Rete idrica, quanta acqua si perde in Italia? Le regioni del Sud messe peggio

Le perdite nella rete idrica italiana rappresentano un problema persistente e significativo. Il nuovo report Istat su quanta acqua si spreca nelle condutture in Italia

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Le perdite nella rete idrica italiana rappresentano un problema persistente e significativo che richiede azioni immediate e mirate per essere affrontato. Secondo l’ultimo report Istat pubblicato a marzo 2024, le perdite nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile nell’anno 2022-2023 avrebbero potuto soddisfare le esigenze idriche di circa 43,4 milioni di persone per un intero anno. Questo dato, seppur impressionante, è solo uno dei molti indicatori dell’entità del problema.

L’Italia, pur essendo il terzo paese in Europa per il prelievo di acqua potabile pro capite nel 2022, si trova ad affrontare una situazione paradossale: mentre la domanda di acqua potabile rimane elevata, una quantità significativa di questa risorsa preziosa si disperde nelle reti di distribuzione. Questo è ulteriormente evidenziato dal fatto che le reti comunali di distribuzione erogano quotidianamente 214 litri di acqua potabile per abitante, una cifra che rimane notevolmente al di sotto di quella del 1999, con una riduzione di 36 litri.

Perdite rete idrica in Italia, i dati preoccupanti: quanta acqua si perde dagli acquedotti?

Da quello che è emerso dall’analisi Istat, in Italia il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,4% dell’acqua immessa in rete. L’indicatore è in leggerissima risalita rispetto al 2020 (quando era al 42,2%), a conferma del persistente stato d’inefficienza di molte reti di distribuzione.

Nonostante negli ultimi anni molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi e il contenimento delle perdite di rete, la quantità di acqua dispersa in distribuzione continua a rappresentare un volume considerevole, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno (che corrisponde a circa il 75% della popolazione italiana).

Le perdite totali di rete sono da attribuire a cause quali:

  • fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche in quanto non esiste un sistema a perdite zero;
  • rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio;
  • allacci abusi e fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati.

L’analisi delle caratteristiche dei servizi pubblici di distribuzione dell’acqua potabile, di fognatura e depurazione delle acque reflue urbane è effettuata sui dati del “Censimento delle acque per uso civile”, rilevazione condotta dall’Istat e inserita nel Programma statistico nazionale (IST-02192). Il Censimento delle acque per uso civile fornisce informazioni su tutta la filiera di uso pubblico delle risorse idriche, dal prelievo di acqua per uso potabile alla depurazione delle acque reflue urbane e sulle principali caratteristiche dei servizi idrici presenti in Italia.

I dati pervenuti sono sottoposti a procedure di controllo, correzione e validazione. Vediamo quindi nel dettaglio cosa è emerso.

Le regioni dove le perdite sono maggiori

Sebbene le perdite abbiano un andamento molto variabile, le differenze territoriali e infrastrutturali ripropongono il consolidato gradiente Nord-Sud, con le situazioni più critiche nelle aree del Centro e Mezzogiorno, ricadenti nei distretti idrografici della fascia appenninica e insulare.

Nello specifico, i distretti idrografici con le perdite totali in distribuzione più ingenti sono la Sardegna (52,8%), la Sicilia (51,6%) e l’Appennino meridionale (50,4%), seguito dall’Appennino centrale (45,5%).

L’indicatore raggiunge, invece, il valore minimo nel distretto del Fiume Po (32,5%) e risulta di poco inferiore al dato nazionale nei distretti delle Alpi orientali (40,9%) e Appennino settentrionale (40,6%).

In nove regioni le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al dato nazionale, con i valori più alti in:

  • Basilicata (65,5%);
  • Abruzzo (62,5%);
  • Molise (53,9%);
  • Sardegna (52,8%);
  • Sicilia (51,6%).

Di contro, tutte le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore, con Veneto (42,2%) e Friuli-Venezia Giulia (42,3%) in linea col dato nazionale. Nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,8%), in Emilia-Romagna (29,7%) e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (29,8%) si registrano le perdite minori.

 

 

In 13 regioni e province autonome su 21 e in tre distretti idrografici su sette aumentano le perdite idriche totali in distribuzione. A tal proposito, occorre considerare che le variazioni rilevate possono dipendere non solo dallo stato delle reti, ma anche da variazioni nelle modalità di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore, dalla crescente diffusione di strumenti di misura, che sono più efficaci nell’evidenziare le situazioni critiche, da situazioni contingenti e cambiamenti gestionali che possono modificare il sistema di contabilizzazione dei volumi.

La situazione nelle città e nei capoluoghi di provincia

Il report Istat ci da un quadro chiaro anche di quella che è la situazione nelle città e nei capoluoghi di provincia. Da quello che è emerso, nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile dei 109 comuni capoluoghi di provincia e città metropolitana, a fronte dei 2,3 miliardi di metri cubi di acqua immessa in rete (364 litri per abitante al giorno), sono andati dispersi 0,8 miliardi di metri cubi, il 35,2% del volume immesso.

