Non sembra proprio esserci pace per Chiara Ferragni. Dopo il caso delle uova di Pasqua griffate e quello della bambola Trudi, torna a far parlare di sé anche l’inchiesta che ha scatenato per prima l’ondata di indignazioni social (e non solo) e l’attenzione delle Procure: il pandoro Balocco sponsorizzato dall’influencer.
Dopo l’esposto del Codacons a 104 Procure e i fatti contestati dall’Antitrust, una serie di mail citate nelle carte acquisite dagli inquirenti potrebbe configurare una svolta nel caso. Dopo l’ipotesi, la certezza: Chiara Ferragni è indagata per truffa aggravata assieme ad Alessandra Balocco, presidente e amministratrice delegata dell’azienda piemontese.
L’indagine sul “pandoro-gate” di Balocco e Ferragni: le novità
È spettata alla Procura di Milano la formulazione dell’ipotesi di reato sul caso dei “Pandoro Pink Christmas” di Balocco e sulla beneficenza all’ospedale Regina Margherita di Torino da parte di Chiara Ferragni. Il procuratore aggiunto Eugenio Fusco ha deciso di procedere d’ufficio per truffa aggravata dalla minorata difesa e senza attendere eventuali querele dei consumatori, che sarebbero state necessarie per contestare la truffa semplice. La fattispecie della “truffa aggravata dalla minorata difesa” scatta quasi in automatico sulle frodi telematiche realizzate a distanza, per l’impossibilità da parte degli acquirenti di verificare in pieno le qualità dei beni messi in vendita su piattaforme di e-commerce.
Il procuratore aggiunto del capoluogo lombardo aveva dapprima consentito ai militari della Guardia di Finanza di acquisire la documentazione presso l’Antitrust. Le Fiamme Gialle hanno quindi depositato in Procura un’annotazione di polizia giudiziaria che modificherebbe l’impianto iniziale dell’accusa. In precedenza, infatti, il pm indagava per frode in commercio. Fino alle 18 di lunedì 8 gennaio la Ferragni non risultava ancora indagata, perché il fascicolo era a carico di ignoti e senza specifiche di reati. Poi la svolta.
L’indagine ha mosso i primi passi a partire dall’esposto per truffa aggravata depositato da Codacons e Assourt (Associazione Utenti Dei Servizi Radiotelevisivi) in 104 Procure d’Italia, in seguito alle multe dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per oltre un milione di euro nei confronti delle società Fenice srl e TBS Crew srl – che gestiscono i marchi e i diritti relativi alla figura di Chiara Ferragni – e da 420mila euro nei confronti di Balocco. La Gdf ha poi acquisito una serie di documenti nella sede di Balocco a Cuneo.
L’accusa di truffa: cos’è e cosa rischia Chiara Ferragni
Il reato ipotizzato nei confronti di Ferragni e Balocco è di truffa aggravata dalla minorata difesa in base a due fattori principali: una sentenza della Cassazione e il fatto che è stata commessa tramite il sistema informatico.
Tutto è partito dalla considerazione dell’Antitrust, secondo cui Fenice srl e TBS Crew srl avrebbero “imposto” all’azienda dolciaria la strategia generale, relativa sia alla comunicazione sia all’operazione. Gli inquirenti sostengono precisamente che le due società “hanno delineato operativamente con la Balocco la strategia che ha indotto i consumatori a pensare erroneamente che, acquistando a Natale 2022 il Pandoro “Pink Christmas”, avrebbero anche fatto beneficenza“. In altre parole, è stata la Fenice srl a scrivere il comunicato stampa in cui si legavano le vendite del pandoro alla donazione all’ospedale torinese. Una donazione che tuttavia, come noto, era stata chiusa mesi prima a quota 50mila euro.
Cosa rischia dunque Chiara Ferragni (che intanto è stata “abbandonata” anche da Coca-Cola)? Il reato di truffa è regolato dall’articolo 640 del Codice Penale e stabilisce che “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032“.
Le parole di Chiara Ferragni: “Piena fiducia nella magistratura”
Stavolta Chiara Ferragni non si è nascosta e il suo commento alla notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati non si è fatta attendere. “Sono serena perché ho sempre agito in buona fede e sono certa che ciò emergerà dalle indagini in corso”, afferma l’imprenditrice digitale, difesa dagli avvocati Marcello Bana e Giuseppe Iannaccone.
“Ho piena fiducia nell’attività della magistratura e con i miei legali mi sono messa subito a disposizione per collaborare e chiarire ogni dettaglio di quanto accaduto nel più breve tempo possibile. Sono, invece, profondamente turbata per la strumentalizzazione che una parte dei media sta realizzando, anche diffondendo notizie oggettivamente non rispondenti al vero”.