Bioeconomia, incide per l’11% sul valore della produzione dell’economia nazionale

Un recente studio su 2000 imprese italiane nel biennio 2022-2023 ha analizzato e fotografato le caratteristiche e gli orientamenti nel settore della bioeconomia

Foto di Matteo Paolini

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il 27 marzo a Roma, nell’ambito dell’evento “La Bioeconomia circolare in Italia: caratteristiche delle imprese e opportunità di sviluppo“, è stato presentato il rapporto Bioeconomia. Si tratta della prima indagine diretta a livello territoriale sulle imprese italiane e sulle filiere produttive della bioeconomia.

Il lavoro è stato realizzato da un team di esperti del Cluster Spring, Unioncamere, Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, in collaborazione con Astrid, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, Symbola, SVIMEZ, SRM, Università della Campania Luigi Vanvitelli, Università Suor Orsola Benincasa e Materias.

L’indagine offre una fotografia inedita del settore bioeconomico italiano, evidenziandone le caratteristiche, le performance e le potenzialità di sviluppo.

Bioeconomia italiana, radiografia di un settore in crescita

Lo studio, condotto su un campione di 2000 imprese nel periodo 2022-2023, fornisce un’analisi dettagliata delle caratteristiche e degli orientamenti delle imprese operanti nel settore emergente della bioeconomia. Questo comparto, che abbraccia una vasta gamma di attività legate alla sostenibilità ambientale, rappresenta un significativo 11% del valore complessivo della produzione economica nazionale.

La ricerca è articolata in cinque sezioni principali:

  • Profilo delle imprese biobased: esamina la natura e le caratteristiche delle aziende
  • Scenari della bioeconomia: esplora le prospettive e le potenzialità di crescita del settore
  • Vantaggi e performance economiche: valuta i benefici e l’efficienza economica delle imprese
  • Fonti di finanziamento e policy: indaga le strategie di finanziamento e le politiche di supporto
  • Profilo sociale delle imprese: analizza l’impatto sociale e la responsabilità d’impresa

Di seguito sono riportati i principali risultati emersi dall’analisi, offrendo una panoramica chiara e completa del ruolo e dell’importanza delle imprese della bioeconomia nell’economia italiana contemporanea.

Imprese biobased in Italia, caratteristiche e trend

Le imprese biobased, ovvero quelle che producono beni utilizzando risorse biologiche e/o materie prime di origine naturale, sono una realtà in crescita in Italia.

Focus sui settori e dimensioni:

  • Le imprese biobased si concentrano nei settori tipicamente Made in Italy: alimentare, bevande e tabacco (13,5%), tessile (8,9%) e abbigliamento (7,9%)
  • Prevalgono le piccole e medie imprese: il 45,6% ha tra 20 e 49 addetti

Distribuzione territoriale e mercato:

  • Il Nord Italia ospita il maggior numero di imprese biobased (circa il 65% del totale)
  • La maggior parte (72,5%) produce per il mercato finale, un dato superiore alla media generale delle imprese (67,3%)

Nascita e crescita:

  • Più di metà delle imprese (61,7%) sono “born biobased”, nate con caratteristiche di bioeconomia
  • Il restante 38,3% ha convertito la propria produzione verso modalità biobased in un secondo momento (“neo biobased”)

Internazionalizzazione:

  • Circa il 60% delle imprese biobased ha esportato i propri prodotti all’estero
  • L’export è più diffuso tra le imprese di maggiori dimensioni: l’86,0% di quelle con oltre 250 addetti esporta, contro il 37,3% delle aziende con 10-19 addetti

L’indagine evidenzia la vitalità del settore biobased in Italia, con una forte concentrazione nei settori del Made in Italy e una crescente propensione all’export. Il sostegno a questo comparto può favorire la crescita economica e la competitività del Paese, in un’ottica di sostenibilità ambientale e sociale.

Bioeconomia: perché le imprese investono in prodotti a base bio?

