Mancano centinaia di farmaci, quali medicine non si trovano: i motivi

Anche in Italia è emergenza assenza farmaci. Ne mancano 300, circa, ed ecco i motivi di tali difficoltà

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

In numerosi Paesi d’Europa si registra una notevole mancanza di farmaci. Si parla principalmente di antibiotici e medicine cardiovascolari e respiratorie. Carenze si registrano, però, anche sul fronte delle medicine per il diabete e quelle antitumorali (alcune).

L’allarme giunge dal Pgeu, ovvero dal gruppo farmacisti d’Europa. Guardando al 2023, si descrive una situazione peggiorata rispetto al recente passato. Si segnalano gravi problematiche nel 15% del Paesi dell’Ue, con 500-600 farmaci mancanti. Nel 27% dei casi, invece, la quota supera i 600 prodotti. Una problematica di cui non si parla. Non c’è un dibattito in corso a riguardo, nonostante si tratti di una questione molto gravosa per milioni di cittadini. L’Italia non fa eccezione in questo elenco. Sono circa 300 i farmaci presenti ma in scorte ridotte. Carenze che hanno un peso evidente per i soggetti a rischio.

Perché mancano i farmaci

Il Pgeu, ovvero il gruppo farmacisti d’Europa, ha realizzato un rapporto completo sulla situazione forniture farmaceutiche nel vecchio continente. Una situazione peggiorata rispetto al passato nel 65% dei Paesi. Una condizione che mina l’intero sistema e getta ombre sulla fiducia che il pubblico ha nei propri farmacisti.

L’Aifa propone un elenco aggiornato settimanalmente. Ciò evidenzia la carenza delle terapie. Una situazione ormai regolarizzata e non più dipendente in maniera diretta dalla pandemia di Covid-19.

Viene da chiedersi come sia possibile tutto ciò, a fronte di numeri convincenti per quanto riguarda il mercato farmaceutico. Quest’ultimo è infatti cresciuto di circa un terzo negli ultimi 10 anni. Al tempo stesso, però, il meccanismo di rifornimento si è inceppato in più punti.

L’Oms evidenzia come da settembre 2021 “il numero di molecole segnalate in carenza in due o più Paesi è aumentato del 101%. Ciò rappresenta una forza trainante per i farmaci contraffatti o di qualità inferiore agli standard. Esiste il rischio che molte persone cerchino di procurarsi i farmaci con mezzi non ufficiali come internet”.

Il Covid continua a essere una causa, anche se ormai non più cruciale. Il boom di richieste ha infatti avuto un impatto netto sull’industria. Al tempo stesso si fa fatica a reperire le materie prime in arrivo da Cina e India. A ciò però si aggiunge una motivazione spregevole e totalmente aziendalista: i prezzi di alcuni farmaci, soprattutto antibiotici, è fin troppo basso e non risulta attrattivo per le aziende.

Qual è la situazione in Italia

Come detto, l’Italia non è esente da tale situazione. Sono circa 300 le carenze di farmaci reali nel nostro Paese. Di questi, 30 sono quelli la cui mancanza rappresenta una grave criticità. L’attenzione è rivolta ad esempio ad antibiotici, alcuni antitumorali, antidiabetici e farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale.

Luce è stata gettata sul tema delicato anche da Fedez, la cui denuncia ha riguardato gli enzimi pancreatici. Toni smorzati da Marcello Cattani, presidente di Farmaindustria, che è l’associazione delle aziende farmaceutiche.

“Non siamo in una situazione di allarme. Ci sono situazioni puntiformi che possono riguardare singoli prodotti ma non esiste un problema di carenze di farmaci in Italia. Di fondo pare trattarsi di un problema meramente economico. Il nostro Paese sarebbe maggiormente esposto perché i prezzi dei farmaci risultano tra i più bassi d’Europa.

“Esiste l’eventualità che i farmaci vadano in Paesi che pagano di più, o che qualcuno venga a comprare farmaci in Italia perché costano meno”. Come se non bastasse, non si riesce a sfruttare in maniera adeguata la produzione di principi attivi. L’Italia è il primo produttore in Europa in tal senso, ma il 97% è destinato all’esportazione. Per assurdo, dunque, gli stabilimenti nostrano dipendono da quanto giunge da altri Paesi.