Per gli influencer si applica il diritto d’autore? La sentenza fa chiarezza

La disciplina fiscale relativa al diritto d'autore si applica agli influencer? Ecco cosa succede ai proventi della loro attività

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Come deve essere gestito il reddito derivante dall’attività di influencer? La domanda torna di attualità a seguito di una recente sentenza in ambito tributario, che coinvolge un noto calciatore e la sua attività di influencer.

A prendere posizione sulla questione ci ha pensato la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, la quale, attraverso la sentenza n. 219/2023, ha confermato la decisione di primo grado, con la quale era stato deciso che il noto calciatore non avesse diritto al rimborso delle imposte versate sui redditi conseguiti nel 2019, che derivavano dallo sfruttamento del proprio diritto di immagine.

I giudici hanno ritenuto che il calciatore non avesse diritto ad ottenere il rimborso dei diritti provenienti dalla cessione dei diritti di sfruttamento dell’immagine, perché gli stessi sono considerati redditi di lavoro autonomo territorialmente prodotti in Italia. Il contribuente, infatti, in quel periodo stava prestando la propria attività sportiva alle dipendenze della Juventus.

Diritto d’immagine Vs diritto d’autore

Il calciatore era molto noto. Questo ha favorito una particolare diffusione mediatica della sua immagine. La sentenza offre l’occasione per fare il punto della situazione su un aspetto che coinvolge sempre più persone e non solo quanti sono impegnati nelle attività artistiche o in quelle sportive a livello professionale. Stiamo pensando a quanti stiano sfruttando economicamente la propria immagine sui vari social network, svolgendo l’attività di influencer.

La sentenza, in estrema sintesi, ci permette di capire che non è possibile assimilare i redditi da sfruttamento dell’immagine personale a quanto è stato regolamentato attraverso l’articolo 53, comma 2, lettera b) del TUIR. Stiamo parlando, in altre parole, dei diritti di sfruttamento della proprietà intellettuale, prodotti direttamente dallo stesso autore o inventore.

Estendere le regole relative al diritto d’autore al diritto d’immagine diventa difficilmente giustificabile, alla luce, oltre che della sentenza che abbiamo citato in precedenza, ma anche per le relative previsioni normative.

Il diritto d’immagine

In cosa consiste, sostanzialmente, il diritto d’immagine? Costituisce, in estrema sintesi, un diritto della personalità – e come tale è soggettivo – che permette che l’immagine di un determinato soggetto non possa essere divulgata, esposta o pubblicata. Senza, ovviamente, che il diretto interessato abbia dato il proprio consenso. Fatti salvi i casi previsti dalla legge.

A trattare il diritto all’immagine è l’articolo 10 del Codice Civile, al cui interno non ne viene fornita una definizione precisa; ma, comunque vada, ne determina il perimetro entro il quale è possibile applicare una prima forma di tutela legale.

L’articolo 10 prevede, infatti, che:

Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni.

Anche la Legge n. 633 del 1941 sul Diritto d’Autore ha dedicato un’apposita sezione ai diritti relativi al cosiddetto ritratto. All’articolo 96 si spiega che:

Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente.

Mentre nell’articolo 97 viene indicato che:

Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro nella persona ritratta.

Due diritti contrapposti

Quello che abbiamo visto fino a questo punto ci fa comprendere come il diritto d’immagine ed il diritto d’autore non possano essere assimilati. Ricordiamo che il diritto d’autore è disciplinato attraverso la Legge n. 633/41, il cui scopo è quello di tutelare gli autori di opere a carattere creativo e permettere loro di beneficiare dei relativi diritti. Anche quelli relativi allo sfruttamento economico.

Tra l’altro nella risoluzione n. 255/E del 2009, in risposta ad un interpello sul tema dello sfruttamento dell’immagine personale, l’Agenzia delle Entrate aveva sottolineato che questo non risulta essere un corrispettivo legato alle ordinarie prestazioni di un personaggio. Ma si riferisce, in realtà, allo sfruttamento razionale ed organizzato della sua immagine sotto tutte le forme: sia quelle promozionali che quelle pubblicitarie.

Il reddito derivante dal diritto d’immagine

I compensi che derivano dallo sfruttamento del diritto d’immagine, anche se non risulta essere riconducibile all’attività professionale intesa in senso stretto, costituisce reddito di lavoro autonomo. A regolamentare questa attività è l’articolo 54, comma 1-quater, del TUIR inserito dall’art. 36, comma 29, lett. a), del Decreto Legge n. 223 del 2006, convertito dalla Legge n. 248 del 2006.

Le norme che abbiamo appena citato hanno ampliato le componenti positive dei redditi professionali, che, in questo momento, sono costituite oltre che da eventuali compensi in denaro o in natura percepiti per l’esercizio dell’arte o della professione, anche dai corrispettivi che i contribuenti percepiscono per la cessione alla propria clientela di elementi immateriali, che, in qualche modo, possono essere riferibili alla propria attività artistica o professionale.

Influencer: non si applica la tassazione del diritto d’autore

Secondo i Giudici della CGT del Piemonte è pienamente condivisibile la tesi avanzata dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale non sono assimilabili i redditi derivanti dallo sfruttamento del diritto d’immagine con quelli relativi ai diritti d’autore.

Questa regola se da un lato risulta essere particolarmente importante per attori, interpreti e personaggi sportivi; vale anche per gli influencer. Anche per loro, anche se il diritto d’immagine risulta essere associata ad un’attività artistica o professionale, dipende esclusivamente dalla propria capacità di promuovere e vendere la propria immagine.