemente, anche da settori inaspettati emergono critiche, che sembrano preannunciare difficoltà per il governo Meloni nell’adempimento delle richieste europee per l’efficientamento energetico degli edifici nazionali. La questione centrale è la fattibilità di un’iniziativa così ampia, considerando i limitati fondi europei, la scarsa capacità dell’Italia di utilizzarli, le finanze statali esaurite e la riluttanza dei cittadini a farsi carico dei costi per l’efficientamento energetico.

Nonostante il provvedimento sia stato approvato dalla maggioranza dei ministri economici europei, ad eccezione di Giorgetti e del suo omologo ungherese, non impone ai cittadini europei di ristrutturare le proprie abitazioni. Invece, sollecita i governi nazionali a calcolare il consumo energetico medio del patrimonio immobiliare e a elaborare un piano per ridurlo progressivamente entro il 2050, puntando a emissioni zero, con un obiettivo intermedio al 2030 (-16%). Il provvedimento suggerisce anche strategie per raggiungere questi traguardi. Va notato che il testo, che Giorgetti ha respinto, era stato precedentemente proclamato come un trionfo italiano dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, per aver ottenuto l’esclusione degli edifici storici dalla direttiva.

La nuova direttiva sull’efficienza energetica degli edifici dell’Ue

La revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, proposta dalla Commissione Europea, mira a ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e a pervenire alla neutralità climatica entro il 2050. La normativa introduce requisiti più stringenti di efficienza per gli edifici nuovi e in fase di ristrutturazione, con l’obiettivo di promuovere la riduzione del consumo energetico e l’adozione di fonti energetiche rinnovabili.

  • Edifici nuovi: a partire dal 2030, gli edifici nuovi dovranno essere a emissioni zero, mentre per quelli di proprietà pubblica la scadenza è fissata al 2028.
  • Ristrutturazioni: la direttiva prevede la ristrutturazione di almeno il 16% degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case, si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035. Questo richiederà interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi e l’installazione di nuove caldaie a condensazione e pannelli solari.
  • Pannelli solari: l’obbligo di installare pannelli solari riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Inoltre, saranno attuate strategie, politiche e misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali.
  • Caldaie a gas: i Paesi avranno tempo fino al 2040 per eliminare le caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 saranno aboliti tutti i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Sono previsti anche incentivi per incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili.
  • Flessibilità: le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo di efficienza.
  • Esenzioni: i governi potranno esentare gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili a uso militare e quelli utilizzati solo temporaneamente.
  • Entrata in vigore: l’accordo dovrà ora essere confermato dai governi nazionali per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore venti giorni più tardi.
  • Piani nazionali: i 27 Stati membri avranno due anni di tempo per adeguarsi presentando a Bruxelles le loro tabelle di marcia per indicare la via che intendono seguire per centrare gli obiettivi di efficientamento.
  • Investimenti: la Commissione europea stima che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare, ovvero 152 miliardi di euro di investimenti all’anno in più rispetto alle risorse attuali. Non sono previsti finanziamenti dedicati, ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere la svolta, tra cui il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale.

Efficientare gli edifici, i costi stimati per appartamenti e case

Prima di intraprendere qualsiasi intervento, è cruciale comprendere i costi associati al miglioramento della prestazione energetica delle abitazioni. Il report “Il valore dell’abitare“, realizzato da Cresme, Fondazione Symbola, Ance e European Climate Foundation, fornisce stime affidabili in questo senso.

Nel contesto di un grande condominio, passare da una classe energetica G a una classe D per un appartamento di 120 metri quadri comporta diversi interventi. La sostituzione della caldaia a gas con una pompa di calore e dei serramenti ha un costo totale di 23.605€, mentre l’opzione del cappotto termico alle pareti, la tinteggiatura doppia, la sostituzione dei serramenti e l’installazione di una nuova caldaia a condensazione arriva a 48.464€.

Per le case unifamiliari, il passaggio dalla classe G alla classe D è più costoso. Le opzioni includono l’installazione di un impianto di climatizzazione invernale a biomasse (19.000€), la combinazione di pompa di calore e cappotto termico alle pareti (55.420€), o l’implementazione di un cappotto termico alle pareti, alla copertura e la sostituzione dei serramenti (85.000€).

