Scuola, allarme abbandono: mappe concettuali e AR come antidoto

Finisce la scuola e i dati sulla dispersione scolastica sono allarmanti. L'esempio di strumenti e metodi innovativi che favoriscono una formazione efficace

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Finisce anche quest’anno la scuola, e come ogni anno ci troviamo a tracciare qualche bilancio. Purtroppo, diffusamente negativo per gli studenti italiani, tranne qualche importante eccezione. Proviamo a dare qualche numero. Nel Belpaese, gli studenti delle scuole superiori sono 2,7 milioni: di questi, oltre la metà frequenta un liceo (51%), poco meno di un terzo una scuola tecnica (31,7%) e il 17,3% un istituto professionale. Il 29,9% di loro, però, non arriva al diploma.

Il problema grave della dispersione scolastica in Italia

Secondo l’ultimo rapporto Svimez, in Italia 1 studente su 6 lascia la scuola prima della fine dell’obbligo. Il report fotografa un’Italia più “assente” al Sud, dove la dispersione scolastica è maggiore che al Centro-Nord. Per dare un dato, 83mila ragazzi (il 16,6% nel Sud) sono stati bocciati nel 2022 perché non hanno raggiunto la soglia minima delle presenze in classe. La città che detiene il tasso di abbandono più alto con il 10,4% è Napoli.

In una società in cui il livello di istruzione e la formazione continua sono sempre più importante per il mondo del lavoro, e quindi anche per scongiurare il rischio di emarginazione sociale, il contrasto all’abbandono scolastico precoce è e deve essere un obiettivo centrale. Nell’ambito dell’Agenda 2030, l’Unione europea ha fissato un target preciso: i giovani europei tra 18 e 24 anni senza diploma superiore o qualifica professionale dovranno essere meno del 9% del totale.

L’Italia è uno dei Paesi Ue con il tasso di abbandono scolastico tra i più problematici: nel 2021, il nostro è stato il terzo Paese con più abbandoni (12,7%), dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%). In Sicilia, il 21,2% dei residenti tra 18 e 24 anni (1 giovane su 5) ha lasciato la scuola prima del tempo: quasi 10 punti più della media nazionale. Anche altre due grandi regioni del Sud fanno male, collocandosi oltre quota 15%: Puglia (17,6%) e Campania (16,4%). Sono poi 5 le regioni al di sotto della soglia del 9% europeo: Basilicata (8,7%), Friuli-Venezia Giulia (8,6%), Abruzzo (8%), Marche (7,9%) e Molise (7,6%). Altre 3 sono comunque sotto quota 10%: Emilia-Romagna (9,9%), Veneto (9,3%) e Lazio (9,2%).

Per non parlare dei NEET, i ragazzi che né studiano né lavorano, che nel nostro Paese sono oltre 1,6 milioni. Come ha detto Gabriele Ferrieri, presidente di Angi, l’associazione nazionale giovani innovatori, intervenendo a margine del Young Innovators Business Forum di Milano, “bisogna cercare di supportare le future generazioni, mettendole nelle condizioni di poter credere nel proprio futuro e valorizzare il loro percorso di crescita”.

Mentre si discute anche del nuovo ruolo che dovrebbero avere gli insegnanti e di come potrebbe cambiare l’alternanza scuola-lavoro, dovremmo colmare il divario con gli altri Paesi europei e accelerare il percorso di crescita, sia in ottica di Pil ma soprattutto di digitalizzazione dell’intero sistema Paese. Innovazione, digitale e sostenibilità, continua il presidente di Angi, sono i tre elementi chiave su cui fondare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Assolutamente condivisibile, ma non basta.

Cause e rimedi contro l’abbandono scolastico

C’è infatti, dicevamo, una larga fetta di giovani che non può spingersi a formarsi in maniera così “alta”, e che invece può puntare su una formazione più professionalizzante. Ma come, se non riescono a finire la scuola?

