Vi sono dei casi in cui la conversione di un contratto di lavoro da tempo determinato a indeterminato è obbligatoria.
Firmare un contratto a tempo indeterminato è un sogno che hanno ancora in molti. Una maggiore stabilità e la sicurezza di poter contare su quell’impiego “per sempre” è quello che spinge i lavoratori ad impegnarsi per ottenere la conversione del proprio contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato appunto.
La maggior parte delle volte è il datore di lavoro a decidere sulle sorti della vita lavorativa del proprio dipendente. In base alle proprie esigenze di produzione, alla sostenibilità economica e agli impegni aziendali, una determinata impresa potrebbe avere maggior interesse nel servirsi di lavoratori a termine piuttosto che avere in pianta stabile un organico (assunto a tempo indeterminato).
Vi sono dei casi, però, in cui la trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato è obbligatoria per legge. Questa eventualità, per esempio, si verifica quando in un contratto a termine manca il DVR, ovvero il Documento di Valutazione dei Rischi.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 21683 del 23 agosto 2019, ha confermato la nullità del termine apposto ai contratti stipulati tra le parti per omessa valutazione datoriale dei rischi. Il contatto di lavoro a termine, in pratica, si trasforma a tempo indeterminato se l’azienda non ha predisposto il DVR per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
La Corte di Cassazione, nell’esprimersi, ha tirato in ballo il Decreto legislativo n. 368 del 2001 dove, all’articolo 3 del testo, viene esplicitamente sancito che “L’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non e’ ammessa da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni”.
I contratti a tempo determinato non possono essere stipulati anche quando il lavoratore viene assunto per:
- sostituire personale in sciopero;
- lavorare presso unita’ produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi e per sostituire lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo diverse disposizioni da accordi sindacali o a meno tale contratto sia stato concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
- essere impiegato presso unita’ produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine.
Qualora un contratto a tempo determinato non rispetti queste condizioni, come per la mancata presenza di un Documento di Valutazione Rischi, lo stesso deve considerarsi non valido.