Ancora buone notizie sul fronte occupazione, che ha raggiunto un nuovo record a dicembre 2023, abbinandosi ad un ulteriore calo della disoccupazione. Vi sono però anche degli aspetti negativi del mercato del lavoro, dovuti alla crescita degli inattivi ed alla perdita del potere d’acquisto del redditi da lavoro. E’ quanto emerge dai report dell’Istat sull’Occupazione e sui Contratti di lavoro.
Occupazione da record
A dicembre 2023, secondo i dati Istat, prosegue la crescita dell’occupazione, che coinvolge i dipendenti a termine (2 milioni 986mila) e gli autonomi (5 milioni 45mila). Il numero degli occupati raggiunge un picco di 23 milioni 754mila e risulta nel complesso superiore a quello di dicembre 2022 di 456mila unità (+2%), come sintesi dell’incremento di 418mila dipendenti permanenti e 42mila autonomi a fronte della diminuzione di 5mila dipendenti a termine. Anche risetto al mese precedente cresce il numero degli occupati (+0,1%, pari a +14mila unità)
Parallelamente cala il numero dei disoccupati. Il numero di persone in cerca di lavoro diminuisce sia rispetto al mese precedente (-2,7%, pari a -50mila unità) sia rispetto a dicembre 2022 (-8,5%, pari a -171mila unità), con un tasso di disoccupazione che scende al 7,2% (-0,2 punti), ai minimi dal 2008, e quello giovanile al 20,1% (-0,4 punti).
Crescono anche gli inattivi
Assieme alla crescita dell’occupazione si registra però anche un aumento del numero di inattivi (+0,2%, pari a +19mila unità tra i 15 e i 64 anni), che coinvolge le donne e gli individui di età superiore ai 35 anni; tra gli uomini e i 15-34enni si registra un calo. Il tasso di inattività sale al 33,2% (+0,1 punti). Rispetto a dicembre 2022 però il numero di inattivi risulta in calo tra i 15 e i 64 anni (-2,5%, pari a -310mila).
Retribuzioni in crescita ma meno dell’inflazione
Il report dell’Istat sulle retribuzioni contrattuali e sui contratti collettivi conferma invece una continua perdita dei potere d’acquisto dei redditi da lavoro, soprattutto nel privato. Nella media del 2023, l’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto del 3,1% rispetto all’anno precedente.
L’indice mensile delle retribuzioni contrattuali orarie a dicembre 2023 registra un aumento del 5,1% rispetto a novembre e del 7,9% rispetto a dicembre 2022. La decisa decelerazione dell’inflazione nel corso del 2023 ha ridotto la distanza tra la dinamica dei prezzi (IPCA) e le retribuzioni contrattuali a circa 3 punti percentuali, meno della metà di quella osservata nel 2022, ma persiste ancora un gap negativo.
La crescita tendenziale delle retribuzioni ha raggiunto il 4,5% per i dipendenti dell’industria, il 2,4% per quelli dei servizi privati e il 22,2% per la pubblica amministrazione; un dato quest’ultimo falsato dall’erogazione anticipata dell’incremento dell’indennità di vacanza contrattuale (anno di competenza 2024) per i dipendenti a tempo indeterminato delle amministrazioni statali. Gli aumenti tendenziali più elevati riguardano infatti scuola (+37,0%), ministeri (+33,0%) e militari-difesa (+29,0%). Nessun incremento per farmacie private, pubblici esercizi e alberghi e telecomunicazioni.
Moderato ottimismo dal mondo delle imprese
“Nonostante il rallentamento dell’economia, dunque, le condizioni del mercato del lavoro rimangono nel complesso solide“, afferma Confesercenti, che però mette il punto sul calo demografico, rilevando che il lavoro cambia qualitativamente e si rileva un aumento degli occupati over 65 superiore al 10% negli ultimi quattro anni. Un cenno anche al mismatch e alle difficoltà di reclutamento che hanno riguardato soprattutto il settore turistico, determinando una maggiore domanda di lavoro.
Per Confcommercio “conforta l’indicazione di ripresa della componente autonoma dell’occupazione, con +45mila unità nella media del 2023, mentre gli aspetti critici riguardano l’evoluzione degli inattivi, cresciuti sia a novembre che a dicembre”. “Non vanno ignorati gli indizi di un possibile scoraggiamento di una parte della popolazione a compiere azioni più incisive di ricerca. In quest’ottica – conclude Confcommercio – non va trascurato il fatto che l’aumento dell’inattività riguardi principalmente la componente femminile dell’occupazione, variabile cruciale per la futura crescita economica dell’Italia”.