Transizione energetica, quali saranno i costi reali

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, è fattibile realizzare la decarbonizzazione dell'economia mondiale senza generare una crisi nelle finanze pubbliche

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Nella visione idealizzata delle promesse di zero netto, a partire dal 2035 non ci saranno più nuove automobili a benzina circolanti nelle strade dell’Unione Europea. L’industria americana si baserà sull’uso dell’idrogeno verde, le turbine eoliche daranno vita al Mare del Nord e l’energia solare fornirà energia a prezzi accessibili a tutti gli africani, secondo quanto riportato dal Financial Times.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) afferma che tutto questo può essere realizzato senza mettere troppa pressione sulle finanze pubbliche. Le stime presentate dal suo staff durante una recente conferenza suggeriscono che la cooperazione nella decarbonizzazione potrebbe consentire ai Paesi di raggiungere gli obiettivi di zero netto con un costo economico complessivo previsto per il 2030 pari a soli lo 0,5% del PIL mondiale. Per la maggior parte dei Paesi, l’impatto fiscale sarebbe positivo o neutro entro la fine del decennio attuale, sebbene alcuni potrebbero subire perdite iniziali.

Le stime del FMI sull’obiettivo zero netto sono ottimistiche

Secondo Luis Garicano, professore della London School of Economics ed ex membro del Parlamento europeo, il raggiungimento dello zero netto è “del tutto possibile e sorprendentemente economico”, come afferma il Fondo. Tuttavia, ci sono delle difficoltà da affrontare. Le stime del FMI presuppongono un accordo globale per stabilire un prezzo o una tassa sul carbonio e distribuire i proventi ai Paesi in via di sviluppo, eliminando anche i sussidi attuali per i combustibili fossili.

Tuttavia, la realtà è molto diversa da queste ipotesi. Meno del 25% delle emissioni globali è attualmente soggetto a una tassa o un prezzo sul carbonio, e gli impegni dei governi per raggiungere gli obiettivi ambientali sono sempre più a rischio. “Il FMI ha un’idea meravigliosa, ma non si realizzerà”, ha dichiarato Jean Pisani-Ferry, professore a Sciences Po.

Di conseguenza, secondo Helen Miller, vicedirettore dell’Institute for Fiscal Studies del Regno Unito, quando si tratterà di raggiungere lo zero netto, i legislatori potrebbero optare per soluzioni politicamente convenienti, ma meno efficienti dal punto di vista economico.

Finanziamenti per la transizione energetica: una sfida globale

In base a una stima ragionevole, l’importo necessario per raggiungere lo zero netto è di dimensioni considerevoli. Nel 2021, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha calcolato che gli investimenti annuali dovrebbero aumentare da 2 milioni di dollari a quasi 5 milioni di dollari, rappresentando il 2,5% del PIL mondiale entro il 2030. Nel 2050, la cifra complessiva si attesterebbe a 4,5 milioni di dollari.

Lord Nicholas Stern, presidente dell’istituto Grantham della London School of Economics ed ex capo economista della Banca Mondiale, sottolinea la necessità di ulteriori 3 milioni di dollari all’anno, per un totale di 100 milioni di dollari da distribuire in un arco temporale di 30 o 40 anni. Questi fondi sarebbero destinati a promuovere le energie rinnovabili, l’elettrificazione dei sistemi di trasporto, la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffreddamento degli edifici, nonché lo sviluppo dell’idrogeno verde.

Gli economisti concordano sul fatto che la maggior parte di questi investimenti deve provenire dal settore privato. Mahmood Pradhan, responsabile della macroeconomia globale dell’Amundi Institute, afferma: “Alcune stime relative alla transizione verso il cambiamento climatico sono astronomiche. Le richieste per un’economia a zero emissioni sono eccessivamente elevate per essere sostenute esclusivamente dai governi, quindi è essenziale coinvolgere il settore privato”.

È importante notare che i governi stanno già impegnando considerevoli risorse, nell’ordine dei centinaia di miliardi di dollari, per fornire incentivi e sovvenzioni alle imprese e alle famiglie, per promuovere la ricerca e l’innovazione, nonché per migliorare le infrastrutture pubbliche, dalla modernizzazione delle reti elettriche alla prevenzione delle inondazioni e alla costruzione di nuove piste ciclabili.

Tasse sul carbonio: entrate inferiori alle aspettative

Nel dibattito sulla transizione verde, le tasse sul carbonio si prospettano come un possibile strumento per ridurre le emissioni. Tuttavia, secondo gli esperti, i benefici potrebbero essere limitati, e i costi fiscali varieranno notevolmente in diverse regioni. Inoltre, c’è l’incertezza se gli investimenti verdi potranno effettivamente compensare le perdite fiscali dovute alla diminuzione delle imposte sui carburanti. L‘OCSE indica un costo fiscale più elevato rispetto alle proiezioni del FMI, con impatti significativi sul PIL globale. Gli investimenti verdi sono presentati come una soluzione, ma l’entità della trasformazione richiesta è un fattore critico da considerare. Il dibattito tra costi e benefici della transizione verde continua a essere una questione chiave per molti Paesi, con previsioni che indicano un aumento del debito pubblico significativo nel tentativo di raggiungere lo zero netto entro il 2050.

La sfida del finanziamento verde

Il motivo principale di questa cifra più elevata è in parte attribuibile al fatto che in un Paese in cui lo Stato ha tradizionalmente un ruolo di maggiore rilievo, i contribuenti probabilmente si faranno carico di una parte maggiore dei costi.

Inoltre, secondo Pisani-Ferry, i governi hanno sottovalutato quanto dovrebbero aiutare le famiglie. Ad esempio, ha sottolienato che per i francesi con un reddito medio, l’installazione di un sistema di riscaldamento più ecologico costerebbe un intero anno di guadagni. Pertanto, ha aggiunto: “È irrealistico pensare che ciò accada senza un sostegno significativo da parte dello Stato”.

La possibilità di un maggiore indebitamento pubblico per finanziare la transizione verde è un’opzione cruciale, ma i costi di indebitamento in crescita e le crescenti spese in settori come difesa, pensioni e sanità, a causa dell’invecchiamento della popolazione, sono aspetti da tenere in considerazione.