La burocrazia affonda le navi italiane: è fuga all’estero

Avere una barca battente bandiera estera permette di affrontare meno seccature burocratiche. Ma immatricolare una barca in Italia offre qualche vantaggio

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La farraginosa e bizantina burocrazia italica non solo complica la vita dei cittadini, ma disincentiva le attività a tutti i livelli. L’ultimo settore in cui si registrano fughe verso l’estero per la troppa burocrazia è quella delle imbarcazioni: è stato certificato che oltre il 40% delle grandi navi italiane ha cambiato bandiera in favore di altri Paesi europei dove le regole sono meno arzigogolate. Il cosiddetto fenomeno del “flagging out” è perfettamente legale. E i costi affrontati da chi registri all’estero un natante sono sostanzialmente simili a quelli italiani.

Barche con bandiera estera in aumento

Il dato che riguarda la fuga verso l’estero emerge dall’assemblea annuale di Assarmatori. “Un numero crescente di navi armate da armatori italiani ha cambiato bandiera” ha sottolineato il presidente Stefano Messina di fronte ad alcuni ministri: Nello Musumeci (Protezione civile e politiche del mare), Matteo Salvini (Infrastrutture e trasporti), Raffaele Fitto (Affari europei e Sud) e Daniela Santanchè (Turismo).

La burocrazia italiana, elefantiaca e inefficiente, causa danni economici per miliardi di euro. Questo sebbene ormai da anni periodicamente la pubblica amministrazione divenga oggetto di semplificazioni e riforme normative.

Barca battente bandiera estera: lo fanno il 40,83%

“Lo dicono chiaramente i dati dell’Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, ndr) riferiti a unità con stazza lorda superiore alle 1.000 tonnellate”, spiega Messina. “La parte della flotta che fa capo ad armatori italiani, ma che batte bandiere estere, è cresciuta al 40,83% del totale, contro una quota che nel 2021 era ancora del 36,43%”. Dai dati emerge come chi immatricoli all’estero non scelga bandiere di comodo, ma bandiere europee come quelle di Malta, Cipro, Finlandia e Portogallo, Paesi che garantiscono una “burocrazia semplice, moderna e digitalizzata”. Il problema, puntualizza Stefano Messina, “non è solo questione di costi o di tassazione”.

Belgio e Olanda, che in passato erano molto gettonati, sono invece usciti dai radar del flagging out perché il fenomeno aveva raggiunto un livello tale che i due Paesi hanno deciso di dare una stretta: da alcuni anni occorre rispettare parametri più stringenti, come essere cittadini o almeno residenti.

Gli armatori chiedono l’intervento della politica per contrastare il fenomeno del flagging out perché “ammainare la bandiera italiana significa ammainare una parte importante dell’italianità del mondo, oltre che depotenziare il nostro potere negoziale nei contesti internazionali”.

Immatricolare una barca in Italia: quali garanzie

Ma, è il caso di ricordarlo, la tanto vituperata immatricolazione in Italia offre anche garanzie non da poco, come la certezza che il natante sia in regola con le tasse e la conformità di scafo e motore. Tali dettagli, al momento in cui viene rilasciata la licenza di navigazione, vengono garantiti dallo Stato italiano. Altri registri comunitari non offrono gli stessi livelli di sicurezza. Inoltre in caso di problemi di qualsiasi natura è più facile e comodo affrontare la situazione nel proprio Paese che doversi rivolgere a uffici esteri.