Il costo del cambiamento climatico per i contribuenti

La domanda su chi finanzierà la transizione verso un futuro più sostenibile è sempre più pressante. Secondo il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, la risposta è semplice: “saranno i contribuenti“.

Ciafani sottolinea che l’inazione sui cambiamenti climatici avrà un costo ancora più alto per la collettività, sotto forma di bollette energetiche alle stelle e riparazioni per i danni causati da eventi meteorologici estremi. “Solo l’alluvione in Romagna e quella in Toscana sono costate 12 miliardi di euro, la metà della Legge di Bilancio del 2023 – sottolinea il presidente di Legambiente – e stiamo parlando solo di due episodi”.

Secondo uno studio realizzato dall‘Istituto di Potsdam e pubblicato su Nature, è previsto un aumento significativo dei costi associati agli eventi climatici estremi se non verranno prese misure urgenti per ridurre le emissioni di gas serra.

L’efficienza energetica come investimento, risparmi e valore aggiunto

Oltre ai costi evitabili causati dagli eventi climatici estremi, investire nell’efficienza energetica porta con sé un vantaggio concreto per i cittadini: il risparmio sulle bollette.

Come ha spiegato Francesca Andreolli, ricercatrice senior di Ecco, think tank italiano per il clima, negli ultimi due anni, il governo ha stanziato 80 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese ad affrontare la crisi del gas, ovvero, l’equivalente di quanto avremmo potuto risparmiare se avessimo investito prima in efficienza energetica.

I dati parlano chiaro: una casa in classe energetica A consuma 10 volte meno di una in classe G, con un conseguente risparmio significativo sulle bollette, come sottolinea l’Enea. Inoltre, un immobile efficiente dal punto di vista energetico ha un valore sul mercato del 40% superiore.

Inoltre, l’associazione dei costruttori edili stima che ogni miliardo di euro investito nelle costruzioni generi un valore aggiunto di 1,1 miliardi di euro, creando inoltre oltre 15.000 posti di lavoro.

In altre parole, non è solo l’Unione europea a chiedere di investire nell’ammodernamento del nostro patrimonio edilizio: lo richiede anche il mercato stesso. Si tratta di un investimento che conviene sia all’ambiente che al portafoglio dei cittadini.

Affrontare il dilemma finanziario, Superbonus e strategie differenziate

Il problema dei finanziamenti e le preoccupazioni legate al Superbonus rimangono. Francesca Andreolli spiega che il modello del 110% non è ottimale, data la speculazione che lo ha caratterizzato. Concorda anche Stefano Ciafani, sottolineando la necessità di differenziare gli aiuti pubblici in base al reddito. Ciafani cita il ministro Pichetto Fratin, il quale suggerisce soluzioni fiscali per i contribuenti ad alto reddito e contributi diretti dello Stato per quelli a basso reddito. Per evitare gli errori del passato, come quelli del Superbonus, si dovrebbero privilegiare le prime case e investire in tecnologie che favoriscono effettivamente l’efficienza energetica e la decarbonizzazione. In breve, si dovrebbero fornire piccoli incentivi a chi può permettersi la ristrutturazione da solo, e promuovere le pompe di calore rispetto alle caldaie a gas.

Kyoto Club e Legambiente chiedono modifiche alla legislazione italiana

Secondo Kyoto Club e Legambiente, l’approvazione della revisione della Direttiva Europea sull’Efficienza Energetica degli Edifici è un passo positivo, ma non sufficiente per accelerare la transizione energetica in Italia. Le due associazioni ambientaliste hanno elaborato un position paper che delinea le modifiche necessarie alla legislazione italiana per recepire al meglio la “Case green”.

Tra le principali criticità sollevate da Kyoto Club e Legambiente vi è la mancanza di specificità su alcuni aspetti cruciali, come gli obiettivi di decarbonizzazione degli edifici e l’introduzione di obblighi di ristrutturazione energetica. Le associazioni chiedono di integrare la legislazione italiana con disposizioni più concrete e ambiziose, in linea con gli obiettivi europei di neutralità climatica.

