Ondate di calore, cosa succede al cuore e perché aumenta il rischio d’infarto

Lo stress termico derivante dalle ondate di calore è una delle principali causa di morti premature legate al clima in Europa. Tutte le persone sono potenzialmente a rischio: cosa fare per evitarlo

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Il dato è inequivocabile. Rispetto al decennio 2000-2009, le persone esposte alle ondate di calore sul pianeta sono aumentate del 57% negli ultimi anni. A sancirlo è una ricerca condotta in tutta Europa su 14 grandi aree urbane, che ha visto partecipare anche l’Italia con il il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC). Questo dato sicuramente mette in luce la necessità di strategia politiche ed ambientali mirate, come si rileva sulla rivista Nature Cities che ospita la pubblicazione. Perché soprattutto nelle aree urbane, gli impatti di questi eventi estremi sono particolarmente pronunciati a causa delle strutture che causano il cosiddetto effetto “isola di calore”.

Ma andando oltre quelli che sono i fattori urbanistici, rimane una certezza. Lo stress termico derivante dalle ondate di calore è una delle principali cause di morti premature legate al clima in Europa. Ovviamente il cuore e l’apparato circolatorio sono tra le strutture più esposte al rischio. Specie se l’umidità è alle stelle, creano un cocktail con le alte temperature che può addirittura incrementare il rischio d’infarto. Pensate che ci sono studi che dimostrano come basta che la temperatura salga di 1 solo grado perché si verifichi un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari, ed altre ricerche che indicano una crescita parallela tra incremento dei valori termici e crescita di ictus e malattie coronariche.

Non solo. Ci sono state ricerche che mostrano come durante le ondate di calore crescano i pericoli di mortalità per patologie di cuore ed arterie e questo salirebbe in base alla crescita delle temperature. Insomma, bisogna fare attenzione. Soprattutto se si è a rischio.

Quali sono i disturbi circolatori da grande caldo

La stanchezza la fa da padrona. Muoversi sembra un’impresa. e non c’è da stupirsi. Se fa molto caldo e l’umidità è alle stelle, il sistema di regolazione della temperatura corporea può funzionare male e quindi si rischia la classica disidratazione se non si compensa a dovere la situazione. E con essa la perdita copiosa di liquidi e sali minerali. Per questo si possono registrare problemi collegati all’ipotensione, con comparsa di vertigini, palpitazioni, senso di mancamento, necessità di sdraiarsi.

Per questo non bisogna dimenticare che i liquidi e i sali minerali sono basilari. Altrimenti rischiamo di veder comparire i segni della sofferenza. Arrivano mal di testa, vertigini che insorgono soprattutto quando ci si alza in piedi, sentirsi ‘rallentati’ o molto stanchi, bocca secca. Questi problemi, va detto, sono particolarmente rilevanti per chi deve fare i conti con ipertensione, scompenso cardiaco, aritmie, aterosclerosi.
Ma tutte le persone sono potenzialmente a rischio. Ed occorre attenzione, anche per evitare condizioni che possono mettere in pericolo il sistema circolatorio ed aumentare i rischi di infarti ed ictus, visto che cuore e vasi risentono dell’umidità alle stelle con temperature estreme.

Siamo animali omeotermi

Siamo abitudinari. Anche sul fronte della fisiologia. E non possiamo alterare troppo la temperatura che ci mantiene nel benessere. può modificare, e quindi dobbiamo fare in modo di mantenerci sempre in un range preordinato dalla natura stessa. L’uomo infatti è un animale omeotermo, cioè ha un organismo che deve mantenere una temperatura media intorno ai 37 gradi: le variazioni possono essere minime, perché il nostro organismo ha nel tempo “ottimizzato” il suo termostato naturale, ovvero il sistema di controllo termico. L’obiettivo, in chiave evoluzionistica, è fare in modo che le parti principali del corpo come cervello, cuore e reni vengano preservate dagli sbalzi termici, in particolare legati al grande caldo.
Pensate che alcune aree cerebrali non possono sostenere una temperatura superiore ai 42 gradi, pena il rischio di danno irreversibili ai neuroni. Quando fa caldo, specie se l’umidità è troppo elevata, i sistemi di controllo possono lavorare male. E i rischi crescono. Soprattutto per le persone che già hanno problemi o comunque non dispongono di meccanismi di regolazione della temperatura corporea funzionanti al meglio, come può accadere soprattutto negli anziani e nei bambini o in chi magari ha la tiroide che non lavora come dovrebbe.

Così scende la pressione

Caldo e umido. E’ questa la percezione climatica che abbiamo in questi giorni di grande calura. Quando questi due elementi si associano il corpo reagisce. E l’apparato circolatorio è in prima linea. In primo luogo inducendo una vasodilatazione, ovvero un allargamento del calibro dei vasi sanguigni arteriosi. Questa reazione si verifica soprattutto in alcuni momenti della giornata, ad esempio dopo che si è mangiato con il sangue che viene “rubato” dall’apparato digerente e quindi può essere insufficiente per cervello e cuore.

