Balocco spiega perché il pandoro di Chiara Ferragni costava di più. L’influencer: “Chiarirò ai magistrati”

L'azienda dolciaria ha risposto al Codacons chiarendo i motivi per cui il pandoro "Pink Christmas" è stato venduto a un prezzo più alto rispetto agli altri non griffati

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

La differenza di prezzo tra i classici pandori Balocco e l’edizione limitata “Pink Christmas” del Natale 2022 è dovuta agli “elementi peculiari” e al “costo della licenza del marchio Chiara Ferragni”. L’azienda dolciaria piemontese, coinvolta nel cosiddetto “Pandoro-gate” con l’indagine per truffa aggravata sull’ad Alessandra Balocco e la nota influencer, ha risposto così al Codacons riguardo alla richiesta di spiegazioni sul costo maggiorato del prodotto, che avrebbe dovuto sostenere una campagna di beneficenza per l’ospedale Regina Margherita di Torino.

La risposta di Balocco

L’associazione dei consumatori aveva chiesto chiarimenti sui motivi per cui il costo del pandoro “Pink Christmas” griffato Chiara Ferragni fosse di 9,37 euro a fronte dei 3,68 pagati per il tradizionale dolce natalizio a marchio Balocco, 5,69 euro in più.

In un comunicato il Codacons, che ha raccolto oltre 250 segnalazioni allo scopo di far riconoscere ai consumatori coinvolti un risarcimento, ha reso noto il contenuto della risposta della Balocco che, tramite i suoi legali, ha fatto sapere che la maggiorazione “sarebbe giustificata dall’impiego di ‘elementi peculiari’ quale ‘astuccio ideato in esclusiva’, il ‘nastro di chiusura’, il ‘sacchetto contenente il pandoro ed il cartone espositore personalizzati con la grafica su licenza’, nonché una ‘bustina di polvere rosa ed uno stencil in cartoncino alimentare da utilizzare per la decorazione del pandoro'” (qui abbiamo parlato dell’indagine aperta anche a Cuneo su Ferragni e Balocco dopo le segnalazioni del Codacons).

Nella lettera inviata dagli avvocati dell’azienda, si sottolinea che “non da ultimo, si considerino anche i maggiori costi di manodopera sostenuti dalla nostra assistita per il peculiare confezionamento, interamente manuale, e, naturalmente, il costo della licenza del marchio ‘C. Ferragni‘”.

La lettera della Balocco prosegue, inoltre, contestando la tesi secondo la quale i consumatori sarebbero stati condizionati all’acquisto dall’operazione di beneficenza legata al pandoro “Pink Christmas”, dato che, si legge, “né sulla confezione, né sul cartiglio, né tantomeno sul materiale espositivo erano presenti indicazioni relative alla destinazione di una percentuale del ricavato (o di un importo fisso) a favore della ricerca terapeutica”.

“Non possiamo poi non chiederci – è la contestazione del Codacons – dove fosse la Balocco quando Chiara Ferragni pubblicava storie e contenuti sui propri canali social dove, chiamando in causa l’azienda, legava le vendite del pandoro alla beneficenza verso i bimbi malati di cancro, e perché la Balocco non abbia mai smentito le errate affermazioni dell’influencer, prendendo le distanze da tale pubblicità ingannevole, e infine perché non abbia mai informato i consumatori circa il fatto che la donazione in favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino era già avvenuta mesi prima” (qui la precisazione della Fondazione Soleterre sulla donazione di Chiara Ferragni).

La risposta dei legali della società non è dunque soddisfacente per l’associazione dei consumatori, che adesso “chiede alla Balocco di fornire tutti i dettagli circa i maggiori costi sostenuti per lo zucchero a velo rosa, per la grafica diversificata, per il nastro di chiusura, così da capire se tali elementi possano giustificare un rincaro di prezzo al pubblico del +154%”.

La nota di Chiara Ferragni

Sull’inchiesta prosegue intanto il lavoro delle procure di Milano e di Cuneo, in attesa che la Corte di Cassazione si pronunci per attribuire la competenza territoriale ad uno dei due tribunali, decidendo dunque se il presunto ingiusto profitto si sia realizzato nella sede dell’azienda dolciaria, in Piemonte, o dove risiede Chiara Ferragni.

La stessa influencer nelle ultime ore ha diffuso una nota dichiarando che “in seguito a continue sollecitazioni ricevute da vari organi di informazione, Chiara Ferragni, anche in qualità di ceo di Tbs Crew e di Fenice, ribadisce che risponderà esclusivamente alle autorità competenti a cui conferma la propria fiducia ed è a loro disposizione per chiarire quanto accaduto”  (qui abbiamo spiegato quanto possono perdere le aziende di Chiara Ferragni dopo l’esplosione del caso Pandori mentre qui tutti i contratti di Chiara Ferragni con gli sponsor a rischio).