Le imprese italiane stanno investendo sempre di più nella bioeconomia, ovvero nello sviluppo di prodotti e processi che utilizzano risorse biologiche e/o materie prime di origine naturale. Un’indagine su un campione di aziende del settore manifatturiero ha evidenziato le principali motivazioni alla base di questa scelta.

Le ragioni trainanti:

  • Evoluzione naturale del settore: Il 74,8% delle imprese intervistate ha dichiarato che lo sviluppo di prodotti biobased è una conseguenza naturale dell’evoluzione del proprio settore
  • Richiesta del mercato: Il 67% delle aziende ha rilevato una crescente domanda di prodotti biobased da parte dei consumatori
  • Innovazione del processo produttivo: Il 64,8% delle imprese vede nei prodotti biobased un’opportunità per innovare e migliorare i propri processi produttivi

I vantaggi percepiti:

  • Miglioramento dell’immagine e della reputazione aziendale: Il 74,9% delle imprese ritiene che i prodotti biobased possano migliorare l’immagine e la reputazione aziendale
  • Riduzione degli impatti ambientali: Il 73,1% delle aziende riconosce nei prodotti biobased un modo per ridurre l’impatto ambientale della propria attività
  • Maggiore competitività: Il 68,2% delle imprese intervistate pensa che i prodotti biobased possano aumentare la competitività sul mercato

Le prospettive future:

  • Il 37% delle imprese ha dichiarato che amplierà la produzione biobased nei prossimi tre anni
  • La propensione ad investire nella bioeconomia aumenta al crescere della dimensione aziendale

Le imprese investono in questo campo per rispondere alle richieste del mercato, innovare i propri processi produttivi e migliorare la propria reputazione. Il futuro della bioeconomia appare promettente, con un numero crescente di aziende che si apprestano a cogliere le opportunità offerte da questo nuovo paradigma.

Prestazioni e pratiche innovative delle imprese biobased

Le imprese biobased dimostrano di avere performance superiori rispetto alle imprese non biobased, sia in termini di fatturato che di resilienza. Nel 2022, il 50,5% delle imprese bio ha registrato un aumento del fatturato, rispetto al 42,8% delle non biobased. Inoltre, il 34,8% delle imprese bio ha superato i livelli produttivi pre-Covid, mentre solo il 25,1% delle non biobased ha conseguito tale risultato.

La transizione verso pratiche green e digitali caratterizza le imprese biobased, con il 57,0% che ha investito nelle tecnologie 4.0 e il 68,1% che ha adottato processi e prodotti a minore impatto ambientale. Questa attenzione per la sostenibilità si riflette anche nella gestione aziendale, con il 20,7% delle imprese bio che ha dedicato figure specifiche alla sostenibilità e il 15,8% che redige una rendicontazione ambientale.

Le imprese biobased mostrano anche una grande attenzione al capitale umano, investendo nel welfare aziendale (55,1%) e nell’istruzione dei dipendenti (62,2%). L’open innovation è un altro tratto distintivo, con il 66,7% delle imprese bio che adotta modelli aperti di innovazione.

Infine, le imprese biobased hanno una forte propensione agli investimenti in R&S, con il 60,7% che ha investito nel periodo 2017-2019 e continua a farlo nel triennio 2022-2024. Questo si traduce in una maggiore capacità di depositare nuovi brevetti, con il 28,4% delle imprese bio che ha depositato un brevetto rispetto al 15,3% delle non biobased.

Strategie finanziarie e certificazioni nelle imprese italiane

Le aziende italiane si orientano prevalentemente verso risorse interne e finanziamenti bancari per il loro fabbisogno finanziario, con il 73,5% che fa affidamento su fondi propri e il 60,9% che si avvale di prestiti bancari.

Le principali finalità per cui si richiede supporto finanziario sono legate a innovazioni produttive, l’implementazione di una strategia nazionale, lo sviluppo della formazione professionale e l’incremento della consapevolezza sulla bioeconomia.

