Manovra, per i decreti attuativi 3,6 miliardi, ma 53 su 55 sono fermi: ecco quali

Dalla Zes unica all'alluvione in Emilia Romaga e Toscana, fino ai provvedimenti per le persone disabili, i decreti attuativi che fermano la manovra 2024

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Redazione

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Nonostante il Governo Meloni abbia fatto attenzione a ridurre al minimo i decreti attuativi necessari ad attuare la manovra finanziaria del 2024, sono ancora 53 sui 55 previsti quelli che devono essere emanati. Ad essi sono legati circa 3,6 miliardi in interventi sull’economia, di diverso tipo.

Da chiarimenti sulla Zona economica speciale all’esclusione dall’Isee dei buoni del tesoro, fino all’installazione delle colonnine di emergenza, ecco tutti i provvedimenti che richiedono un ulteriore passaggio per essere messi in pratica.

Quali decreti attuativi mancano per attuare la manovra 2024

La manovra finanziaria del 2024 è ancora parzialmente ferma. Approvata alla fine del 2023, la legge che determina quanti soldi verranno spesi dallo Stato nel 2024 e come è per l’88% avviata. Dei 29,5 miliardi stanziati, 25,9 sono legati a misure cosiddette auto-applicative. Questo significa che entrano effettivamente in vigore una volta che la legge è stata approvata.

Una tecnica deliberata del Governo Meloni per evitare che una parte significativa della propria finanziaria finisse per essere rallentata dai decreti attuativi. Questi atti legislativi secondari sono spesso un problema per i ministeri ma sono necessari per specificare chi ha diritto a ricevere i fondi. La manovra del 2023, la prima del Governo in carica, ne aveva 116 e a inizio marzo, esattamente un anno fa, doveva attuarne ancora 107. Ad oggi sono ancora 31 i decreti della legge di bilancio 2023 che non sono ancora stati approvati.

Proprio per evitare questo problema, la manovra 2024 doveva passare soltanto per 55 decreti attuativi per essere completamente approvata. Dopo più di due mesi però, ne sono entrati in vigore soltanto 2 (uno istituisce la cabina di coordinamento per la riduzione della vulnerabilità sismica, l’altro stanzia i fondi per il Giubileo 2025). In percentuale un risultato anche peggiore dell’anno precedente. Se nel 2023 a marzo era stato approvato il 7,5% dei decreti della manovra, oggi sono soltanto il 3,3%.

L’applicazione dei decreti attuativi per il 2024 vale circa 3,6 miliardi di euro in interventi sull’economia del Paese, e tra questi ve ne sono alcuni anche molto importanti. Il primo è un chiarimento necessario sulla modalità per accedere al credito d’imposta nella Zona Economica Speciale unica. La nuova Zes, che comprende tutti i comuni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania Molise Puglia, Sicilia e Sardegna, è una riforma importante che unisce tutte le entità precedenti. Senza un decreto attuativo però, per gli investitori è difficile capire quando e se potranno ottenere il credito di imposta per gli investimenti nelle aree interessate.

Incerta anche la situazione di molte famiglie italiane riguardo al calcolo dell’Isee. La certificazione, utile per accedere a molteplici servizi e bonus che lo Stato mette a disposizione, dovrebbe vedere grazie alla manovra del 2024 esclusi i titoli di stato dal calcolo. Anche in questo caso però manca un decreto attuativo che metta in pratica questa legge. Di conseguenza persone che avrebbero diritto per legge a determinate agevolazioni non possono in realtà accedervi a causa di questo ritardo.

Tra i decreti mancanti anche quello per l’adozione del Piano Mattei per l’Africa, quello per la ripartizione del fondo per il rinnovo della “Carta Dedicata a te“, quello per lo stanziamento dei fondi per le colonnine per le chiamate di emergenza alle forze di polizia, quello per l’utilizzo del Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità, quello per la nomina del commissario straordinario per la linea ferroviaria adriatica e il suo potenziamento e quello sulle modalità di fruizione del credito d’imposta, stabilite in caso di accesso ai finanziamenti agevolati alle regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche che riguarda le alluvioni che hanno colpito queste regioni.

Perché è così difficile approvare i decreti attuativi

Il problema dei decreti attuativi non è nuovo né è unico del governo in carica. Una relazione di Openpolis risalente ad aprile faceva il conto dei decreti attuativi mancanti. Secondo gli ultimi dati disponibili erano allora ancora 521. L’impatto sull’economia era di 17 miliardi di euro, già stanziati dallo Stato e quindi messi a bilancio ma che non potevano in nessun modo essere erogati alla popolazione  o alle aziende che ne avrebbero dovuto beneficiare.

Secondo il sito del dipartimento per il programma di governo, i decreti attuativi adottati dal governo Meloni son 237, ma quelli non adottati sono 336. A questi vanno ad aggiungersi i 119 mancanti dal governo Draghi, i 42 del governo Conte II e i 12 del governo Conte I. In totale son quindi 514, solo 7 in meno di quelli che dovevano essere ancora approvati 11 mesi fa. È evidente che i ministeri, che si occupano della maggior parte di questi decreti, non riescono al contempo a tenere il passo delle nuove leggi approvate e a smaltire gli arretrati.

Esistono molteplici ragioni per cui questo tipo di provvedimenti ha questa tendenza ad accumularsi. Per prima cosa c’è il funzionamento della politica italiana negli ultimi anni. I governi tendono sempre più spesso a vare affidamento, specialmente per leggi che prevedono una spesa, sui decreti d’urgenza. Si tratta di strumenti legislativi approvati immediatamente dal Consiglio dei ministri ma che decadono in 60 giorni se non vengono approvati dal Parlamento.

Il Governo Meloni ha il record di utilizzo dei decreti legge relativo al numero di giorni in cui è rimasto in carica. Questi provvedimenti richiedono però spesso dei decreti attuativi per stabilire con precisione a chi debbano andare i fondi stanziati. Più ne vengono approvati, più burocrazia si accumula negli uffici dei ministeri e più diventa difficile recuperare gli arretrati. Un circolo vizioso alimentato anche dal fatto che spesso i ministri si interessano meno dei decreti una volta che sono stati approvati, concentrandosi su quanto è più discusso dall’opinione pubblica.

Altro elemento politico che rallenta l’approvazione dei decreti attuativi è la breve vita dei governi italiani. Anche se negli ultimi anni la media è passata da un anno a 20 mesi, il continuo cambiamento di personale ai ministeri rende macchinoso il passaggio di consegne. Inoltre spesso un nuovo esecutivo ha priorità diverse da quello precedente e di conseguenza tende a interessarsi di più delle leggi approvate sotto il proprio mandato che non degli arretrati.

Si passa poi al problema burocratico. Un decreto attuativo è un provvedimento complesso e con conseguenze cruciali sull’approvazione di una legge. È quindi opportuno che l’ufficio dei ministeri responsabili si prenda il tempo necessario per elaborarli nella maniera corretta. Inoltre le conseguenze per i ritardi nelle approvazioni sugli uffici stessi sono minime, per cui non c’è nessun incentivo a velocizzare il lavoro.