Allarme per il livello del Mediterraneo: cresce tre volte oltre le previsioni

Un studio condotto dall'INGV prevede un aumento del livello del mare nel Mediterraneo a una velocità tripla rispetto alle stime precedenti

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Il Mediterraneo si trova ora al centro di una tempesta particolare, quella dei cambiamenti climatici che minacciano le sue coste e gli ecosistemi marini. Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università olandese di Radboud, rivela dati preoccupanti: l’innalzamento del livello del mare è ben oltre le stime precedenti, con conseguenze potenzialmente catastrofiche.

Il Mediterraneo cresce a una velocità tripla rispetto alle stime

Il nuovo studio italiano mette in luce un aumento del livello del mare a una velocità tripla rispetto alle stime precedenti, mettendo a rischio oltre 38.500 chilometri quadrati di coste mediterranee. La subsidenza, un fenomeno di abbassamento del suolo causato da cause naturali o antropiche, è il principale colpevole di questa accelerazione. Secondo Marco Anzidei dell’INGV, la subsidenza gioca un ruolo cruciale nell’aumento del livello del mare, innescato dal riscaldamento globale a partire dal 1880.

In alcune zone del Mediterraneo, il livello del mare sta crescendo a una velocità quasi triplicata rispetto alle aree più stabili, sottolinea Antonio Vecchio dell’Università di Radboud, primo autore dello studio.
L’Italia, con la sua complessa situazione geologica, si colloca al secondo posto dopo l’Egitto in termini di esposizione ai rischi. Le zone coste più vulnerabili sono individuate nelle regioni di Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Puglia settentrionale sul versante adriatico, insieme a Toscana, Lazio e parte della Sardegna sul versante tirrenico. La subsidenza del terreno, l’erosione costiera e la pressione antropica contribuiscono a rendere queste aree più suscettibili all’inondazione.

Il Mediterraneo sta affrontando una minaccia senza precedenti

Il complesso quadro tettonico della regione mediterranea, il risultato dell’evoluzione della convergenza tra le placche africana ed euroasiatica, aggiunge altre sfide. Le continue deformazioni della crosta terrestre causate da processi geologici e geodinamici, insieme all‘innalzamento del mare dovuto ai cambiamenti climatici, creano un mix esplosivo di rischi per le comunità che abitano le coste. Le proiezioni del nuovo studio indicano che Egitto, Italia e Francia sono tra i Paesi più a rischio, con delta fluviali come quelli del Nilo, del Po e del Rodano particolarmente esposti. Queste aree, con tassi elevati di subsidenza del terreno causati da processi naturali e antropici, sono prossime a un aumento significativo del rischio di inondazioni tra il 2050-2100-2150. Una nota preoccupante è che gran parte della popolazione costiera del Mediterraneo sembra non essere consapevole di questi rischi imminenti. La mancanza di consapevolezza sull’innalzamento del livello del mare, la subsidenza del suolo e i rischi costieri correlati possono portare a una sottovalutazione della situazione, con impatti significativi sull’ambiente, sulle infrastrutture e sulle attività umane.

La ricerca ha utilizzato dati avanzati provenienti dai sistemi di navigazione satellitare per calcolare con precisione millimetrica le velocità di spostamento verticale del suolo. Marco Anzidei sottolinea l’importanza di agire immediatamente: “Nelle aree a rischio, ci saranno maggiori impatti sull’ambiente, sulle attività umane e sulle infrastrutture. È quindi necessario intraprendere azioni concrete a sostegno delle popolazioni costiere“. Il Mediterraneo dunque, con la fragilità, sta affrontando una minaccia senza precedenti. La consapevolezza, la ricerca e azioni tempestive sono fondamentali per preservare questo patrimonio unico e proteggere le comunità che dipendono dalle sue coste.

Le criticità del Mediterraneo messe in evidenza anche dal Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici

Le criticità del bacino del Mediterraneo sono messe in evidenza anche nel Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc), che si propone principalmente di delineare una guida a livello nazionale per l’attuazione di azioni mirate a minimizzare i rischi derivanti dai cambiamenti climatici. Nelle proiezioni per il periodo 2036-2065, confrontate con i dati delle simulazioni climatiche del periodo 1981-2010, si prevede un aumento delle temperature con anomalie che vanno da +1,9 °C nel Tirreno a +2,3 °C nell’Adriatico (con un picco di +2,6 °C nelle medie invernali). Per quanto riguarda l’innalzamento del livello del mare, nel Tirreno e nel mar Ligure si stima un aumento fino a 19 centimetri. Nel corso del 2022, le precipitazioni sono state significativamente inferiori alla media, soprattutto durante l’inverno e la primavera nell’Italia centro-settentrionale, con una carenza del 40% rispetto al periodo 1991-2020. In diverse aree del Nord Italia, si sono verificate condizioni di siccità severa ed estrema. L’estate ha visto un periodo di caldo intenso e prolungato, con un’ondata di calore a fine giugno che ha colpito le regioni centro-settentrionali, registrando temperature massime superiori ai 38 °C in diverse località. Le proiezioni indicano anche una riduzione della durata della copertura nevosa nei fondovalle e sui versanti meridionali fino a 2 mila metri, con una diminuzione di 4-5 settimane e 2-3 settimane a 2.500 metri.

L’obiettivo del Pnacc è anche quello di migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, oltre a sfruttare le eventuali opportunità che potrebbero emergere in relazione alle nuove condizioni climatiche. Il documento sottolinea che il territorio nazionale è notoriamente suscettibile a fenomeni di dissesto, alluvioni, erosione costiera e carenza idrica. Si evidenzia come l’aumento delle temperature e l’incremento degli eventi estremi correlati ai cambiamenti climatici possano amplificare tali rischi, con impatti economici, sociali e ambientali destinati a crescere nei prossimi decenni.

Un impegno collettivo per salvare il Mediterraneo

La storia millenaria del Mediterraneo, culla di civiltà antiche, rende ancor più desolante la prospettiva di veder eroso il suo paesaggio. Le città costiere e le comunità locali sono le prime vittime di una forza insidiosa che richiede una risposta immediata e globale. L’innalzamento del mare non è solo una minaccia ambientale, ma una sfida per la nostra capacità di preservare il patrimonio culturale e la biodiversità di questa regione straordinaria. È necessario un impegno collettivo per affrontare questa emergenza climatica. Le istituzioni, i governi locali e la comunità internazionale devono unire le forze per sviluppare strategie di adattamento, piani di evacuazione e sistemi di allerta precoce. La ricerca scientifica, come quella condotta dall’INGV e dall’Università di Radboud, fornisce il fondamentale supporto per la formulazione di politiche basate su dati accurati e proiezioni realistiche.

La consapevolezza dell’opinione pubblica è altrettanto cruciale. Informare le comunità costiere sui rischi imminenti, promuovere pratiche sostenibili e incoraggiare la partecipazione attiva sono passi fondamentali per costruire una resistenza collettiva a questa minaccia incombente. La lotta contro l’innalzamento del mare è una responsabilità condivisa, che richiede la collaborazione di tutti per proteggere il nostro patrimonio e garantire un futuro sostenibile per il Mediterraneo e le generazioni a venire.