Un rilevante 12% delle imprese esaminate appartiene alla categoria delle imprese bio-sociali, ossia quelle che vantano una o più certificazioni che ne attestano l’impegno in termini di qualità, sostenibilità ambientale e responsabilità sociale.

Queste realtà imprenditoriali bio-sociali si trovano in diversi settori economici, ma emergono soprattutto nell’edilizia, nel settore farmaceutico, nella chimica, nella produzione di carta e nell’industria alimentare, dove la loro incidenza è superiore rispetto ad altre tipologie di imprese.

Bioeconomia circolare, un settore chiave per il futuro dell’Italia

Franco Bassanini, Presidente di Astrid, sottolinea l’importanza fondamentale del settore della bioeconomia circolare, che attualmente contribuisce per oltre il 10% al PIL nazionale ed è in costante crescita. Questo settore riveste una cruciale importanza in diversi aspetti, contribuendo alla transizione energetica e ambientale, alla competitività del Paese e alla riconversione del sistema produttivo.

Bassanini enfatizza l’importanza di questa ricerca, che offre la prima approfondita analisi del settore basata su un campione di oltre 2.000 imprese. Emergono diverse caratteristiche distintive delle imprese bioeconimiche, che si distinguono per gli investimenti in innovazione e ricerca, la profittabilità e la resilienza, il rispetto dei principi ESG e la capacità di adottare strumenti della rivoluzione digitale.

La crescita di queste imprese non è solo una buona notizia per il Paese in termini di aumento della produttività economica diretta, ma anche per il suo effetto trainante su settori del sistema produttivo che possono beneficiare della transizione verso modelli più sostenibili e innovativi.

Bioeconomia in Italia, tra innovazione e sviluppo sostenibile

Mario Bonaccorso, Direttore generale del Cluster Spring, evidenzia che l’indagine fornisce un dettagliato quadro della bioeconomia in Italia, confermando il suo ruolo come motore di innovazione e sviluppo sostenibile per il Made in Italy. L’impiego di fonti biologiche rinnovabili e processi biotecnologici non solo è una necessità strategica dell’industria, ma risponde anche alla crescente domanda dei consumatori e dei cittadini.

È fondamentale garantire che gli sforzi dedicati alla ricerca e all’innovazione trovino riscontro sul mercato, attraverso politiche mirate di supporto alla domanda, per conseguire un reale cambiamento di paradigma economico e sociale. In questa prospettiva, la Comunicazione presentata dalla Commissione europea il 20 marzo, “Building the future with nature: Boosting Biotechnology and Biomanufacturing in the Ue”, propone 8 azioni concrete. Tra queste, la semplificazione del quadro legislativo e un accesso più rapido al mercato per i bioprodotti, insieme a un adeguato sostegno per lo scale-up delle tecnologie.

Bonaccorso esprime fiducia nel fatto che il governo italiano seguirà questa direzione per consolidare e potenziare la leadership storica del Paese nel campo della bioeconomia circolare e sostenibile.

La rivoluzione verde, bioeconomia e trasformazione industriale in Italia

Amedeo Lepore, rappresentante dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e del Cluster Spring, descrive l’indagine condotta in seguito al protocollo d’intesa firmato da Cluster Spring e Unioncamere come la prima del suo genere in Italia e in Europa, focalizzata direttamente sulle imprese della bioeconomia.

L’originalità di questa analisi risiede nella sua capacità di captare i cambiamenti in corso nel settore della bioeconomia, in relazione ai processi effettivi di innovazione tecnologica e trasformazione industriale, raccogliendo informazioni direttamente dalle imprese coinvolte. Questo approccio mirato ha consentito di ottenere un quadro attuale di un fenomeno che sta rivoluzionando l’Europa, l’Italia e il Mezzogiorno.

