La vicenda relativa al cosiddetto Pandoro-gate in cui Chiara Ferragni è accusata di truffa aggravata assieme al suo manager ha riaperto il dibattito sul tema della regolamentazione del settore degli influencer. LA questione, oltre ad essere di importanza sociale, lo è anche sul piano economico, se si considera la crescita vertiginosa del giro d’affari degli influencer, che, solo in Italia, è di oltre 300 milioni di euro l’anno e che genera molti posti di lavoro.
Proprio in questi ultimi giorni si registrano due importanti interventi, profondamente diversi per tenore e finalità, ma in qualche modo capaci di incidere, da diverse angolazioni, in questo settore, di sempre maggiore rilevanza nel contesto economico italiano.
Indice
Le nuove linee guida AGCOM per gli influencer
Al termine della riunione del 10 gennaio scorso, l’AGCOM-Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha approvato all’unanimità le linee guida sugli influencer. Definite come un “primo grande passo” dall’Autorità stessa, sono il frutto del lavoro di una consultazione pubblica avviata già nel luglio 2023.
Nella delibera n. 178/23/CONS l’Autorità aveva espresso l’esigenza di discutere circa le disposizioni normative e regolamentari applicabili agli influencer (o vlogger, streamer, creator, uploader), considerata la sempre più crescente pervasività dei media e la rilevanza dell’attività di questi soggetti, in grado di plasmare e influenzare le opinioni degli utenti, con particolare focus sulla salvaguardia dei più giovani.
Nella relazione di accompagnamento alla delibera di avvio della consultazione pubblica (n. 211/21/Cons), l’Agcom aveva la cosiddetta «Opzione 1», ossia l’intervento regolamentare che esplicita il perimetro del Testo Unico, scartando l’«Opzione zero» (nessuna regolamentazione) e l’«Opzione 2», decisamente più invasiva (intervento regolatorio completo).
Le nuove regole per gli influencer: a chi si applicano
Di fatto, non si tratta di una “stretta”, perché l’attività degli infuencer viene equiparata ai servizi di media audiovisivi. Le regole contenute nelle linee guida non costituiscono una disciplina rivoluzionaria, ma si inseriscono in un quadro normativo europeo e nazionale complesso, recependone i principi e le disposizioni.
Come afferma l’AGCOM, queste regole sono infatti “volte a garantire il rispetto da parte degli influencer delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi”, già in vigore e che attua la direttiva europea 2018/1808 del 14 novembre 2018 del Parlamento e del Consiglio europeo.
L’Autorità afferma che l’attività degli influencer, che creano, producono e diffondono contenuti audiovisivi – su cui esercitano la responsabilità editoriale – tramite piattaforme e social media può rientrare nell’ambito della fornitura di servizi di media audiovisivi, laddove la stessa soddisfi i requisiti stabiliti dalla direttiva. Primo concetto importante è quindi quello di equiparare le attività degli influencer ai canali di informazione e, quindi, si assoggettano al Testo Unico.
Le linee guida non sono ancora pubbliche ma l’AGCOM ha anticipato che le previsioni sono indirizzate agli influencer operanti in Italia che raggiungono almeno 1 milione di follower sulle varie piattaforme o social media su cui operano e hanno superato su almeno una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio, pari o superiore al 2% (ossia, che hanno suscitato reazioni da parte degli utenti, tramite commenti o like, in almeno il 2% dei contenuti pubblicati).
Cosa prevedono le nuove regole
L’inserimento di prodotti dovrà essere accompagnato da una scritta che evidenzi la natura pubblicitaria del contenuto in modo “prontamente e immediatamente riconoscibile”.
Anche in questo caso, però, non si tratta di una novità, perché gli obblighi in materia di comunicazione commerciale sono il frutto di una consolidata prassi dell’Agcm e del Giurì, peraltro confluita nel Regolamento Digital Chart dello Iap. L’indicazione di questi obblighi anche nelle linee guida è però importante perché può contribuire ad evitare interpretazioni contrastanti anche da parte di organi e attività diversi, magari sulle stesse questioni o in contemporanea.
Sotto il profilo della trasparenza nelle comunicazioni commerciali, gli utenti dei social devono essere informati in maniera chiara ed inequivocabile circa il fatto che l’influencer stia raccontando episodi di vita quotidiana o se, invece, stia facendo pubblicità. In quest’ultimo caso dovrà comparire un disclaimer del tipo “messaggio promozionale/pubblicitario”.
Il Commissario rivela che l’hashtag #ADV che viene inserito tra le altre decine di hashtag nei post non renderebbe chiara ed evidente l’identificazione del messaggio pubblicitario.
Le linee guida, inoltre, toccheranno temi importanti come il divieto di istigazione alla violenza, all’odio, al terrorismo o la circolazione di hate speech e fake news.
L’impatto sui consumatori, sulle persone e sul mercato
Come si può bene immaginare, in Italia non sono pochi gli account che rientrano in questi requisiti. Inoltre, i punti su cui si concentreranno riguardano, tra l’altro, le misure in materia di comunicazioni commerciali, la tutela dei diritti fondamentali della persona, dei minori e dei valori dello sport, oltre che prevedere delle sanzioni pecuniarie.
La questione è di grande interesse, non solo per la rilevanza del settore ma anche per l’impatto sui consumatori e per il complesso sistema di stakeholder che ruota intorno all’influencer: si pensi alle tante aziende – nel mondo del food o dell’abbigliamento, ad esempio – che, sempre più intensamente, fanno ampio ricorso agli infuencer come veicoli per pubblicizzare i propri prodotti.
