La beffa della benzina, quanto ci guadagnano i distributori?

La benzina ed il gasolio costano sempre di più e fare il pieno è un vero e proprio salasso. Ma andando a ben vedere i distributori non ci guadagnano molto

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quanto guadagnano i distributori di benzina? Andare a fare il pieno è diventato un vero e proprio salasso per i viaggiatori. La domanda che si pongono molti consumatori, a questo punto, è se cambiando prospettiva sia possibile guadagnare invece che spendere.

Nel corso degli ultimi anni il tema del prezzo del carburante continua a essere al centro del dibattito politico ed economica. L’inflazione e la crisi energetica hanno colpito principalmente il settore dell’energia ed i trasporti intesi in senso lato (non solo le aziende, ma anche le famiglie che si devono muovere con un’auto privata), condizionati pesantemente dall’aumento di gasolio e benzina.

Il dibattito intorno ai distributori di carburante coinvolge non solo economisti e addetti ai lavori, ma anche quanti stanno cercando un lavoro e che si stanno chiedendo come funzioni questo settore nel dettaglio. Quanto guadagna un distributore ogni mese? Cosa bisogna fare per diventarlo? Rispondiamo, almeno in parte, alla prima domanda: la busta paga di un benzinaio oscilla tra gli 870 euro e i 1.250 euro al mese.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio.

Quanto guadagna un benzinaio e quanto incassa un distributore

Partiamo con il capire quanto guadagni un benzinaio: una professione utile e sicuramente molto dinamica. Il suo ruolo diventa importante per i viaggiatori che hanno intenzione di fruire del servizio Servito presso i distributori di carburante. Ma non solo.

Lo stipendio varia in base alla sua esperienza. Mediamente una busta paga può variare da un minimo di 870 euro al mese – emolumento erogato nel primo periodo di esperienza – e può arrivare a 1.570 euro al mese per quanti stiano effettuando questo lavoro da un po’ di tempo.

Il benzinaio, però, potrebbe anche essere il proprietario del distributore di carburante nel quale lavora. A questo punto la situazione cambia drasticamente, perché i guadagni variano dalla quantità di benzina o di gasolio che vengono venduti nel corso del mese. Ovviamente tutti i prodotti che vengono venduti devono essere prima acquistati: il loro costo si calcola basandosi su una serie di parametri, tra i quali ricordiamo i platts e le tasse.

Cosa sono i platts? Con questo termine ci si riferisce all’agenzia che stabilisce il valore di vendita di una tonnellata di benzina o gasolio nelle raffinerie. È un costo che, sostanzialmente, impatta per il 30% sul prezzo finale che il cliente paga. È necessario, poi, tenere conto anche delle tasse, tra le quali rientrano le accise e l’Iva. Tirando un po’ le somme su ogni litro di benzina, il proprietario del distributore di carburante guadagna il 10% del prezzo. Su ogni 50 euro di spesa, il margine che rimane in tasca al benzinaio proprietario è pari a 5 euro.

Quali sono i requisiti per aprire un distributore di carburante

Abbiamo visto che si può essere un dipendente o il proprietario di un distributore di carburante. Quando si decide di mettersi in proprio, però, è necessario prendere in considerazione una serie di fattori per portare avanti l’attività. Prima di tutto – sempre che non si decida di rilevare un’attività già avviata – è necessario scegliere il luogo in cui stabilire l’impianto. Questa operazione è condizionata alla verifica se la presenza di un distributore sia espressamente prevista dal piano regolatore del Comune.

Tra i requisiti necessari per avviare questa attività due sono molto importanti: il titolare non deve avere delle dichiarazioni di fallimento o delle condanne. È necessario inoltre:

  • richiedere la licenza petrolifera;
  • ottenere la necessaria concessione edilizia;
  • il Comune deve rilasciare l’idoneità dell’area;
  • i vigili del Fuoco devono autorizzare il progetto;
  • deve essere richiesta e ottenuta l’autorizzazione per la vendita dei carburanti;
  • l’Asl deve effettuare le opportune verifiche per l’installazione elettrica;
  • l’impianto deve essere collaudato dal Comune, dall’Asl e dall’U.T.I.F.

Grosso modo per riuscire ad adempiere a tutte queste pratiche ci vuole un anno. Comunque vada le tempistiche variano dal Comune.

Quanto costa aprire un distributore di benzina

Ovviamente l’apertura di un distributore di benzina ha un costo, la cui determinazione è condizionata da una serie di fattori. Possono essere leggermente più contenuti nel momento in cui si rileva una pompa di benzina, ma in questo caso è necessario considerare che si acquista un’attività già avviata, con un giro d’affari. Tra i costi da prendere in considerazione per una nuova attività ci sono:

  • le spese relative alle licenze, alla registrazione della società e della varie pratiche burocratiche;
  • i costi connessi con la costruzione e la ristrutturazione dei locali;
  • le spese per acquistare le varie attrezzature che servono a far funzionare la stazione;
  • l’acquisto dei mobili per l’area amministrativa;,
  • l’allaccio delle varie utenze;
  • il capitale circolante.

Grosso modo per aprire un distributore di carburanti è necessario mettere in conto una spesa pari a 500.000 euro. Le pompe self service possono permettere di ridurre il costo del personale e rendere leggermente più bassi i costi di gestione dell’attività.

Carburanti, il paradosso delle tasse in Italia

Ogni paese al mondo tasse i carburanti. L’Italia, però, rimane al primo posto nella classifica per il peso fiscale al litro. Solo per avere un’idea di quanto stia accadendo all’estero, basti pensare che alcuni paesi vicini al si riesce a risparmiare di molto. In paesi come la Slovenia, la Bulgaria, la Romania, l’Austria e l’Albania si arriva a pagare anche 40 centesimi in meno. Il prezzo al litro in Spagna e in Francia può essere inferiore di 20 centesimi. Anche se sono previste alcune eccezioni, come in autostrada dove i prezzi – situazione che accomuna Italia e Francia – risultano essere più alti.