Partendo dall’esperienza iniziale della green economy, i territori meridionali si sono rivelati attrattivi per nuove iniziative industriali e la riconversione di quelle esistenti, ponendosi all’avanguardia della transizione ecologica. La bioeconomia circolare italiana non solo risponde alle esigenze di sostenibilità e compatibilità ambientale, ma promuove anche un percorso economico che mira a investire in nuovi materiali, processi produttivi e prodotti a lungo ciclo di vita, riducendo al minimo i residui e le emissioni nocive e spingendo verso un’economia più sostenibile e priva di rifiuti.

Bioeconomia, il nuovo motore di crescita sostenibile

Gaetano Fausto Esposito, Direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, evidenzia che le imprese della bioeconomia hanno un vantaggio competitivo nelle sfide della doppia transizione, green e digitale, così come nell’importanza della relazionalità e del capitale umano.

Queste imprese si distinguono per il loro impegno nelle tecnologie 4.0, con il 57% che investe in esse, rispetto al 54% delle imprese non bio. Inoltre, il 68% delle imprese bio realizza investimenti green, in contrasto con il 37% delle imprese non bio, e il 62% promuove azioni di formazione per il proprio personale, superando il 55% delle altre tipologie di impresa.

Esposito sottolinea che queste aziende hanno adottato il moderno approccio “antropocentrico” promosso dall’Unione Europea, che pone al centro non solo l’ambiente ma anche il fattore umano, confermando il loro ruolo chiave nella promozione di un’economia sostenibile e centrata sul benessere delle persone.

Il Sud Italia in testa nella bioeconomia

Le imprese del Sud Italia stanno emergendo come leader nella bioeconomia, con il 23,6% di esse identificate come “bio”, utilizzando risorse biologiche nelle loro produzioni, un tasso superiore al 19,7% delle imprese nelle altre regioni del Paese. Queste imprese sono anche più orientate all’innovazione, con il 59,8% che ha investito in tecnologie 4.0 tra il 2017 e il 2024, rispetto al 56,3% delle imprese del Centro-Nord.

L’indagine condotta dal Centro Studi Tagliacarne e Svimez rivela che la scelta di adottare pratiche bio può essere una chiave di sviluppo per il Sud, rendendo le imprese più “smart” e stimolando gli investimenti in sostenibilità e innovazione. Il 63,2% delle imprese bio a livello nazionale ha puntato su questi settori, rispetto al 35,5% delle imprese non bio.

Essere bio significa anche investire in processi e prodotti a minore impatto ambientale, in ricerca e sviluppo e in una maggiore attenzione ai lavoratori. Le imprese del Sud hanno avviato percorsi formativi per il proprio personale nel biennio 2017-2019 e continuano a farlo nel periodo 2022-2024, con una percentuale più alta rispetto alle imprese non bio meridionali e simile a quelle del Centro-Nord.

Inoltre, l’investimento nella digitalizzazione ha portato a una maggiore produttività, migliore qualità dei prodotti e minori scarti per le imprese del Sud che hanno puntato su quest’area. Tuttavia, investire nella bioeconomia significa anche aumentare la competitività e rispondere alle regole nazionali e internazionali. Più della metà delle imprese bio ha investito nel settore per rispondere alle normative e aumentare la competitività sui mercati.

La bioeconomia come asset per la crescita del Sud Italia

Gaetano Fausto Esposito, sottolinea il ruolo fondamentale della filiera della bioeconomia come un prezioso asset per la crescita economica del Mezzogiorno. Questo settore ha la capacità di creare connessioni tra diversi segmenti della catena produttiva, compresa l’agricoltura, tradizionalmente un’eccellenza del territorio, e il recupero delle relative produzioni.

Esposito evidenzia il dinamismo delle imprese bioeconimiche negli investimenti per la transizione ecologica e la loro sensibilità ai temi della sostenibilità, compresi quelli sociali e occupazionali. Questo rende fondamentale posizionare queste imprese al centro delle politiche di rilancio economico per il Sud, attraverso incentivi mirati.