Proseguendo la tendenza già segnata a partire dal 2018, nel 2023 le perdite totali in distribuzione nei capoluoghi si riducono di un punto percentuale rispetto al 2020 (quando erano al 36,2%) e sono più basse di circa 10 punti percentuali rispetto agli altri comuni, a conferma del fatto che in queste città sono più concentrati gli investimenti dei gestori del servizio idrico (a livello nazionale, invece, le perdite continuano ad aumentare, anche se di poco). Le dispersioni, proporzionali alla lunghezza dell’infrastruttura e al numero degli allacci, hanno determinato una perdita giornaliera per chilometro di rete di distribuzione (con l’esclusione delle condotte di allaccio) pari a circa 40 metri cubi (41 nel 2020).

In più di un capoluogo su tre si registrano perdite totali in distribuzione superiori al 45%.

Le condizioni di massima criticità, con valori pari ad almeno il 65%, sono a:

  • Potenza (71,0%);
  • Chieti (70,4%);
  • L’Aquila (68,9%);
  • Latina (67,7%);
  • Cosenza (66,5%);
  • Campobasso (66,4%);
  • Massa (65,3%);
  • Siracusa (65,2%);
  • Vibo Valentia (65,0%).

Una situazione infrastrutturale più favorevole, con perdite inferiori al 25%, si verifica in circa un capoluogo su quattro. Perdite inferiori al 15% si rilevano in sette città: Como (9,2%), Pavia (9,4%), Monza (11,0%), Lecce (12,0%), Pordenone (12,1%), Milano (13,4%) e Macerata (13,9%).

 

 

Nei capoluoghi in cui la performance del servizio peggiora rispetto al 2020, il gestore attribuisce in molti casi il risultato a una più corretta registrazione dei volumi (Cosenza, Imperia, L’Aquila e Sondrio, tra gli altri). Di contro, dove registrata, la riduzione delle perdite è dovuta principalmente alle attività di riorganizzazione della rete di distribuzione in microaree omogenee (distrettualizzazione), che hanno consentito di ridurre le pressioni di esercizio e di rilevare le perdite occulte (tra gli altri, Roma e Como).

Situazione critica nel Mezzogiorno

Non è solo un problema di risorse mancanti, ma altri elementi critici emergono anche nell’erogazione del servizio. Dai dati raccolti, per esempio, emerge che nel Mezzogiorno le maggiori lamentele per irregolarità nell’erogazione dell’acqua, proprio lì dove il problema siccità è diventata ormai una questione di interesse pubblico.

In particolare, nel 2023 la quota di famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni è pari all’8,9%, ma c’è da dire che è in lieve diminuzione rispetto al 2022 (9,7%). Il disservizio investe le regioni in percentuali molto diverse e interessa circa 2 milioni 300mila famiglie; tra queste, oltre i due terzi è residente nel Mezzogiorno (1,6 milioni di famiglie). Calabria (38,7% di famiglie) e Sicilia (29,5%) sono le regioni più esposte ai problemi di erogazione dell’acqua nelle abitazioni.

 

 

Diametralmente opposta la situazione nel Nord-ovest (3,1%) e nel Nord-est (2,6%), mentre nel Centro meno di una famiglia su 10 denuncia irregolarità nel servizio di erogazione. L’irregolarità nell’erogazione dell’acqua è avvertita durante tutto l’anno dal 37,6% delle famiglie, durante il periodo estivo dal 31,3%, mentre è considerato un evento sporadico dal 30,1%.

Oltre la metà delle famiglie (55,7%) valuta adeguati i costi sostenuti per l’erogazione dell’acqua, mentre oltre una su tre (il 37,2%) li giudica elevati. L’insoddisfazione per l’entità della spesa è più diffusa nelle Isole (53,3%), nel Sud (41,2%) e nel Centro (41,1%). Più contenuta nel Nord-ovest (31,8%) e nel Nord-est (27,8%).

Rischi e conseguenze per l’ambiente e l’economia

È preoccupante notare che nonostante gli sforzi per migliorare l’efficienza della rete idrica, le perdite rimangono ancora elevate. Questo non solo rappresenta uno spreco di una risorsa vitale, ma ha anche implicazioni economiche e ambientali significative. Nel 2021, ad esempio, il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente è stato destinato ai servizi di gestione delle acque reflue. Questo suggerisce che una parte considerevole delle risorse è impiegata per affrontare le conseguenze delle perdite idriche anziché concentrarsi sulla prevenzione.

Inoltre, considerando che nel 2020 il 19,0% della superficie agricola utilizzata è stata irrigata, diventa chiaro che l’acqua è un elemento vitale anche per l’agricoltura, settore cardine per la crescita e lo sviluppo del Paese. Le perdite nella rete idrica non solo minacciano la sicurezza idrica delle comunità, ma influenzano anche settori cruciali come questo, mettendo a rischio la sostenibilità di interi sistemi alimentari, economici e occupazionali.

Per affrontare efficacemente questo problema, è necessario un approccio olistico che coinvolga sia investimenti nella manutenzione e nella modernizzazione delle infrastrutture esistenti, sia l’adozione di pratiche di gestione idrica sostenibile. La tecnologia può svolgere un ruolo cruciale nel monitoraggio delle reti idriche e nella rilevazione tempestiva delle perdite. Inoltre, è importante educare e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della conservazione dell’acqua e sull’adozione di comportamenti responsabili.

In conclusione, si può affermare che perdite nella rete idrica italiana rappresentano una sfida complessa e urgente che richiede l’impegno congiunto di governi, autorità locali, operatori del settore idrico e cittadini. Solo attraverso un impegno collettivo e azioni concrete possiamo sperare di preservare questa risorsa vitale per le generazioni future e garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche.