Cos’è l’Open Banking e quali vantaggi porta

Scopri in cosa consiste l'Open Banking e in che modo ha rivoluzionato l'ecosistema bancario

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Gabriele Zangarini

Content Specialist

Gabriele Zangarini, Content Writer freelance. Dopo 11 anni nel settore Content Specialist freelance, si occupa di produrre guide utili sul mondo dell'economia e del risparmio.

La PSD2, conosciuta come la Seconda Direttiva Europea sui Servizi di Pagamento, ha visto la luce nel 2018 ma si è concretizzata nelle vite degli utenti e degli istituti bancari solamente un paio di anni più tardi.

Una delle sue manifestazioni più importanti è stata la nascita dei cosiddetti progetti di Open Banking, ovvero dei sistemi di condivisione dei dati tra i diversi attori dell’ecosistema bancario che oggi generano un fatturato addirittura superiore ai 100 milioni di euro, come affermato da questa indagine di Banca d’Italia. Di cosa si tratta? Perché sta rivoluzionando le nostre abitudini e i servizi offerti dalle banche?

Cos’è l’Open Banking

Possiamo definire l’Open Banking come un ecosistema bancario dove le informazioni finanziarie sono aperte, condivise tra le banche stesse e le cosiddette società di terze parti, con l’obiettivo di offrire ai clienti servizi innovativi e prodotti d’avanguardia. Ovviamente per permettere questo meccanismo è sempre necessario il consenso dell’utente.

A livello tecnico l’intervento della PSD2 ha obbligato tutti i sistemi bancari ad aprire i propri Application Programming Interface, ovvero le proprie API, a società esterne. Le API sono delle interfacce di programmazione delle applicazioni che hanno il compito di sostenere le transazioni e hanno la capacità di sviluppare nuovi prodotti. In questo modo le società terze possono accedere, sempre previo consenso dei clienti attraverso le direttive del GDPR, ai saldi e ai conti bancari degli utenti, per garantire loro esperienze migliorative nelle transazioni di natura bancaria.

PSD2: cos’è

Per comprendere a fondo la rivoluzione dell’Open Banking è necessario capire cos’è la PSD2 e quali sono le importanti novità che ha introdotto.

La PSD2 è la naturale evoluzione della PSD1, una direttiva del 2007 che aveva l’obiettivo di migliorare la competizione europea nel mercato dei pagamenti digitali, nell’ottica di salvaguardia dei diritti dei consumatori. La PSD1, contrariamente a quanto previsto, però non ha portato sensibili miglioramenti nei pagamenti digitali, né nella competitività dei sistemi bancari europei. La costante innovazione tecnologica però ha stimolato la necessità di consentire pagamenti più sicuri nell’intero perimetro europeo, spingendo l’UE a emanare la Seconda Direttiva sui Sistemi di Pagamenti, denominata appunto con l’acronimo PSD2.

Nel dettaglio la PSD2 ha avuto lo scopo di rendere più sicuri, efficienti e soprattutto innovativi i sistemi di pagamento elettronici, per tutti i cittadini risiedenti nell’Unione Europea. Dalla sua emanazione abbiamo quindi assistito a una rapida ridefinizione delle regole del gioco, aprendo a un sistema bancario del tutto innovativo, molto più accessibile e smart, sia per le imprese che per gli utenti.

La rivoluzione della PSD2

Come accennato, l’arrivo della PSD2 è stato un vero e proprio scossone per il mondo bancario. Se negli anni la rivoluzione tecnologica aveva rapidamente stravolto le classifiche dei leader di settore in quasi tutti gli ambiti, questo non era ancora successo per il sistema creditizio. Per comprendere meglio: nel 2017 i 50 gruppi più importanti dell’ecosistema bancario erano gli stessi del 2007.

Nonostante questo, un piccolo moto rivoluzionario stava gemmando nei clienti, che spesso sentivano la necessità di cambiare servizio bancario quando i servizi non erano allineati ai nuovi paradigmi tecnologici. Una rivoluzione che ben presto, grazie anche alla PSD2, si è trasformata in necessità, tanto da spingere le banche a cambiare la propria offerta per cercare di mantenere competitiva la propria offerta.

Ad oggi chi non accenna a cambiare le proprie infrastrutture per adeguarsi alla PSD2 e all’Open Banking rischia realmente di pagare un dazio molto pericoloso.

Le API: il fulcro dell’Open Banking

Il più grande cambiamento portato dalla PSD2 e dall’Open Banking è senz’altro l’apertura delle API, ovvero le Application Programming Interface. Attraverso questa possibilità oggi le società esterne, oppure società di terze parti, possono accedere ai dati di pagamento dei clienti. La loro apertura è chiaramente legata a doppio filo al consenso del cliente, come previsto dal GDPR, ma, se l’autorizzazione viene concessa, si tratta di un sistema in grado di migliorare sensibilmente l’esperienza digitale del cliente stesso.

