Ferragni, Cassazione parla di “disegno criminoso”: indagato anche il suo manager Damato

Cosa c'è scritto nel provvedimento scritto dal pg della Consulta su Chiara Ferragni e il caso Balocco, ma non solo. Coinvolto anche il braccio destro

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 30 Gennaio 2024 12:15

Disegno criminoso“: non usa mezzi termini il procuratore generale della Cassazione Alfredo Pompeo Viola nel suo provvedimento ai danni di Chiara Ferragni, riguardo al caso del pandoro Balocco, in cui l’influencer da 30 milioni di follower risulta indagata per truffa aggravata, dopo essere stata multata dall’Antitrust per 1 milione di euro per “pratica commerciale scorretta“. Oltre a lei, è stato iscritto nel registro degli indagati anche il suo manager e braccio destro, Fabio Maria Damato.

Perché i consumatori sarebbero stati “ingannati” da Ferragni

Per la Consulta, si legge nel documento depositato, i “consumatori sono stati doppiamente truffati con i pandori Pink”. I consumatori che hanno acquistato il pandoro Pink della Balocco pubblicizzato da Chiara Ferragni, infatti, “sono stati indotti in modo ingannevole” all’acquisto con un “duplice danno“.

In primis, lesione della libertà contrattuale e di autodeterminazione del cliente. Il motivo, secondo il pg, è che avrebbero effettuato una compravendita che, “in assenza di un messaggio pubblicitario manipolatorio della realtà, non avrebbero effettuato”. Secondo, “nella diminuzione del patrimonio” per l’acquisto di un prodotto “a prezzo maggiorato“, non trascurabile se si considera “la totalità degli acquirenti su tutto il territorio nazionale”.

Le operazioni di Ferragni a scopi benefici sarebbero state veicolate con “testi e immagini e rilasciando dichiarazioni nel video fuorvianti o quantomeno idonee a condizionare il consumatore nelle proprie scelte di natura commerciale”, sostiene il pg della Cassazione.

L'”inganno”non riguarderebbe tra l’altro solo la campagna del pandoro Balocco del 2022. Nel mirino ci sono anche la vendita delle uova di Pasqua Dolci Preziosi a favore dell’associazione I bambini delle Fate e la vendita nel 2019 di un’edizione limitata della bambola Chiara Ferragni by Trudi, il cui ricavato era destinato a un’associazione impegnata nella lotta contro il bullismo e il cyberbullismo.

“Sussistono – scrive la Cassazione – indici esteriori, di tenore non equivoco, idonei a dar conto di una unitaria programmazione, nell’ambito di un medesimo disegno criminoso, dei diversi fatti di reato, avuto riguardo all’unitarietà della spinta a delinquere, all’analogia del modus operandi e al lasso temporale che separa i diversi episodi”, anche se, tuttavia, la Consulta nel caso in esame non rileva i criteri per l’individuazione della competenza per territorio in caso di procedimenti connessi.

Fuga degli sponsor dal brand Ferragni

L’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino intanto ha confermato di aver ricevuto da parte di Chiara Ferragni una donazione di 1 milione di euro prima di Natale.

Ma, dopo quanto accaduto, diversi sponsor collegati a Ferragni hanno iniziato a prendere le distanze dall’influencer. Safilo già a dicembre ha annunciato lo stop dell’accordo di licenza con Ferragni per la produzione e la distribuzione di occhiali da sole e da vista a marchio Ferragni, a causa di “violazioni di impegni contrattuali”, hanno detto.

Coca Cola ha sospeso lo spot pubblicitario girato a dicembre, che sarebbe dovuto andare in onda a partire dalla fine di gennaio. A rischio anche i contratti con Pantene, Morellato e Monnalisa.

Sul caso Ferragni-Balocco indaga la Procura di Milano, non di Cuneo

Intanto, sul caso Ferragni-Balocco indagherà la Procura di Milano, e non quella di Cuneo. Perché i contratti sono stati firmati a Milano. A stabilirlo lo stesso pg, che ha risolto la questione del conflitto di competenza tra la città meneghina e quella piemontese. Per la procura piemontese l’eventuale ingiusto profitto – prerequisito per parlare di truffa – si è realizzato a Fossano, dove ha sede la Balocco, mentre per quella milanese la competenza è legata all’influencer, già multata dall’Antitrust, e alle modalità relative ai contratti di beneficenza.

Stabilendo che è il capoluogo lombardo ad essere territorialmente competente, viene così fissato il principio per cui a determinare la territorialità del caso è il luogo in cui sono stati stipulati i contratti con Balocco al centro dell’inchiesta che vede coinvolta Ferragni per truffa aggravata.

Per il pg della Cassazione “assume rilievo” l’accordo intervenuto tra le parti e, quindi, “la stipula dei contratti tra la società Balocco e le società La Fenice srl e Tbs Crew srl, riconducibili all’imprenditrice digitale, avvenuta in Milano il giorno 11 novembre 2021, allo scopo di realizzare, commercializzare e promuovere il prodotto in edizione limitata denominato ‘Pandoro pink Christmas’, per la successiva campagna natalizia 2022”.

Un altro elemento che rafforza questa tesi, si legge, è il compenso riconosciuto da Balocco in favore delle due società riconducibili alla Ferragni: un cachet che vale oltre 1 milione di euro, accreditato su conti correnti accesi presso banche che si trovano appunto a Milano. “La stipula dei contratti e la corresponsione dei relativi corrispettivi costituiscono elementi strettamente connessi alla parte finalistica della condotta” afferma il pg.

La decisione della competenza territoriale del Tribunale di Milano riguarda al momento però solo i pandoro, non le bambole in collaborazione con Trudi o le uova di Pasqua con Dolci Preziosi, al centro di altri fascicoli, su cui, almeno per ora, non sembrano esserci sovrapposizioni di competenza. Al momento per Balocco non è ancora stato calcolato il beneficio economico derivante dall’operazione Ferragni, ma senz’altro, dice ancora il pg, la storica azienda di Fossano ha beneficiato di un “rafforzamento dell’immagine” per questa iniziativa benefica.

Le nuove regole per gli influencer

Il 25 gennaio il Cdm ha approvato il cosiddetto Decreto beneficenza, un disegno di legge con cui il governo mira ad assicurare l’affidabilità delle pratiche commerciali di produttori e professionisti nei casi di destinazione di parte dei ricavi a scopi benefici.

Si prevede, in primis, per i produttori dei beni e per i professionisti che li commercializzano e li promuovono, l’obbligo di esplicitare il soggetto destinatario dei proventi, le finalità a cui questi sono destinati e la quota percentuale del prezzo di vendita o l’importo destinati all’attività benefica, per ogni unità di prodotto.