Regimi fiscali e contabili: cosa sono, quali sono in vigore in Italia e quali scegliere

Quale regime contabile è più adatto per chi vuole aprire un’attività propria? Scopriamo pregi e difetti delle opzioni che il fisco ci riserva

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quali sono, ma soprattutto quanti sono, i regimi fiscali e contabili che i titolari di partita Iva possono scegliere? Nel momento in cui si decide di avviare una qualsiasi attività imprenditoriale o professionale, si cerca sempre e comunque di ottenere il massimo risparmio possibile. Per evitare di sperperare delle risorse finanziarie, è sempre opportuno effettuare una corretta pianificazione fiscale: per poterlo fare è necessario ed indispensabile procedere con un’attenta analisi dell’attività che si ha intenzione di avviare.

La prima scelta che il contribuente deve effettuare è relativa alla forma giuridica che ha intenzione di adottare. Il passo successivo è quello di scegliere il regime fiscale che meglio si adatta alle proprie esigenze, oltre alla tipologia di contabilità da adottare.

Quale tipo di regime fiscale scegliere

Partiamo da una premessa: non esiste un regime contabile migliore di un altro. Almeno in assoluto. Nel momento in cui si accingono ad aprire la partita Iva, i contribuenti, comunque vada, non possono scegliere liberamente un qualsiasi regime a loro discrezione.

Volendo dare delle indicazioni pratiche ai nostri lettori, possiamo sottolineare che la scelta di un regime rispetto ad un altro dipende fondamentalmente tra tre fattori diversi:

  • la forma giuridica che si decide di adottare per la propria attività, che può essere esercitata in forma individuale (libero professionista od impresa) o associata (attraverso una società di persone o di capitali o formando una società tra professionisti);
  • il volume di affari che si ipotizza di poter realizzare: stiamo parlando del totale delle operazioni che vengono svolte;
  • la possibilità di accedere a delle agevolazioni, che possono essere legate alla tenuta dei registri contabili e per il calcolo delle imposte.

Queste sono le variabili più importanti sulle quali un contribuente dovrebbe basare le proprie valutazioni ed effettuare le proprie scelte. Ma adesso andiamo a vedere quali sono i regimi fiscali disponibili in Italia.

Regimi fiscali e contabili: come funziona il regime forfettario

Senza dubbio uno dei regimi contabili e fiscali più famosi è il forfettario. Introdotto dalla legge n. 190/2014 e modificato dall’articolo 1, comma 9-11 della Legge 145/2018, il regime forfettario è considerato come un regime naturale, che può essere applicato ai soggetti che sono già in attività. Hanno la possibilità di aderire a questa particolare misura quanti stiano esercitando attività di impresa o di lavoro autonomo. Fino al 31 dicembre 2022 era necessario avere dei ricavi o compensi inferiori a 65.000 euro; mentre dal 1° gennaio 2023 l’importo è lievitato a 85.000 euro.

Non possono accedere al regime forfettario i titolari di partita Iva che, contemporaneamente all’attività professionale, di impresa o di lavoro autonomo, risultino anche essere soci di una società di persone, di un’associazione professionale o di un’impresa familiare. Sono esclusi anche i soggetti che controllino direttamente o indirettamente delle società a responsabilità limitata, associazioni di partecipazione, attraverso le quali vengano svolte delle attività economiche che possano essere ricondotte direttamente o indirettamente a quelle svolte in proprio.

Nel caso in cui un titolare di partita Iva sia in possesso di una partecipazione di controllo in una s.r.l., può aderire al regime forfettario purché provveda a rimuovere la causa ostativa nell’anno precedente rispetto a quello di applicazione del regime (secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, la partecipazione deve essere ceduta l’anno precedente rispetto a quello in cui si ha intenzione di accedere al regime forfettario).

Il regime forfettario prevede un’aliquota al 15% ed alcune semplificazioni fiscali, che possono garantire un risparmio annuale molto consistente.

Sono due le regole per poter accedere al regime forfettario:

  • avere dei ricavi/compensi inferiori a 85.000 euro;
  • le spese sostenute per personale dipendente o per lavoro accessorio: questi costi non possono superare il limite massimo di 20.000 euro.

Come aderire al regime forfettario

Aderire al regime forfettario è molto semplice. Nel momento in cui si apre la partita Iva è necessario effettuare la scelta del proprio regime attraverso il modello AA9/12, che deve essere presentato entro trenta giorni dall’inizio dell’attività.