Il grande punto di domanda che assilla le banche sull’apertura delle proprie API riguarda però una questione competitiva. È chiaro come la PSD2 abbia aperto la strada a sistemi di pagamento più smart e slegati dal mondo creditizio, ma il forte rischio per il sistema bancario è quello di perdere ulteriormente terreno consentendo agli sviluppatori delle app di terzi di accedere ai dati dei clienti e alle loro abitudini. Questo consentirebbe loro di sviluppare prodotti e servizi sempre più customizzati e difficilmente replicabili dalle rigide infrastrutture dei sistemi bancari.

La situazione dell’Open Banking in Italia

Nonostante le preoccupazioni elencate nel paragrafo precedente la situazione italiana è abbastanza positiva. Questo cozza con la storia delle principali rivoluzioni tecnologiche, che in Italia spesso vengono recepite con grossi ritardi. Secondo un report elaborato da Tink (società controllata da VISA) circa il 70% delle banche italiane ha abbracciato positivamente la rivoluzione dell’Open Banking, ritendendola un’evoluzione necessaria e innovativa.

Nel dettaglio, sempre secondo il report di Tink, le opportunità che i sistemi bancari italiani vedono nell’Open Banking sono prettamente commerciali, come la possibilità di migliorare la customer experience e lo stimolo per lanciare servizi digitali innovativi. L’unica nota negativa del report riguarda lo scetticismo dei player di settore sui tempi per una completa implementazione dei servizi dell’Open Banking, stimati approssimativamente attorno ai 10 anni.

Esempi di Open Banking in Italia

In Italia stiamo già assistendo alle prime implementazioni di sistemi di Open Banking, con buoni risultati. Ecco i principali esempi che abbiamo nel Belpaese:

  • Gruppo Banca Sella: in Italia la banca piemontese è stata tra i pionieri dell’Open Banking, lanciando una piattaforma chiamata Fabrick, che oggi offre soluzioni di banking tradizionale combinate a tecnologie innovative per soddisfare le nuove esigenze delle aziende;
  • Iren: il famoso ente di distribuzione di luce, gas e altri servizi ha scommesso sulla PSD2 con la piattaforma IrenPay. Si tratta di un servizio che consente ai clienti di pagare la propria bolletta online senza costi aggiuntivi;
  • Poste Italiane: il servizio di Poste Italiane da anni sta cercando di rendersi sempre più innovativo e lo sviluppo di una piattaforma di Open Banking ne è l’ennesima conferma. Con questo servizio il Gruppo Poste Italiane consente pagamenti istantanei garantendo ai clienti l’accesso immediato alle reti interbancarie tradizionali;
  • Revolut: l’azienda oggi è tra le più importanti community mondiali di Fintech. Il suo nuovo progetto di Open Banking consente ai suoi clienti di collegare in un’unica App tutti i conti di Intesa SanPaolo, UniCredit, Ubi Banca, Poste Italiane e Banco BPM, garantendo un metodo immediato per consultare saldi e transazioni;
  • Intesa San Paolo: la principale banca italiana è entrata a far parte del capitale di Oval Money, una start up che ha lanciato un’applicazione collegata al Conto corrente e alla Carta di credito dei clienti. L’app controlla continuamente statistiche e aggiornamento di Cc e carta per offrire al cliente una panoramica sulle sue abitudini di spesa, con il fine di aiutarlo a rivederle in ottica di risparmio.

Conoscere l’Open banking: le sigle da sapere

Comprendere appieno il mondo Open Banking non è senz’altro immediato, soprattutto per i non addetti ai lavori. Oltre alle sigle PSD2 e API, di cui abbiamo già spiegato il significato, troviamo altri acronimi importanti da conoscere, come AIS, ASPSP, PIS, eIDAS, EPSM, CISP, RTS e SCA.

  • AIS: acronimo di Account Information Service, identifica tutti i servizi che forniscono informazioni relativi a uno o più conti bancari di un utente a prestatori terzi o prestatori di servizi di pagamento;
  • ASPSP: acronimo di Account Servicing Payement Service Providers, rappresenta l’entità che controlla l’account di online banking di un cliente, attraverso un contratto stipulato con il cliente stesso;
  • PIS: acronimo di Payment Initiation Service, identifica il servizio che permette a un utente, su sua richiesta, di disporre un pagamento su un conto corrente attivo presso un altro provider;
  • eIDAS: acronimo di electronic IDentification, Authentication and trust Service, è il Regolamento Europeo per l’Identificazione Elettronica e Servizi Fiduciari per le transazioni elettroniche. La sua funzione è quella di regolamentare le transazioni e i trasferimenti di denaro nel mercato unico europeo, comprese le firme elettroniche e le forme di autentificazione digitale;
  • EPSM: acronimo di European Association of Payment Service Providers for Merchants, è l’associazione europea di tutti i fornitori di servizi di pagamento per commercianti;
  • CISP: acronimo di Card Issuer Service Provider, si tratta del prestatore di servizi di pagamento su carta che, secondo la PSD2, ha l’abilitazione per chiedere informazioni sulla disponibilità di fondi dell’utente presso il suo istituto;
  • SCA: acronimo di Strong Customer Authentication, è l’autenticazione “forte” necessaria dopo l’introduzione della PSD2; si tratta di un sistema rafforzato di sicurezza, per identificare in modo inequivocabile il cliente e l’operazione.