Essere sottoposto ad un’indagine finanziaria non è certamente piacevole, nemmeno quando non si ha nulla da nascondere. Avere gli occhi puntati sul proprio conto corrente non è augurabile a nessuno, soprattutto perché per questi tipi di controllo vige l’inversione dell’onere della prova. In altre parole spetta al contribuente, a differenza di quanto avviene normalmente, dimostrare il proprio comportamento è stato corretto.
È necessario sottolineare, ad ogni modo, che le indagini finanziarie costituiscono una sorta di controllo bancario: non siamo, quindi, davanti ad un accertamento vero e proprio, ma ad una procedura che dovrebbe portare a reperire le informazioni utili per redigere un avviso di rettifica.
Indice
In cosa consiste l’anagrafe dei rapporti finanziari
All’interno dell’anagrafe tributaria è presenta l’anagrafe dei rapporti finanziari, che è stata istituita per facilitare le operazioni di controllo in ambito fiscale, in modo da verificare se le imposte sui redditi e l’Iva siano state versate in modo corretto.
Grazie a questo particolare strumento le indagini finanziarie possono essere effettuate in modo mirato, coinvolgendo unicamente gli operatori con i quali un determinato contribuente ha aperto un qualsiasi rapporto di tipo finanziario.
A fornire nel dettaglio le indicazioni su come debbano essere utilizzati i risultati e i dati ottenuti attraverso l’anagrafe dei rapporti finanziari ci hanno pensato i seguenti provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate:
Le comunicazioni dirette verso l’anagrafe tributaria
Gli operatori finanziari sono obbligati, ai sensi dell’articolo 7 del Dpr n. 605/73, a comunicare all’anagrafe tributaria l’esistenza di un qualsiasi rapporto finanziario che i contribuenti trattengono con loro. Devono essere comunicati i dati anagrafici e i codici fiscali, che vengono raccolti in un’apposita sezione che è stata denominata Archivio dei rapporti con operatori finanziari.
A dove effettuare le comunicazioni finanziarie sono le banche e gli intermediari finanziari, che devono indicare all’anagrafe tributaria anche i saldi. Deve essere indicato quello iniziale, quello finale, l’apertura e la chiusura dei conti correnti e delle varie gestioni patrimoniali.
Devono essere comunicate tutte le movimentazioni, che vanno distinte tra il dare e l’avere e devono essere conteggiate su base annua.
Le informazioni non coinvolgono unicamente i conti correnti ordinari, ma anche:
- conti deposito;
- titoli;
- obbligazioni.
Quali controlli vengono effettuati sui conti correnti
A finire sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle Entrate sono:
- tutti i dettagli relativi al conto corrente e i rapporti finanziari;
- le operazioni che vengono effettuate extra conto. Sono sostanzialmente le movimentazioni finanziarie che non vengono registrate nell’estratto conto, come i bonifici effettuati in contanti da un contribuente direttamente allo sportello.
Raccogliendo queste informazioni viene effettuato il cosiddetto accertamento bancario: si viene a formare, in altre parole, una sorta di accertamento induttivo del reddito.
Ma cosa serve esaminare i conti correnti bancari? Permette di verificare se siano presenti delle movimentazioni sospette, che non trovano riscontro nella contabilità del professionista o dell’impresa.
A finire sotto la lente d’ingrandimento sono principalmente i versamenti e i prelevamenti non giustificati, perché fanno in modo che si venga a verificare la cosiddetta presunzione legale relativa: le somme prelevate o versate potrebbero essere ricondotte a dei compensi o ricavi che non sono stati dichiarati.
Ricordiamo, comunque, che l’anagrafe dei conti e le comunicazioni a essa connessa sono cosa differente dalle indagini finanziarie vere e proprie. Nel primo caso siamo davanti a un obbligo che coinvolge gli intermediari, che devono mettere a disposizione i dati in loro possesso all’amministrazione.
Quest’ultima riesce ad avere una serie di informazioni sui contribuenti che possono essere utilizzate dall’Agenzia delle Entrate per formare una lista di contribuenti che sono a rischio evasione fiscale.
Come difendersi dalle indagini finanziarie
A finire sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, come abbiamo accennato in precedenza, sono principalmente le operazioni che non trovano giustificazione nella dichiarazione dei redditi. Dunque un versamento a cui non corrisponde una fattura o un prelevamento difficilmente spiegabile.
Questo, però, non significa che il contribuente sia per forza un evasore fiscale. Ci possono essere molti motivi per i quali abbia effettuato un versamento sul proprio conto corrente.
Ma sta a lui dimostrare la correttezza del proprio comportamento. Il diretto interessato deve portare una prova contraria attraverso la quale deve essere in grado di dimostrare l’irrilevanza di ogni singola operazione – non bastano delle prove generiche.
Su questo argomento la Guardia di Finanza ha spiegato che un’idonea prova contraria è data dalla documentazione attraverso la quale sia possibile dimostrare con certezza che le movimentazioni sospette abbiano un’assoluta irrilevanza fiscale.
Questa documentazione può provenire:
- da soggetti che abbiano una funzione certificativa presso terzi, come avvocati o notai o ancora da terzi che siano formalmente interessati a dei rapporti contrattuali con il contribuente – è il caso di rimborsi, prestiti, risarcimenti danni o mutui;
- da operazioni che abbiano come oggetto titoli di credito, come polizze assicurative, assegni o cambiali – stiamo parlando di una documentazione attraverso la quale è possibile dimostrare in quale modo abbia avuto origine la movimentazione bancaria.
Al contrario di quanto si possa pensare non costituiscono un’idonea prova:
- scritture private attraverso le quali venga attestato il flusso di denaro;
- semplici dichiarazioni di parte.
Quando una prova non è sufficiente
Il fatto di dover portare una prova contraria fa sì, almeno in molti casi, che i contribuenti siano impossibilitati a difendersi, soprattutto quando a essere coinvolti sono le imprese individuali e i liberi professionisti.
Partendo, infatti, dall’assunto che ogni prelievo/versamento costituisce un ricavo/compenso, la presunzione può essere vinta unicamente dimostrando l’irrilevanza reddituale, situazione che rende difficile se non impossibile la difesa.
Per porre rimedio a questo problema, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 32/E/2006 ha spiegato che, per i professionisti, si preferisce evitare una valutazione rigida e formale dei dati acquisiti. L’AdE spiega, inoltre, che:
Le eventuali dimostrazioni, anche di natura presuntiva, che trattasi di spese non aventi rilevanza fiscale sia per la loro esiguità, sia per la loro occasionalità, e, comunque, per la loro coerenza con il tenore di vita rapportabile al volume di affari dichiarato.
Partendo da questo contesto più ampio, le eventuali spese effettuate a titolo personale effettuate con una carta di credito o i bancomat agevolano l’eventuale difesa. Sarà lo stesso estratto conto a mettere in evidenza la causale del pagamento. Che costituisce una valida prova contraria.