Naspi, quando può decadere l’indennità dell’Inps: la sentenza che riscrive le regole

La Cassazione ha tolto l'indennità dell'Inps ad un lavoratore con un lavoro preesistente. Tutti i casi in cui la Naspi può decadere

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La Naspi può decadere in caso di lavoro autonomo preesistente non comunicato. Lo ha affermato una sentenza della Cassazione, dopo che la Corte d’Appello di Palermo aveva accolto la domanda di un lavoratore per ottenere la Naspi, che era stata rifiutata dall’Inps perché non aveva comunicato, entro trenta giorni dalla richiesta, un’attività di lavoro autonomo e il relativo reddito.

Il caso

L’Inps aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte territoriale aveva sbagliato a stabilire che la perdita della Naspi riguardasse solo i casi in cui l’assicurato non avesse comunicato un’attività di lavoro autonomo entro trenta giorni dopo aver ricevuto la prestazione, escludendo le eventuali attività di lavoro autonomo già esistenti al momento della domanda, come nel caso specifico.

La Corte Suprema ha dato ragione all’Istituto, sottolineando che la perdita del diritto alla Naspi si verifica quando non viene comunicata all’Inps la simultaneità tra la percezione dell’indennità di disoccupazione e l’avvio di un’attività lavorativa autonoma che possa generare reddito. È importante notare che non è necessario che tale attività sia iniziata dopo l’inizio della Naspi.

Quando può decadere la Naspi

La Naspi è un’indennità mensile erogata dall’Inps per situazioni di perdita involontaria del lavoro verificatesi a partire dal 1° maggio 2015. Una prestazione che è destinata a coloro che, trovandosi temporaneamente senza lavoro, si trovano privi di reddito. Durante il periodo di percezione dell’indennità, tuttavia, ci sono situazioni che possono portare alla decadenza del diritto alla Naspi.

Per accedere alla Naspi, i requisiti sono di due tipi. Il primo è di natura contributiva e richiede che il richiedente abbia accumulato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio della disoccupazione.

Il secondo requisito è lo stato di disoccupazione, che deve essere mantenuto per tutto il periodo di percezione dell’indennità. Ciò implica l’assenza di un impiego (sia subordinato che autonomo), la dichiarazione di disponibilità immediata al lavoro e l’accettazione di un patto di servizio. quindi durante il periodo di percezione dell’indennità si perde lo stato di disoccupazione e si perde anche il diritto all’indennità stessa.

L’assunzione del soggetto beneficiario comporta poi una serie di conseguenze sul sussidio stesso, diverse a seconda della durata del rapporto e del reddito percepito.

Se il nuovo lavoro porta ad avere un reddito annuo superiore a quello minimo escluso da imposizione fiscale, quindi sopra i 8.174 euro, e la durata del nuovo lavoro è superiore a sei mesi, allora anche in questo caso decade la Naspi. Se però il lavoro è sei mesi o inferiore, allora avviene la sospensione d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro.

L’indennità di disoccupazione è progettata per fornire un sostegno finanziario a coloro che si trovano temporaneamente senza lavoro e, di conseguenza, senza reddito. Di conseguenza, quando un individuo raggiunge i requisiti per il pensionamento anticipato o per la pensione di vecchiaia, perde il diritto all’indennità di disoccupazione. Questo perché, in questi casi, è l’ente previdenziale stesso che eroga la pensione a farsi carico del sostegno finanziario del disoccupato.

Infine, è importante ricordarsi i tempi per evitare la decadenza dal diritto alla Naspi: la domanda deve essere presentata all’Inps entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.