Allarme plastica compostabile, il 60% non si decompone

Secondo lo University College di Londra, la plastica certificata come compostabile non è fatta per essere smaltita nei sistemi di compostaggio domestico

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

La plastica certificata come compostabile non è fatta per essere smaltita nei sistemi di compostaggio domestico: il 60% non si scompone davvero e finisce quindi per inquinare orti e giardini dove viene inconsapevolmente smaltita. Questo è quanto è emerso da uno studio della University College di Londra, pubblicato sulla rivista Frontiers in Sustainability, che ha coinvolto alcuni cittadini inglesi in una ricerca sullo smaltimento della plastica.

Lo studio

Lo studio, guidato dalla ricercatrice Danielle Purkiss, ha coinvolto 9.701 cittadini britannici per indagare il loro grado di conoscenza relativo alla plastica compostabile e al suo corretto smaltimento. Di questi, 1.648 cittadini hanno smaltito la bioplastica nella compostiera domestica, per testare le prestazioni ambientali di questo materiale. Dai risultati emerge che il pubblico è confuso sul significato delle etichette che riportano le diciture: compostabile e biodegradabile. Spesso risultano fuorvianti, portando ad un errato smaltimento dei rifiuti. Dai dati raccolti è emerso inoltre che il 14% degli imballaggi in bioplastica preso in esame era certificato solo come “compostabile industriale”, mentre il 46% non aveva la certificazione compostabile.

Secondo lo studio, a causa di questi motivi, nel Regno Unito, il compostaggio domestico degli imballaggi biodegradabili o compostabili non è considerato un metodo di trattamento dei rifiuti efficace o in grado di portare vantaggi per l’ambiente.

Il trattamento della plastica compostabile e biodegradabile

Anche se lo smaltimento dei rifiuti di plastica compostabile e biodegradabile è regolamentata da processi di gestione dei rifiuti organici industriali, nel Regno Unito, è rara la presenza di sistemi di raccolta e compostaggio industriale per questo materiale, spiega lo studio. Le plastiche compostabili e biodegradabili non possono essere eliminate nella maggior parte dei sistemi di gestione anaerobica (AD) e dei sistemi di riciclaggio (WRAP, 2020). Quindi il loro destino è appunto o la discarica o l’inceneritore.

Lo smaltimento degli imballaggi compostabili nelle discariche non è vantaggioso per l’ambiente, precisa lo studio. Tuttavia, in alcuni casi in cui i processi di incenerimento può utilizzare l’energia proveniente dal recupero dei rifiuti, l’incenerimento degli imballaggi compostabili può però offrire alcuni vantaggi in termini di riduzione delle emissioni complessive.

Quando un materiale si definisce compostabile

Compostabile significa che un materiale può essere trasformato in compost, una sostanza che arricchisce il terreno. Secondo la normativa europea, perché un prodotto possa avere la dicitura “compostabile” deve essere biodegradabile in 3 mesi e deve passare i test di ecotossicità, provando così che non causerà danni all’ambiente. Un esempio di compost sono gli scarti di potature, gli avanzi di frutta e verdura.

La differenza tra biodegradabile e compostabile

La differenza principale tra biodegradabile e compostabile è che il compostabile deve essere anche biodegradabile, ma un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile. Ciò significa che il compostabile può degradarsi facilmente e completamente in un ciclo di compostaggio, mentre il biodegradabile può solo degradarsi. Inoltre, il compostabile può essere convertito in compost, che è una sostanza nutritiva per la terra, mentre il biodegradabile può solo degradarsi in sali minerali e altri elementi semplici. Per riassumere, se un materiale plastico presenta la dicitura “biodegradabile” non significa che sia compostabile e andrà quindi smaltito nel bidone della plastica. Se presenta invece la dicitura “compostabile” potrà essere buttato nel bidone dell’umido.

Bioplastica e bioplastica compostabile

Spiegate le differenze tra biodegradabile e compostabile, passiamo ora ad illustrare i diversi tipi di bioplastica.

  • Bioplastiche tradizionali: questo tipo di plastica deve essere considerato come se fosse di origine fossile, quindi un polietilene di origine bio andrà considerato esattamente come un polietilene di origine fossile, andrà quindi raccolto insieme alle altre plastiche per essere poi destinato al processo di riciclo esattamente come tutti gli altri polietileni
  • Bioplastiche compostabili: questo tipo di plastiche hanno un fine vita diverso che viene gestito dalla norma UNI/EN13432. Questi rifiuti devono essere gettati nel cestino dell’umido in modo tale che possono essere avviate ad un impianto di compostaggio industriale dove, grazie all’opera dei batteri si trasformeranno insieme ai rifiuti ed agli scarti di natura vegetale in preziosissimo compost

La situazione in Italia

Nei mesi scorsi in Italia il tema della plastica compostabile ha acceso un grande dibattito tra Greenpeace Italia da una parte e Assobioplastiche e Biorepack dall’altra.

Tutto è partito da un’indagine di Greenpeace Italia sui prodotti monouso in plastica compostabile (piatti, posate e imballaggi rigidi). Secondo l’indagine, il 63% della frazione organica è inviata in impianti che difficilmente riescono a degradare le plastiche compostabili.

Secondo Assobioplastiche e Biorepack, i principali attori della filiera industriale e del riciclo delle materie plastiche compostabili, l’indagine di Greenpeace era stata “parziale e superficiale”, e sarebbe stato più costruttivo focalizzare lo studio per individuare gli elementi che disturbano i processi di produzione del compost in modo da risolvere le eventualità criticità.