Fermo pesca nel Tirreno, ripresa nell’Adriatico: quale pesce di stagione comprare, quale evitare

Fermo biologico nel Tirreno e nello Ionio: quali pesci comprare e quali evitare ad ottobre. Guida all'acquisto del pesce di stagione per rispettare il mare e preferire il pescato locale

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Dal 1° ottobre è scattato il fermo biologico nel Tirreno, nello Ionio e nelle isole e per un mese, cioè fino al 30 ottobre 2025, le imbarcazioni dedite alla pesca a strascico resteranno ormeggiate. È una misura necessaria, spiegano gli esperti di Coldiretti Pesca, per consentire il ripopolamento degli stock ittici e garantire la sostenibilità a lungo termine dei nostri mari.

E mentre nel Tirreno le reti si fermano, nell’Adriatico le marinerie sono tornate al lavoro dopo la pausa estiva. L’impatto di questo stop non riguarda solo i pescatori, ma anche i consumatori. Quindi, quale pesce di stagione comprare e quale evitare in questo periodo?

La stagionalità come bussola del consumatore: cosa comprare e cosa evitare ora

Proprio come per frutta e verdura, anche il pesce ha la sua stagionalità. Conoscere quali specie sono “di stagione” aiuta non solo a comprare meglio, ma anche a rispettare i cicli naturali del mare. In questo periodo autunnale, i nostri mari offrono una grande varietà di pesce azzurro e di specie locali che garantiscono freschezza, gusto e sostenibilità.

Tra le specie da comprare nel mese di ottobre, gli esperti consigliano:

  • alici e sarde;
  • sgombri e sugarelli;
  • ricciole e cefali;
  • triglie di fango e di scoglio;
  • gallinelle e scorfani;
  • seppie, calamari e polpi.

Da evitare, invece, specie come merluzzi, naselli, sogliole e rombi che sono meno presenti nei nostri mari in questo periodo e arrivano più facilmente dall’estero. Acquistarli ora significa, nella maggior parte dei casi, scegliere prodotti importati o congelati.

L’Italia, che importa troppo pesce

Negli ultimi quarant’anni, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni è cresciuta dal 30 al 90% dei consumi complessivi. Nel 2024 sono arrivati nel nostro Paese circa 840 milioni di chili di pesce straniero, a fronte di una produzione nazionale di appena 130 milioni di chili.

Oggi, la maggior parte del pesce venduto nei supermercati e nei ristoranti proviene da acque lontane, dal Nord Atlantico, dall’Oceano Indiano o dal Pacifico, e spesso arriva già congelato o lavorato, perdendo gran parte della freschezza e del valore nutrizionale che caratterizzano il pescato locale.

Per Coldiretti Pesca, il primo passo per invertire questa tendenza è imparare a leggere le etichette. Troppo spesso, infatti, dietro sigle come “FAO 37” si nasconde un generico riferimento al Mar Mediterraneo, senza che venga indicato il reale luogo di cattura. Meglio preferire prodotti che riportano chiaramente la dicitura “Italia” o che provengono da aree FAO 37.1 (Mar Ligure e Tirreno), 37.2 (Mar Adriatico) e 37.3 (Mar Ionio), corrispondenti ai nostri mari.

Perché scatta il fermo pesca

Il fermo pesca serve a permettere alle specie più sfruttate di riprodursi, limitando la pressione su ecosistemi sempre più fragili. Nel Tirreno, come nello Ionio, la sospensione riguarda il sistema della pesca a strascico, una delle tecniche più impattanti ma anche più produttive.

Durante questo mese il pescato nazionale non scompare dalle tavole, grazie al lavoro della piccola pesca costiera, delle draghe, dell’acquacoltura e delle aree non soggette a blocco. Tuttavia, la disponibilità di alcune specie varia sensibilmente e questo influisce sia sui prezzi che sulle abitudini di consumo.

Il fermo, infatti, non deve essere visto come un ostacolo ma come un’occasione per riscoprire il pesce locale e le specie meno conosciute, spesso più economiche e sostenibili.