Le cause dell’abbandono scolastico sono diverse, ma spesso tra queste, oltre a problemi economici seri, c’è la mancanza di un metodo di studio efficace. Si tratta in non pochi casi di giovani potenzialmente talentuosi, con spiccate capacità pratiche, che a un certo punto, per trovare lavoro, devono necessariamente formarsi.

Uno strumento che viene considerato particolarmente utile per una formazione semplice, veloce ed esaustiva sono le mappe concettuali. Che, però, non sono tutte uguali. Ci sono alcune realtà in Italia che si stanno specializzando proprio nell’uso di questi metodi, e stanno ottenendo ottimi risultati.

L’esempio virtuoso di CEF Publishing e Algor

È ad esempio il caso di CEF Publishing, leader nella formazione professionale a distanza – la cosiddetta FAD – e in procinto di aprire per la prima volta sedi in tutta Italia, i cui corsi di formazione professionale offrono una preparazione su misura per i corsisti, accompagnandoli in un percorso di studi personalizzato.

Qui si sono formati oltre 50mila corsisti, perché il suo metodo è considerato particolarmente efficace. I suoi supporti didattici sono supervisionati da comitati scientifici – nei corsi Beauty ad esempio la supervisione è affidata a Diego Dalla Palma -, i moduli sono calibrati e personalizzati per consolidare lo studio con un apprendimento graduale. In più, integra la didattica con strumenti formativi tecnologicamente avanzati, come lezioni in live streaming, realtà aumentata AR+ e, appunto, mappe concettuali.

Queste mappe sono realizzate in collaborazione con Algor, realtà che ha sviluppato una web app per creare mappe concettuali online con l’aiuto dell’IA. Algor è la prima app che aiuta a sintetizzare i testi e creare mappe concettuali in modo automatico.

“Gli studenti trovano nella loro area personale le mappe concettuali delle principali unità didattiche, possono studiare con queste oppure crearne online da zero a partire da testi e documenti in maniera semplice ed intuitiva. Possono anche personalizzare le proprie mappe nella lavagna multimediale collaborando con amici e colleghi, caricare i documenti e ascoltarli con il supporto della sintesi vocale. Le funzioni si basano su algoritmi innovativi in grado di elaborare i testi in automatico, sviluppati da un team di esperti in Intelligenza Artificiale” spiega a QuiFinanza la Direttrice marketing di CEF, Rosaria Lubrano.

Tutti i vantaggi delle mappe concettuali per studiare

Le mappe mentali forniscono un apprendimento significativo: uno degli aspetti critici di un corretto apprendimento è riuscire a collegare le conoscenze precedenti a quelle nuove. La mappa ci consente proprio di trovare rilevanza tra vari argomenti, ed è una forma di apprendimento più coinvolgente e attiva.

Le mappe mentali utilizzano una struttura bidimensionale, invece del formato elenco convenzionalmente utilizzato per prendere appunti, il che permette di riassumere le informazioni in modo che siano più facili da ricordare. Il nostro cervello non memorizza facilmente informazioni come parole, frasi o paragrafi, mentre invece mantiene strette le informazioni come punti chiave, diagrammi e immagini. Le mappe mentali per lo studio sono utili proprio perché funzionano in modo simile a quelle del nostro cervello.

Grazie a una schematizzazione che sintetizza le informazioni da apprendere e le collega tra loro in modo chiaro e semplice, il metodo delle mappe concettuali consente di matchare informazioni provenienti da diverse fonti, pensare attraverso problemi complessi, presentare le nozioni in modo chiaro, incrementare la propria produttività e stimolare la creatività: insomma, studiare e memorizzazione in modo facile e veloce, anche divertendosi.

Tutto questo dimostra che esistono metodi alternativi per studiare in modo efficace, e che questi stessi strumenti possono concretamente rappresentare un antidoto contro la dispersione scolastica e lo scorso livello di scolarizzazione che tocca i giovani italiani.