Cotone sostenibile, Zara e H&M al centro di un’inchiesta: dubbi sulla certificazione

La certificazione Better Cotton messa in serio dubbio da un'inchiesta durata un anno: nel mirino anche i prodotti venduti da Zara e H&M

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Riuscire a tracciare la filiera produttiva del cotone non è cosa semplice. Lo ha dimostrato un’inchiesta dell’ong britannica Earthsight. Al centro di quest’ultima, portata avanti per 1 anno prima di procedere alla pubblicazione, il cotone sostenibile sfruttato anche per i prodotti Zara e H&M.

La verità sul cotone sostenibile

Nel mondo del fast fashion, senza dubbio Zara e H&M rappresentano alcuni dei nomi più importanti e influenti. Da anni pongono in evidenza l’utilizzo di cotone etico e sostenibile ma, stando a questa recente inchiesta, i territori in Brasile in cui la coltivazione avviene sarebbero deforestati illegalmente.

Un delicato e complesso processo d’analisi e ricerca ha condotto a questo approfondito documento. Al suo interno immagini satellitari e registri di spedizione, così come sentenze di tribunali brasiliani e non solo.

Scendendo nel dettaglio, le due aziende coltiverebbero il cotone nel Cerrado. Si tratta di una porzione ben nota del territorio brasiliano. Nel corso degli anni, però, la sua biodiversità è divenuta la seconda motivazione per la quale spesso si parla di questo territorio. La prima è l’acquisizione di grandi porzioni di terra, al fine di procedere allo sfruttamento industriale.

Si è soliti parlare di “land grabbing” in alcuni casi, dal momento che l’acquisto può a volte risultare forzato. L’inchiesta non dimostra un rapporto di vendita diretto del cotone ai due grandi gruppi. Quanto coltivato raggiunge infatti delle aziende manifatturiere in Asia. È qui che la lavorazione e trasformazione avvengono. Soltanto in seguito si procede alla rivendita a H&M e Inditex, ovvero il gruppo in controllo di Zara e non solo, bensì anche di Bershka e Pull&Bear.

Chi coltiva e come

L’inchiesta non è ovviamente omnicomprensiva. Earthsight si è concentrata su un tipo di cotone in particolare, quello coltivato da SLC Agricola e da Horita Group. La scelta è facilmente ricaduta su di loro, dal momento che si tratta di alcune delle più grandi imprese agricole del Paese.

Nello specifico si è proceduto al tracciamento di 816mila tonnellate di cotone coltivato nel Cerrado. Dal 2014 al 2023, si legge, il tutto è stato rivenduto a 8 aziende asiatiche. La loro lavorazione ha poi generato 250milioni di prodotti, indirizzati al mondo del fast fashion.

Negli ultimi anni il Cerrado è stato oggetto di una forte deforestazione. Ciò al fine di garantire maggior spazio tanto per allevamenti di bestiame quanto per coltivazione di cotone e soia. Sotto questo aspetto il 2023 è stato un anno terribile, con il 43% di terreno deforestato in più rispetto al 2022, ovvero 7.800 km quadrati.

Alla base di questo processo di appropriazione territoriale, riporta la ong, ci sarebbero popolazioni allontanate dalle proprie case, spesso con intimidazioni e violenze da parte di SLC Agricola e Horita Group.

La certificazione Better Cotton

Il cotone sostenibile dei prodotti a marchio Zara e H&M vanta una certificazione di Better Cotton (BC). Questa è una ong che mira a ridurre l’impatto ambientale della produzione del cotone e, al tempo stesso, si impegna a migliorare le condizioni dei lavoratori.

Il vero nodo della questione è proprio qui. La maggior parte delle grandi aziende fa riferimento a BC per ottenere garanzia d’utilizzo di cotone sostenibile, ovvero coltivato in maniera etica. Il problema è che il sistema di monitoraggio di questa ong non assicura che il prodotto finito non presenti una mescolanza o sostituzione, lungo la filiera, con materiali convenzionali e, dunque, tutt’altro che etici.

In questo scenario, i grandi marchi del fast fashion rappresentano l’ultimo anello della catena. L’inchiesta infatti ha fatto emergere dubbi su Better Cotton, principalmente, e dunque sulla validità del suo marchio di garanzia.

Inditex ha già rilasciato un comunicato in merito, sostenendo di prendere molto sul serio le accuse contro BC. Ha di fatto spinto l’ong a prendere le misure necessarie per garantire una certificazione che sia realmente affidabile. In questo scenario, non si escludono decisioni drastiche e, di fatto, un cambio gerarchico in questo specifico settore. Se oggi tutti o quasi fanno affidamento a BC, non è detto ciò rappresenti la soluzione adottata anche nel prossimo futuro.

Sul fronte legislativo, l’Unione europea ha in cantiere nuove leggi atte a vietare l’importazione di prodotti legati alla deforestazione. Per l’entrata in vigore, però, occorrerà attendere la fine del 2024.