Ovviamente, uno sforzo fisico accentua i rischi. Ma cosa accade? Se salgono temperatura e umidità il corpo ha la necessità di disperdere il calore, ben oltre la riposta classica della sudorazione. E lo fa con la vasodilatazione, ovvero con le arterie che “aumentano” il calibro. Questa condizione si può quindi associare ad un calo della pressione arteriosa e ad un aumento della frequenza cardiaca, quindi alla tachicardia, anche nelle persone perfettamente sane pur se ovviamente in chi ha già problemi cardiovascolari i rischi sono maggiori. Alla fine, insomma, il caldo fa lavorare di più il cuore, provoca sudorazione e perdita di liquidi, esponendo così al rischio di disidratazione.

Occhio agli sbalzi di temperatura

Un sogno, l’aria condizionata. Ma la climatizzazione ambientale, sia essa dell’ufficio piuttosto che domestica o dell’auto, va gestita con intelligenza. Perché le brusche variazioni termiche possono essere una vera e propria sfida per i meccanismi d’adattamento del sistema circolatorio: il passaggio repentino dalla temperatura esterna elevata a livelli termici ben più ridotti, ad esempio per i sistemi di condizionamento in ambienti chiusi, può comportare la necessità per l’organismo di reagire immediatamente, creando uno “stress” termico che si può ripercuotere anche sul cuore.

Occorre fare attenzione anche e soprattutto se si eccede con l’attività fisica, magari richiedendo prestazioni eccessive al corpo: lo sforzo in un clima caldo-umido può accelerare il processo di disidratazione, per cui è fondamentale bere ed assicurarsi i sali minerali necessari e soprattutto bisogna evitare le ore centrali della giornata per fare attività fisica intensa.

Tra i moniti, un consiglio anche per i buongustai: anche a tavola non bisogna esagerare” evitando di puntare su caffè e alcolici per reintegrare liquidi perché possono aumentare la disidratazione. Meglio minestre fredde, insalate e frutta, meglio se in pasti leggeri.

L’inquinamento aumenta i rischi

Come se non bastasse il grande caldo, anche gli inquinanti atmosferici incidono negativamente sul cuore moltiplicando i rischi. Basti pensare che l’esposizione al particolato può indurre un danno vascolare diretto attraverso un aumento dei processi ossidativi delle cellule della parete arteriosa, e favorisce l’infiammazione.

Cosa accade poi? Sostanzialmente le arterie provano a difendersi, ma non si tratta di un fattore positivo. I meccanismi di difesa portano alla produzione di radicali liberi, con l’infiammazione che tende a favorire la coagulazione del sangue. Quindi, specie se questo è molto denso, si rischia di più lo sviluppo di aterosclerosi con il rischio che una placca su un’arteria diventi instabile e si rompa. Se accade su una coronaria, questo può far salite il rischio d’infarto.

Inoltre in questa stagione bisogna fare i conti con l’ozono. Chi ha il cuore e l’apparato circolatorio non particolarmente sani o soffre di patologie croniche può quindi veder crescere i problemi, perché la respirazione non è ottimale, specie se si fanno sforzi fisici intensi.

Cosa fare se si soffre di cuore

Attenzione. Ci vuole molta attenzione per ricordarsi sempre di combattere la disidratazione. Bisogna sempre offrire al corpo sali e liquidi, per compensare le perdite. Sia che si sia in cura, sia che ci si senta bene. A prescindere dalle terapie a cui si è sottoposti, chiunque deve assumere adeguate quantità di elettroliti. Un’alimentazione a base di frutti e verdure che contengano potassio, calcio, magnesio è fondamentale per fornire all’organismo gli ioni necessari per la salute dell’apparato cardiovascolare.

Tra le persone in trattamento farmacologico, due categorie meritano particolare attenzione. In primo luogo deve fare attenzione chi prende farmaci anti-ipertensivi: rispettando l’aderenza alle prescrizioni del medico e consultandolo specificamente, è possibile applicare degli aggiustamenti posologici, riducendo il dosaggio e, in alcuni casi, se i valori pressori sono troppo bassi, interrompendo saltuariamente ed in modo controllato la somministrazione. Queste variazioni sono sempre da concordare con il medico ed implicano automaticamente la necessità di misurare la pressione più frequentemente.
La seconda categoria di pazienti che richiedono maggiore attenzione sono coloro che fanno uso di diuretici. A causa della perdita di liquidi e di sali dovuta alla sudorazione, molto frequente nei soggetti con ipertensione e scompenso cardiaco, si rischia di incorrere in disidratazione e perdita di elettroliti, rendendo opportuna una rimodulazione della terapia con i diuretici o comunque una supplementazione idro-elettrica.

Infine, ricordate che in montagna si può determinare una riduzione dell’ossigenazione del sangue. Un’eventuale vacanza montana deve essere affrontata con parametri che garantiscano delle precauzioni. Occorre arrivare a un’altitudine di non oltre 1000-1200 metri e salire in progressione, con una sosta di qualche ora ogni 500-600 metri. E se il cuore non lavora al meglio conviene evitare l’attività fisica intensa nei primi giorni per permettere al sistema che produce e regola le cellule del sangue (compresi ovviamente i globuli rossi e l’emoglobina che contengono, trasportatrice dell’ossigeno) oltre che a quello circolatorio di adattarsi all’altitudine.