In diversi avete scritto a QuiFinanza in questi giorni chiedendo riscontri in merito a delle lettere ricevute a casa via posta oppure via PEC e inviate dall’Agenzia delle entrate. Ebbene, in questo caso dobbiamo confermarvi che non si tratta di truffe, ma di lettere ufficiali. Vediamo di capire di cosa si tratta, chi le sta ricevendo e perché, e cosa fare.
A chiarirlo è proprio l’Agenzia delle entrate in una comunicazione del 25 marzo 2022. Le lettere stanno arrivando ai titolari di partita IVA per i quali emergano delle differenze tra il volume d’affari dichiarato e l’importo delle operazioni comunicate dai contribuenti e dai loro clienti all’Agenzia delle Entrate stessa.
Il documento è quindi un invito a procedere all’adempimento spontaneo, cioè a regolarizzare la propria posizione con il cosiddetto ravvedimento operoso.
Indice
Cosa sono le lettere di compliance
L’Agenzia delle Entrate invia ad alcuni contribuenti che risultino non in regola le cosiddette lettere di compliance. Si tratta di lettere nelle quali sono riportate delle anomalie rinvenute nelle loro dichiarazioni dei redditi, riguardanti omissioni o infedeltà riscontrate mettendo a confronto i dati dichiarati con quelli che l’Agenzia ha a disposizione all’interno delle proprie banche dati.
Queste comunicazioni inviate non sono atti autonomamente impugnabili perché non rientrano tra gli atti impositivi emessi dall’Agenzia stessa. Eventuali contestazioni non giustificate dalla presentazione di documentazione da parte del contribuente possono essere comunque sollevate durante le fasi del procedimento accertativo.
A cosa servono le lettere di compliance? Prima che l’Agenzia notifichi un avviso di accertamento, il destinatario della comunicazione potrà regolarizzare l’errore o l’omissione attraverso il ravvedimento operoso. Al contrario, se il contribuente non ritiene corretti i dati indicati nella sua dichiarazione, basterà comunicarlo all’Agenzia, inviando eventuali elementi e documenti di cui l’Agenzia non era a conoscenza.
Elementi e informazioni a disposizione del contribuente
Da dove prende i dati il Fisco? L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti soggetti passivi IVA le informazioni derivanti dal confronto tra i dati comunicati dai contribuenti stessi e dai loro clienti soggetti passivi IVA e i dati fiscali delle fatture elettroniche inviate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato, da cui risulterebbe che questi contribuenti abbiano omesso, in tutto o in parte, di dichiarare il volume d’affari conseguito per il periodo di imposta relativo al 2018.
Le discrepanze riguardano dunque le dichiarazioni dei redditi 2019 e i dati in possesso dell’Agenzia. L’Agenzia rende disponibili le informazioni per una valutazione in ordine alla correttezza dei dati in suo possesso: questo consente al contribuente di poter fornire elementi, fatti e circostanze non conosciuti dal Fisco e in grado di giustificare la presunta anomalia.
Cosa c’è scritto nelle lettere dell’Agenzia
Ma cosa c’è scritto in queste lettere dell’AE? Le lettere contengono queste informazioni:
- codice fiscale, denominazione, cognome e nome del contribuente;
- numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;
- codice atto;
- totale delle operazioni imponibili comunicate dai clienti soggetti passivi IVA e di quelle effettuate nei confronti di consumatori finali comunicate dal contribuente stesso
- totale delle operazioni imponibili relative alle fatture elettroniche inviate
- modalità attraverso le quali consultare gli elementi informativi di dettaglio relativi all’anomalia riscontrata.
Quali dati si trovano e dove
L’Agenzia delle Entrate trasmette una comunicazione contenente tutte queste informazioni, al domicilio digitale dei singoli contribuenti (PEC). Nei casi di assenza di domicilio digitale l’invio è effettuato per posta ordinaria.
La stessa comunicazione e le relative informazioni di dettaglio sono consultabili, da parte del contribuente, all’interno dell’area riservata del portale informatico dell’Agenzia delle Entrate denominata “Cassetto fiscale” e dell’interfaccia web “Fatture e Corrispettivi”, in cui sono resi disponibili questi dati:
- protocollo identificativo e data di invio della dichiarazione IVA, per il periodo d’imposta oggetto di comunicazione, nella quale le operazioni attive risultano parzialmente o totalmente omesse;
- somma dell’ammontare complessivo delle operazioni riportate nei righi VE24, colonna 1 (Totale imponibile), VE37, colonna 1 (Operazioni effettuate nell’anno ma con imposta esigibile in anni successivi), e VE39 (Operazioni effettuate in anni precedenti ma con imposta esigibile nell’anno oggetto di comunicazione)
- importo della somma delle operazioni imponibili relative a:
– cessioni di beni e prestazioni di servizi comunicate dai clienti soggetti passivi IVA
– cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di consumatori finali, comunicate dal contribuente stesso
– cessioni di beni e prestazioni di servizi contenute nelle fatture elettroniche trasmesse - ammontare delle operazioni attive imponibili che non risulterebbero riportate nel modello di dichiarazione
- dati identificativi dei clienti soggetti passivi IVA(denominazione/cognome e nome e codice fiscale);
- dati identificativi dei consumatori finali comunicati dal contribuente (denominazione/cognome e nome e codice fiscale);
- ammontare delle operazioni imponibili comunicate da ciascuno dei clienti soggetti passivi IVA
- ammontare delle operazioni imponibili comunicate dal contribuente per ciascuno dei consumatori finali
- ammontare delle operazioni imponibili contenute nelle fatture elettroniche emesse nei confronti dei clienti.
Come regolarizzare la propria posizione
Il contribuente, anche mediante gli intermediari incaricati della trasmissione delle dichiarazioni, può richiedere informazioni o segnalare all’Agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti e circostanze non conosciuti.
I contribuenti che hanno ricevuto queste lettere possono regolarizzare gli errori o le omissioni beneficiando della riduzione delle sanzioni in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse, tramite il cosiddetto ravvedimento operoso.
Il ravvedimento operoso è consentito a tutti i contribuenti. Gli errori, le omissioni e i versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento:
- dell’imposta dovuta
- degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito
- della sanzione in misura ridotta.