Dal caldo alle inondazioni: le 5 catastrofi che possono colpire il Mediterraneo

L'Italia e il Mediterraneo sono minacciati da possibili escalation meteo-climatiche, tra cui il rischio tsunami. Cosa c'è di vero e cosa rischiamo

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Ondate di calore mai registrate prima e fenomeni di maltempo killer: soprattutto negli ultimi anni, i cambiamenti climatici ci hanno abituato a eventi estremi e pericolosissimi. Non solo per l’uomo, ma anche per l’ambiente.

Il pianeta Terra ha quasi raggiunto il limite di sopportazione ma l’uomo, nonostante i programmi e le promesse dei vari governi, non riesce a invertire la rotta fatale di inquinamento e sfruttamento delle risorse naturali. L’aumento dei rischi è globale, ma potrebbe abbattersi con maggiore forza in alcune aree in particolare. Tra queste figurano anche l’Italia e il “nostro” Mediterraneo, che potrebbero diventare bersaglio di autentiche catastrofi.

Le 5 catastrofi che potrebbero colpire il bacino del Mediterraneo

Sono cinque le categorie principali di rischio per quanto riguarda il Mediterraneo. Durante la conferenza Mare Climaticum Nostrum, organizzata dalla Fondazione Earth Water Agenda con l’Agenzia della Cooperazione internazionale del Ministero degli Esteri in collaborazione con il Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti climatici, una platea di esperti ha analizzato le possibili escalation di catastrofi meteo-climatiche che minacciano Italia e dintorni. Eccole di seguito:

  1. ondate di calore persistenti su popolazioni ed ecosistemi, con la previsione di un numero di decessi e di persone a rischio di stress da calore che potrà raddoppiare o anche triplicare con un innalzamento della temperatura verso i 3 gradi centrigradi;
  2. rischi per la produzione agricola;
  3. scarsità di risorse idriche;
  4. maggiore frequenza e intensità di inondazioni;
  5. innalzamento del livello del mare.

Il rapporto redatto e presentato da Antonio Navarra, presidente del Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti climatici, è “un avvertimento sulle conseguenze e soprattutto un monito a non stare fermi e subire”, ha spiegato Erasmo D’Angelis, presidente della Fondazione Earth Water Agenda. L’esperto sottolinea la necessità di “un’azione urgente a tutela di almeno 12 milioni di italiani esposti a grave insicurezza da frane e alluvioni”.

Quanto ci costano i danni del maltempo

Se dal 1946 al 2018 per riparare i danni sono stati spesi dallo Stato in media 4,5 miliardi di euro all’anno, la progressione odierna è impressionante. Si registra infatti quasi il raddoppio della spesa pubblica, salita a circa 8 miliardi di euro. L’escalation negli ultimi 14 mesi è stato un vero e proprio colpo di grazia su economia e società italiane, investite da una sequenza di quattro grandi alluvioni che hanno provocato complessivamente 45 vittime, centinaia di feriti, decine di migliaia di sfollati e danni complessivi per oltre 15 miliardi di euro. “Serve agire. l’evidenza scientifica è inequivocabile”, ha sottolineato D’Angelis.

L’aumento degli effetti e la gravità dei danni dovuti a questi fenomeni, sempre più estremi e frequenti, è legata non solo ai cambiamenti climatici tout court, ma anche allo sfruttamento e consumo del suolo (di cui abbiamo parlato qui) e a una pessima gestione morfologica e geologica del territorio. Nell’ultimo rapporto Ispra, pubblicato il 25 ottobre, si parla di 77 chilometri quadri di suolo consumato nel corso del 2022 a livello nazionale, con una frequenza di 2,5 metri quadri al secondo.

Mediterraneo a rischio tsunami?

La probabilità che nei prossimi 30 anni il Mar Mediterraneo conosca la catastrofe di uno tsunami, con onde alte più di un metro e profonde 700 metri, è “molto alta”. Lo dichiara l’Unesco e lo conferma anche un recente studio pubblicato sul Journal of Iberian Geology, che ha dimostrato l’avvento di uno tsunami che colpì la regione spagnola di Murcia tra 800 e 1.400 anni fa. Sottolineando che potrebbe verificarsi di nuovo nel prossimo futuro, anche se non con la stessa intensità della terribile “onda” che nel 2004 investì il Sud-Est Asiatico provocando oltre 200mila vittime.

Gli scienziati hanno verificato l’esistenza di testimonianze storiche di questo tipo di fenomeni estremi anche in altre regioni della Spagna. Per gli autori dello studio, sarebbe necessario elaborare seri piani di evacuazione nelle aree costiere del Mediterraneo meridionale. È d’accordo anche Nicola Casagli, Presidente Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, secondo cui il recente disastro idrogeologico che ha colpito la zona di Derna in Libia “è l’ennesima dimostrazione della vulnerabilità dell’area mediterranea nei confronti degli eventi meteorologici estremi”. Catastrofi che ha definito “inevitabili”.