Fisco, il Cdm approva i nuovi decreti: cambia l’Irpef, si passa a 3 scaglioni

Quattro decreti attuativi promettono una "rivoluzione fiscale che l'Italia aspetta da oltre 50 anni". Cosa cambia col passaggio dell'Irpef da 4 a 3 scaglioni

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Oltre al “maxi contenitore” del Decreto Milleproroghe e al provvedimento ad hoc dedicato al Superbonus, nella serata di giovedì 28 dicembre il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente anche altri quattro decreti legislativi attuativi della Delega fiscale. Si tratta di testi che hanno l’obiettivo dichiarato di migliorare e semplificare il sistema fiscale, compiendo un primo passo per proteggere soprattutto i redditi medio-bassi.

Fonti di Palazzo Chigi affermano che l’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni “chiude il 2023 rispettando tutti gli obiettivi che si era prefissato. Nel 2024 verrà completata la rivoluzione fiscale che l’Italia aspetta da più di 50 anni“.

Delega fiscale, i 4 decreti approvati dal Cdm

Il 2023 “si chiude con un bilancio più che positivo per quel che riguarda il processo di attuazione della riforma fiscale”, ha dichiarato entusiasta il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo. Viene semplificato il quadro relativo alle aliquote Irpef, “con un maggiore risparmio fiscale per le fasce di reddito medio-basse, più esposte ai continui mutamenti del quadro economico-finanziario internazionale”. I quattro ambiti sui quali si intervenuti sono:

  • adempimento collaborativo;
  • contenzioso tributario;
  • statuto del contribuente;
  • il primo modulo della riforma Irpef, che riduce gli scaglioni da 4 a 3.

Il testo interviene dunque anche sulla cooperative compliance, e cioè il tutoraggio per le grandi imprese le cui soglie di accesso scenderanno gradualmente fino ad arrivare a 100 milioni di euro. Prevista inoltre la possibilità di un coinvolgimento anche per i consulenti del lavoro. Viene poi modificato lo Statuto del contribuente con l’obbligo di motivazione rafforzata se il Fisco non accoglie le osservazioni difensive. Non solo: viene introdotta l’estensione del perimetro dell’autotutela obbligatoria anche all’errore sul presupposto d’imposta, alla considerazione di pagamenti d’imposta regolarmente eseguiti e alla documentazione successivamente sanata. Il tutto entro i termini eventualmente stabiliti, a pena di decadenza (di Irpef e riforma fiscale avevamo parlato anche qui).

Come cambia l’Irpef nel 2024

Il testo che “rivoluziona” l’Irpef è sostanzialmente uguale a quello approvato in esame preliminare. Si passa a tre scaglioni di reddito dagli attuali quattro, con l’accorpamento dei primi due in un unico blocco fino a 28mila euro sul quale si applica l’aliquota al 23%. Tra i 28mila e i 50mila euro resta invece l’aliquota del 35%, mentre sopra i 50mila euro viene confermata l’aliquota del 43%.

Bisogna però specificare che, per la fascia di reddito tra 30mila e 50mila euro, l’impatto della “rivoluzione dell’Irpef” si materializzerà con un risparmio fiscale su base annua di 260 euro (circa 21,7 euro al mese, calcolato su 12 mensilità). Per i redditi sopra i 50mila euro, invece, il beneficio derivante dalla revisione delle aliquote viene neutralizzato prevedendo una franchigia di 260 euro sulle detrazioni al 19%, escluse quelle relative alle spese sanitarie.

Le donazioni ai partiti non saranno più detraibili

Dal 2024 non si potranno infine più portare in detrazione al 19% le donazioni ai partiti politici. Le donazioni ai partiti restano dunque tra le voci non detraibili, mentre “si salvano” quelle per le Onlus e gli enti del terzo settore.

Sale la detrazione per lavoro dipendente

Nel 2024 viene infine innalzata la soglia di detrazione per lavoro dipendente, che passa da 1.880 a 1.955 euro. Il Cdm ha allineato la “no tax area” a 8.500 euro, come per i titolari di reddito di pensione. Da qui il conseguente ricalcolo del trattamento integrativo per i redditi fino a 28mila euro (l’ex bonus Renzi), al fine di scongiurare che l’innalzamento della no tax area determini la perdita del beneficio.

Per quanto riguarda le imprese, dal 2024 non sarà più disponibile il bonus aumenti di capitale (Ace). Viene tuttavia introdotta una maxi deduzione per i neoassunti (120% o 130% in caso di lavoratori svantaggiati).