Inoltre, Kyoto Club e Legambiente sottolineano la necessità di rafforzare gli strumenti finanziari per sostenere la riqualificazione energetica degli edifici. In questo senso, propongono di aumentare la quota di investimenti verdi da parte della Banca Europea degli Investimenti (Bei) e di favorire l’emissione di green bond.

Le due associazioni ambientaliste concludono il loro position paper riprendendo le parole dell’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi: “i soldi non sono un problema, se vogliamo usarli bene”. Kyoto Club e Legambiente invitano il governo italiano a cogliere l’occasione della “Case green” per investire massicciamente nella riqualificazione energetica degli edifici, creando così un futuro più sostenibile per il Paese.

Opzioni di finanziamento per l’efficienza energetica in Italia

Il governo italiano dispone di diverse opzioni per realizzare gli interventi necessari in materia di efficienza energetica su scala nazionale. Oltre alla Banca Europea degli Investimenti (Bei), citata da Legambiente e Kyoto Club, e al Fondo sociale per il clima, introdotto di recente da Bruxelles con un budget di 65 miliardi di dollari per il periodo 2026-2032, ci sono anche i fondi strutturali dell’Unione europea.

Le risorse nazionali e locali per l’efficienza energetica

Oltre agli strumenti finanziari a disposizione dell’Unione europea, occorre considerare le risorse che possono essere allocate dai singoli Stati e dagli enti locali. La Commissione europea, già nel 2020, stimava che fossero necessari 275 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030. Poiché gli edifici contribuiscono al 36% delle emissioni di gas serra e al 40% dei consumi energetici dell’UE, l’intervento sul parco immobiliare è cruciale per rispettare gli impegni climatici.

Tuttavia, secondo un rapporto del Buildings Performance Institute Europe del 2023, i Paesi dell’Ue sono lontani dal raggiungere tali obiettivi. Gli investimenti per le riqualificazioni degli immobili nel 2020 rappresentavano solo il 58,8% di quanto sarebbe necessario per soddisfare gli obiettivi climatici stabiliti da Bruxelles.

Incentivi e finanziamenti per l’efficientamento energetico degli edifici

Kyoto Club e Legambiente propongono una serie di misure innovative per promuovere la sostenibilità energetica. Tra queste, spiccano l’introduzione di incentivi economici variabili in base al reddito, l’opzione di cedere il credito fiscale e di ottenere sconti in fattura per i redditi più bassi, e la creazione di un fondo dedicato alle famiglie che soffrono di povertà energetica. Si prevede inoltre la cessazione dell’installazione di caldaie a combustibili fossili entro il 2030 e l’adozione di politiche Whole Life Carbon per una significativa riduzione delle emissioni di carbonio operative e incorporate.

Giacomo Pellini del Kyoto Club sottolinea l’urgenza per il Governo e il Parlamento italiani di integrare la revisione della Direttiva Epbd nell’ordinamento legislativo nazionale. Questo passo è cruciale per iniziare la riqualificazione dell’infrastruttura edilizia italiana, attualmente obsoleta e inefficiente, e per supportare le oltre due milioni di famiglie in condizioni di povertà energetica. Senza un incremento del tasso di rinnovamento annuale, l’Italia rischia di non riuscire a riqualificare i cinque milioni di edifici con le prestazioni più scarse entro il 2030, come richiesto dall’Unione europea. È quindi essenziale accelerare la transizione energetica senza ulteriori indugi, sfruttando le opportunità offerte dalla Direttiva Case green.

Katiuscia Eroe di Legambiente onlus evidenzia l’importanza della Direttiva Case green per un paese dove le politiche di riqualificazione edilizia sono praticamente assenti. Questa direttiva può essere decisiva non solo per velocizzare la riqualificazione edilizia, apportando benefici immediati alla popolazione e contribuendo alla lotta contro l’emergenza climatica, ma anche per introdurre nuovi strumenti e normative che massimizzino i vantaggi ambientali e sociali. È fondamentale anticipare al 2030 la dismissione delle caldaie a gas e adottare nuovi criteri di sostenibilità, come la scelta di materiali da costruzione derivanti da processi produttivi all’avanguardia, oltre a misure di sicurezza sismica, eliminazione delle barriere architettoniche, tetti verdi e sistemi di raccolta delle acque piovane.