Nel caso in cui il titolare di partita Iva abbia un’attività già avviata con regime ordinario o semplificato, il passaggio al forfettario è ancora più semplice: non è necessario effettuare nessuna comunicazione né preventiva né successiva. Il regime forfettario è infatti considerato un regime naturale: questo significa che il titolare di partita Iva potrà agire per “fatti concludenti”. Dovrà, molto semplicemente, iniziare a tenere la contabilità ed emettere le fatture secondo le modalità previste per il forfettario.

Regime start up

La Legge di Bilancio 2016, attraverso la quale è stato introdotto il regime forfettario, ha previsto l’applicazione di un’aliquota ridotta pari al 5% per il periodo d’imposta nel quale l’attività ha avuto inizio e per i quattro anni successivi.

I diretti interessati, per poter usufruire di questo particolare regime di vantaggio devono rispettare i seguenti requisiti:

  • nel corso dei tre anni precedenti, non devono aver esercitato un’attività d’impresa, nemmeno in forma associata o familiare;
  • l’attività esercitata non deve costituire – in alcun modo – una semplice e schietta prosecuzione di una qualsiasi attività svolta sotto la forma di lavoro dipendente o autonomo. Da questa regola è escluso il caso in cui il titolare di partita Iva abbia effettuato un periodo di pratica obbligatoria per poter esercitare la professione.

Contabilità semplificata

Ad introdurre la contabilità semplificata è stato l’articolo 18 del DPR n. 600/73: questo particolare regime contabile permette alle imprese individuali, alle società di persone e agli enti non commerciali di ottenere alcune semplificazioni amministrative.

La contabilità semplificata può essere adottata dalle società di persone ed assimilate, che abbiano conseguito dei ricavi non superiori a 400.000 euro nel caso in cui abbiano come oggetto la prestazione di servizi e 800.000 euro quando hanno come oggetto altre attività.

Il regime di contabilità semplificata rappresenta il regime fiscale naturale delle imprese, che non hanno la possibilità di adottare quello forfettario. La determinazione del reddito avviene attraverso un misto cassa/competenza ottenuto dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi e proventi e dalle spese sostenute.

Agli apporti, che abbiamo appena visto, devono essere aggiunti:

  • autoconsumo personale/familiare dell’imprenditore;
  • redditi derivanti dagli immobili patrimonio;
  • plusvalenze e le sopravvenienze attive.

Contestualmente devono essere sottratti:

  • minusvalenze e sopravvenienze passive;
  • quote di ammortamento dei beni materiali ed immateriali, compresi i canoni di leasing ed il maxicanone;
  • perdite di beni strumentali e le perdite su crediti;
  • accantonamenti del TFR;
  • costi del personale e gli oneri di utilità sociale;
  • deduzioni forfetarie spettanti, ad esempio, per gli agenti di commercio, gli esercenti attività alberghiera, gli autotrasportatori ed i distributori di carburante.

Regime ordinario

Senza dubbio la contabilità che deve essere gestita attraverso il regime ordinario è quella più complessa ed articolata. In questo caso l’imprenditore – che può essere una persona fisica od una società – deve predisporre i libri obbligatori previsti dalla legge ed effettuare le registrazioni così come è previsto dagli articoli da 13 a 22 del DPR 600/1973, al cui interno sono contenute le disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi e in materia Iva.

Sono obbligati ad aderire al regime di contabilità ordinaria i soggetti che rientrano in queste categorie:

  • le società e gli enti commerciali, che sono soggetti all’Ires;
  • imprese individuali e società di persone che abbiano conseguito dei ricavi superiori a 400.000 euro se esercitano attività di servizi o 800.000 euro se esercitano altre attività.

I titolari di partita Iva che hanno aderito al regime di contabilità ordinaria sono obbligati alla tenuta di una serie di registri contabili, tra i quali c’è il Libro degli inventari (che costituisce l’inventario vero e proprio).

​​I vari regimi fiscali e contabili sono molto differenti l’uno dall’altro. Ma soprattutto non è possibile affermare che uno sia migliore dell’altro: possono adattarsi meglio alle esigenze di un singolo contribuente. Prima di effettuare una scelta è opportuno ponderare bene e valutare quale sia il più adatto alla propria attività.