I chiarimenti del Commissario AGCOM
Durante un’intervista a RaiNews, il commissario dell’AGCOM Massimiliano Capitano ha risposto ad alcune domande e chiarito alcuni punti. Il Commissario ha ricordato, proprio richiamando il caso del Pandoro-gate, che nel nostro ordinamento il Codice Penale (ma anche Civile) prevede già profili normativi di rilevanza anche per gli influencer.
Secondo il Commissario, le piattaforme stanno già facendo un buon lavoro per ripulire la rete dai contenuti dannosi e si aspetterebbe un contributo anche dagli influencer. Questi svolgerebbero una professione “qualificata” e come quella, ad esempio, dei giornalisti comporterebbe responsabilità circa il materiale e i contenuti divulgati.
In relazione ai dubbi che qualcuno ha sollevato relativamente alla soglia prevista dalle linee guida, il commissario ha risposto che “si è partiti in maniera soft” individuando alcune fattispecie di influencer. Tuttavia, all’interno del tavolo tecnico, questi parametri potranno essere rivisti. Un aspetto fondamentale, infatti, è che le linee guida dispongono l’avvio ad un tavolo tecnico di confronto con gli influencer e con le associazioni di categoria per l’adozione di un codice di condotta che definisca le misure a cui gli influencer si dovranno attenere.
Ad oggi, quindi, quel che è certo è che, sebbene l’attività svolta dall’influencer sia tuttora oggetto di ampie riflessioni, le nuove linee guida abbiano dato un impulso alla regolamentazione del fenomeno e alla sensibilizzazione degli interventi degli interessati sulle responsabilità che il loro ruolo comporta nella società digitale.
Cosa c’è nel cosiddetto Decreto beneficenza
Lo scorso 25 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che contiene nuove regole in materia di proventi di operatori commerciali destinati a iniziative di beneficenza, il cosddetto Decreto beneficenza. Si tratta di un disegno di legge, che seguirà il suo normale corso, innanzitutto con l’esame in sede parlamentare. Ciò che pare sin da ora chiaro è che, con questo intervento, lo Stato mira ad assicurare l’affidabilità delle pratiche commerciali di produttori e professionisti nei casi di destinazione di parte dei ricavi a scopi benefici.
Lo stesso Consiglio dei Ministri ne ha illustrato i contenuti essenziali, chiarendo come si tratti di norme finalizzate ad assicurare un’informazione chiara e non ingannevole sulla commercializzazione di prodotti i cui proventi sono destinati a iniziative solidaristiche.
Si prevede, per i produttori dei beni e per i professionisti che li commercializzano e li promuovono, l’obbligo di esplicitare il soggetto destinatario dei proventi, le finalità a cui questi sono destinati e la quota percentuale del prezzo di vendita o l’importo destinati all’attività benefica, per ogni unità di prodotto.
Gli obblighi d’informazione e il ruolo del Garante per la Concorrenza e il Mercato
I produttori dei beni potranno assicurare l’adempimento attraverso l’indicazione delle informazioni sulle singole confezioni, anche tramite apposizione di tramite l’apposizione di adesivi.
Produttori e professionisti sono inoltre tenuti a comunicare al Garante per la concorrenza e il mercato l’operazione promozionale e il termine entro il quale sarà effettuato il versamento dell’importo destinato al soggetto beneficiario. La scelta di demandare all’AGCM il compito di garantire il rispetto di queste norme è logico e razionale, visto che l’Autorità dispone già delle competenze e dei poteri d’indagine necessari.
Sanzioni in caso di violazione degli obblighi
In caso di violazione degli obblighi, l’Autorità può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie che vanno da 5.000 a 50.000 euro e disporre la pubblicazione del provvedimento da parte del produttore o del professionista sul proprio sito, su uno o più quotidiani nonché con ogni altro mezzo ritenuto opportuno, come i social media. Si prevede, infine, che il 50% degli importi delle sanzioni sia destinato a finalità solidaristiche.
Non rientrano nel campo di applicazione della legge le attività di promozione, vendita o fornitura di prodotti ai consumatori da parte degli enti non commerciali, restando ferme le norme del codice del Terzo Settore riguardanti la raccolta di fondi per autofinanziamento e quelle relative degli enti appartenenti alle confessioni religiose che hanno stipulato accordi o intese con lo Stato con riguardo alla libera effettuazione di collette.
È necessario un intervento strutturale? Le iniziative della Commissione Europea
È evidente che i recenti eventi legati a Chiara Ferragni, ma non solo, e l’inesorabile crescita del settore del commercio on line, inteso in senso ampio, generino criticità, stimolando sempre di più, da parte delle Autorità competenti, interventi di regolamentazione.
Si tratta in effetti di uno di quegli ambiti dell’economia sui quali, con tutta probabilità, potrà essere nel tempo utile valutare un intervento organico e, probabilmente, di livello europeo.
In questo senso, peraltro, la Commissione europea si è già mossa, lanciando, a fine 2023, un’attività di monitoraggio del mercato coordinata a livello europeo. I risultati di questa “indagine” confluiranno nel Digital Fairness Fitness Check, l’iniziativa che dovrebbe appunto aiutare a stabilire se occorrono nuove norme per rendere il mercato digitale sicuro come quello offline.