Le elezioni amministrative che si sono appena tenute tra domenica 12 (primo turno) e domenica 26 giugno (ballottaggio) hanno certificato un quadro che in molti davano per scontato ma che i leader politici hanno fatto di tutto per nascondere agli occhi dell’opinione pubblica: i due schieramenti di centrodestra e di centrosinistra sono più disuniti che mai, sconvolti al loro interno da dissidi, frizioni e rapporti ai minimi termini.
Come spesso accade in queste situazione, per ricompattare (solo all’apparenza) le due metà campo, arrivano a puntino quelle battaglie identitarie e fondate sui temi reali che paiono a oggi l’unico strumento per riavvicinare i cittadini alla politica, vista sempre più come un contenitore caotico (e spesso irritante e fastidioso) in cui i presunti capi di partito non riescono più a fare breccia nell’elettorato. A riprova di questo è arrivato l’altissimo tasso di astensionismo da Nord a Sud, da Palermo a Genova, passando per Catanzaro, Parma e Verona.
Ius culturae e ius soli ricompattano i partiti: cos’è successo ieri a Bologna
Uno dei terreni su cui gli italiani da sempre si sentono maggiormente coinvolti e divisi, come le ultime elezioni dimostrano, e in dovere di far sentire la propria voce è senza dubbio quello dei diritti. A partire dai referendum della Prima Repubblica su divorzio e aborto (con l’ultima inquietante sentenza arrivata negli Stati Uniti che ha fatto parecchio discutere anche in Italia), passando per i più recenti dibattiti sul fine vita e sulla potenziale legalizzazione delle droghe leggere a uso terapeutico, sono questi i piani su cui le coalizioni trovano forza per remare dalla stessa parte.
Ne fanno parte a pieno titolo anche lo ius culturae e lo ius scholae, due proposte di legge che ciclicamente ritornano al centro del dibattito pubblico e che – per l’appunto – vedono una convergenza degli alleati con i partner dei rispettivi schieramenti. Se n’è tornato a parlare in occasione di due fatti specifici:
- l’approvazione da parte del Consiglio comunale di Bologna dello ius culturae “onorario”, una delibera tramite cui l’amministrazione conferirà la cittadinanza, puramente simbolica, a tutti i minori nati in Italia da genitori regolarmente soggiornanti in città o nati all’estero ma che hanno completato almeno un ciclo scolastico
- l’approdo alla Camera della proposta di legge sullo ius scholae, fortemente sponsorizzando del segretario dem Enrico Letta e da tutta l’area progressista (Movimento 5 stelle, LeU e Sinistra italiana) e specularmente osteggiato dal centrodestra che – a esclusione di Forza Italia, spaccatasi nel merito – vede il riallineamento di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni nell’opporsi alla proposta
Ius scholae, che cos’è e quanti studenti verranno coinvolti da questa novità
Nella serata di martedì 28 giugno, la commissione Affari costituzionali alla Camera ha conferito il mandato a riferire in Aula al relatore e presidente Giuseppe Brescia (M5s) in merito appunto allo ius scholae. Ma di cosa si tratta nello specifico? È un provvedimento che garantisce il diritto di cittadinanza per tutti i figli di immigrati che hanno completato almeno un ciclo di studi della scuola dell’obbligo (primaria o secondaria di primo e di secondo grado).
Secondo l’ultimo studio realizzato in merito da Save The Children, in Italia la platea che andrebbe a risentire in positivo di questa novità sarebbe composta da ben 877mila alunni che a oggi studiano nel nostro Paese pur senza possedere la cittadinanza attiva.