La Cina investe nel solare e riduce la CO2, una lezione per l’Ue: il confronto con l’Italia

Per la prima volta la Cina riesce a ridurre le emissioni pur aumentando la domanda energetica grazie al solare. L’Italia resta indietro, ma può ancora cambiare rotta

Foto di Giorgia Bonamoneta

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 18 Maggio 2025 18:52

Nel primo trimestre del 2025 la Cina ha registrato un dato storico: le sue emissioni di CO₂ sono diminuite dell’1,6%, pur avendo registrato un aumento della domanda energetica. Si tratta di un segnale importante perché, per la prima volta, il calo non è legato a un rallentamento economico o a misure straordinarie come i lockdown, ma al fatto che le fonti rinnovabili iniziano davvero a sostituire i combustibili fossili.

Secondo il Centre for Research on Energy and Clean Air, è merito di una strategia precisa, ovvero investimenti massicci in solare, eolico e nucleare, crescita della mobilità elettrica e progressiva riduzione del peso delle industrie ad alta intensità emissiva.

Emissioni in calo in Cina

Negli ultimi dodici mesi, la Cina ha ridotto dell’1% le sue emissioni complessive, con un calo che ha raggiunto l’1,6% nel solo primo trimestre del 2025. Una discesa che arriva nonostante l’aumento del fabbisogno energetico: un fatto inedito per un’economia che da sola genera circa il 30% delle emissioni CO2 globali.

A rendere possibile questa svolta è stata una serie di cambiamenti strutturali:

  • la crescita record delle installazioni solari ed eoliche, sostenuta da un piano industriale aggressivo;
  • l’aumento del contributo dell’energia nucleare nella produzione elettrica;
  • la diffusione delle auto elettriche, che sta riducendo la domanda interna di petrolio;
  • il rallentamento nei settori del cemento e dell’acciaio, tra i più energivori e inquinanti.

Tale combinazione ha permesso, per la prima volta, di disaccoppiare l’aumento della domanda di energia dalla crescita delle emissioni.

Il boom del solare

La risposta è il boom del solare: nel 2024 la Cina ha installato oltre 216 GW di nuova capacità solare; in confronto, nell’Italia l’intera capacità fotovoltaica cumulata a fine 2023 è stata di appena 29 GW (dati GSE).

Secondo le stime del think tank Ember, la Cina investe ogni anno fino al 2,5% del suo PIL nella transizione energetica. L’Italia, invece, si mantiene ben al di sotto dello 0,5%. Il risultato è tangibile: in Cina il solare inizia davvero a sostituire il carbone, mentre in Italia il gas naturale resta la fonte principale della generazione elettrica.

Anche l’Unione europea, pur puntando formalmente sulla transizione, non ha ancora invertito il trend delle emissioni come ha fatto la Cina, che potrebbe aver anticipato il proprio picco di CO₂ rispetto agli obiettivi 2030.

Se la Cina può, possiamo anche noi

Il caso cinese dimostra che ridurre le emissioni e sostenere la crescita economica non sono obiettivi incompatibili. Il calo delle emissioni non è stato il frutto del caso, ma di una pianificazione strategica integrata, con obiettivi chiari, investimenti pubblici mirati e politiche industriali allineate alla transizione ecologica.

Per l’Italia e l’Europa, il messaggio è che la transizione funziona, se la si prende sul serio. Non bastano i pochi incentivi messi in campo, servono politiche strutturali, investimenti sistemici, una spinta sulle comunità energetiche, sulle tecnologie di storage e sulla semplificazione degli iter autorizzativi.

Con la COP30 in vista, un nuovo ciclo di obiettivi climatici internazionali è in arrivo. Il confronto con la Cina può e deve diventare un punto di svolta e un modello da seguire.