Rider, l’ok del consiglio europeo alla prima legge di tutela: cosa cambia e chi resta escluso

Il consiglio europeo ha trovato l'accordo per la prima legge a tutela dei rider e non solo. Restano esclusi i tassisti

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Redazione

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Il consiglio Ue ha approvato l’accordo provvisorio per le nuove norme in materia di tutela del lavoro dei rider. Si tratta di una fase di passaggio verso la prima legge europea per il settore dei rider, che vedono così migliorare le loro condizioni di lavoro.

Il via libera è arrivato dopo che l’intesa raggiunta con il Parlamento europeo ha subito un violento stop. A febbraio era ripreso il negoziato e nella giornata è stato confermato il nuovo accordo provvisorio.

I cambiamenti avranno effetto su 28 milioni di dipendenti (dati relativi al 2022) che lavorano per piattaforme come Uber e Deliveroo, ma ben presto potrebbero arrivare a raddoppiare il numero di dipendenti.  Secondo le stime nel 2025 saranno almeno 43 milioni i rider (e non solo) in tutta Europa. Restano però esclusi un gran numero di lavoratori del settore.

Legge sui rider: cosa cambia dopo l’accordo Ue per i contratti

Dopo due anni di lavoro, l’Ue dice “ok” alla legge per la tutela dei rider. La legge prevede la tutela di tutti i lavoratori delle piattaforme digitali. Le stime europee prevedono che entro il 2025 i lavoratori delle piattaforme digitali saranno almeno 43 milioni. Per evitare che fenomeni di evasione o sfruttamento trovino terreno fertile, l’accordo aumenta le tutele dei dipendenti del settore. Tra questi rientrano i “finti autonomi”, che sarebbero almeno 5,5 milioni sui 28 milioni di occupati nel settore (dati del 2022).

La legge, su ispirazione della legislatura spagnola, vuole incrementare le garanzie giuridiche dei lavoratori della gig economy, tra cui proprio i rider. Anche se la proposta originale era molto più articolata, resta l’obiettivo di garantire tutele a chi svolge lavori come freelance.

Resta immutato il principio della “presunzione legale”. I governi degli Stati Ue dovranno quindi stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale, con l’obiettivo di correggere lo squilibrio di potere tra la piattaforma e la persona che svolge il lavoro tramite la piattaforma. In altre parole sarà l’azienda a dover provare che il rapporto contrattuale non è da lavoratore dipendente.

Legge sui rider: cosa cambia dopo l’accordo Ue per l’algoritmo

A cambiare sarà anche la gestione degli algoritmi. La nuova legge prevederà la maggior tutela dei lavoratori attraverso uno strumento di trasparenza sul monitoraggio dei rider e non solo. Le nuove norme obbligano quindi le aziende a prevedere una supervisione umana dei sistemi oggi automatizzati. Questo permetterà ai dipendenti di contestare le decisioni automatizzate, come la chiusura e la sospensione degli account.

Viene inoltre richiesto alle piattaforme di lavoro digitale di non controllare e trattare dati sullo stato emotivo o psicologico dei dipendenti. Non si potranno utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per prevedere se i lavoratori intendono aderire a un sindacato o scioperare. Infine i lavoratori avranno il diritto di  trasferire i propri dati da una piattaforma all’altra, garantendo la portabilità dei dati.

La legge in arrivo però esclude dall’equazione i tassisti. Il lavoro non è ancora concluso, ma le linee sembrano ormai tracciate. Il commento dei partiti è bilanciato, tra chi esalta per il risultato storico e chi fa notare come il testo ne sia uscito ammaccato, con il settore taxi esentato.