Con decreto firmato il 3 ottobre 2025, è stata ufficializzata la proroga dell’entrata in vigore della disposizione che imponeva agli operatori della filiera olivicola, in particolare ai commercianti, l’obbligo di consegnare le olive raccolte ai frantoi entro 6 ore dall’acquisto. La nuova data stabilita è il 1° luglio 2026.
Cosa cambia con il decreto salva-olive
Questo slittamento, annunciato dal Ministero dell’Agricoltura, è stato motivato dalla necessità di dare tempo al comparto olivicolo per adeguarsi a un regime normativo che, nella versione originaria, si sarebbe rivelato troppo rigido e di difficile applicazione nelle realtà operative del Paese.
L’obiettivo però rimane lo stesso, ovvero rafforzare la trasparenza, la tracciabilità e la tutela della qualità dell’olio italiano, contrastando fenomeni di frode. Con il decreto salva olive si intende ancora chiudere spazi opachi nel mercato, impedendo scambi intermedi non documentati o sospetti e garantendo che l’olio prodotto derivi realmente da olive adeguatamente tracciate. Tuttavia, il limite delle sei ore per il passaggio (da raccolto a prodotto) viene rimandato al 2026.
Le ragioni del rinvio: criticità operative e logistiche
Nel corso dei mesi successivi all’annuncio del decreto, infatti, diverse realtà della filiera hanno manifestato le loro preoccupazioni, in particolare riguardo alla rigidità del termine di 6 ore, che secondo molti rischiava di generare conseguenze negative più che benefici pratici.
Per esempio, bisogna considerare le distanze tra zone olivicole e frantoi. In regioni come il Sud Italia, con vaste aree olivicole lontane dagli impianti di frangitura, spostare le olive entro 6 ore può risultare logisticamente impossibile. Anche all’interno di regioni più compatte, i tempi di viaggio (inclusi carico, scarico, traffico e obblighi normativi degli autisti) potrebbero superare senza difficoltà la soglia massima imposta.
Inoltre, diversi frantoi non si trovano nei principali bacini olivicoli e alcuni produttori potrebbero essere costretti a consegnare a impianti vicini, escludendo frantoi più distanti ma magari più specializzati o con migliori condizioni di lavorazione. Un’altra critica rilevata è relativa al fatto che l’obbligo ricade solo sui commercianti di olive. E questo, secondo molti osservatori, creerebbe situazioni di concorrenza sleale.
La reazione delle associazioni e organizzazioni di categoria
Per questo motivo, le associazioni di categoria dei frantoi, come AIFO (Associazione Italiana Frantoi Oleari), si sono dette soddisfatte per il rinvio, giudicandolo un segnale che il dialogo e la valutazione tecnica possono correggere scelte legislative altrimenti vincolanti. Anche organizzazioni come Confagricoltura hanno accolto positivamente la decisione, mettendo in evidenza che le criticità sollevate (difficoltà logistiche, zone periferiche, trasporti) erano fondate e che il rinvio è un segnale di attenzione verso le imprese agricole.
In parallelo, si è chiesto che la norma venga rivista nel merito, con possibili deroghe per trasporti oltre certi chilometri, esoneri per cooperative, estensione del regime alle organizzazioni di produttori, chiarimenti sulle sanzioni e sul funzionamento operativo.
Con il decreto del 3 ottobre 2025 che rinvia l’entrata in vigore al 1° luglio 2026 dell’obbligo delle sei ore, la filiera olivicola acquisisce tempo prezioso per strutturarsi, dialogare e definire modifiche condivise. Ma il confronto non sarà semplice, e alcune questioni chiave resteranno sul tavolo. Uno degli scenari più probabili è che, entro la data di attuazione, sia fissato un termine maggiore delle 6 ore, magari con differenziazioni a seconda della distanza, della zona geografica o della tipologia di operatore. Le associazioni agricole hanno già dichiarato disponibilità al confronto tecnico su questo punto.