Cosa prevede il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici approvato dal Governo

Il PNACC mira a fornire una guida per le azioni di contrasto dei rischi, migliorare l'adattamento e sfruttare le opportunità delle nuove condizioni climatiche

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il 21 dicembre 2023, il decreto del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha ufficialmente approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Questo piano, che contiene “oltre 360 azioni rivolte ai sistemi naturali, sociali ed economici”, è progettato per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha sottolineato che questa approvazione rappresenta “un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento ai cambiamenti climatici nel nostro Paese”.

PNACC: lo strumento italiano per l’adattamento ai cambiamenti climatici

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica il 21 dicembre 2023, è lo strumento di attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del 2015.

La Strategia prevede la pianificazione a seconda di ogni Paese necessaria per “contenere la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici agli impatti dei cambiamenti climatici e aumentarne la resilienza”.

In breve, il PNACC è lo strumento pensato per l’Italia per reggere e adattarsi alle sfide dettate dal nuovo clima. Sfide che nell’Italia “hotspot” del Mediterraneo saranno sempre più ardue, a causa dell’innalzamento delle temperature dell’acqua, che porteranno a mari sempre più carichi di energia e conseguenti impatti meteo sempre più intensi, e del rischio di un innalzamento del livello dei mari fino a 19 centimetri nei prossimi 40 anni.

Il PNACC prevede un investimento complessivo di circa 100 miliardi di euro entro il 2030. La sua attuazione richiederà un forte impegno da parte di tutte le istituzioni, dei governi locali e della società civile.

Il PNACC, il piano per adattarsi ai cambiamenti climatici

Il PNACC riconosce la vulnerabilità del nostro Paese, che si trova in un’area esposta a impatti climatici estremi, e stabilisce la necessità di attuare una serie di azioni per affrontare le sfide climatiche future. Il ministro Fratin ha definito il PNACC “un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni nel nostro Paese”, che deve fare i conti con fenomeni di dissesto idrogeologico, alluvioni come quelle recenti di Emilia Romagna e Toscana, erosione delle coste, carenza idrica e tanti altri problemi.

Le sfide climatiche che attendono l’Italia

Il Piano delinea chiaramente una serie di sfide imminenti, documentando criticità che variano dalla siccità, con anomalie del -40% nelle precipitazioni del 2022 in alcune regioni, fino alle previsioni che indicano un aumento del livello del mare italiano di quasi 19 centimetri entro il 2065.

Attualmente, i ghiacciai hanno già perso il 30-40% del loro volume, e l’aumento delle temperature dei mari è un ulteriore motivo di preoccupazione. Le proiezioni per il 2036-2065 indicano un aumento di +1,9 °C nel Tirreno e +2,3 gradi nell’Adriatico, minacciando gli ecosistemi naturali e intensificando gli eventi meteorologici estremi.

Un altro segnale del cambiamento climatico è la riduzione della copertura nevosa nelle valli e sui versanti meridionali. Gli amanti dello sci dovranno fare i conti con una diminuzione della durata della copertura nevosa, con una riduzione di cinque settimane fino a 2 mila metri e di due o tre settimane a 2.500 metri.

Gli scenari di emissioni del PNACC: tre possibili futuri per il clima

Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) identifica tre scenari di emissioni climalteranti, che rappresentano tre possibili futuri per il clima.

  • Scenario ad elevate emissioni: in questo scenario, le emissioni climalteranti continuano a crescere in modo incontrollato. Entro la fine del secolo, le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera saranno triplicate o addirittura quadruplicate rispetto ai livelli preindustriali. La temperatura globale aumenterà di 4-5 gradi, con conseguenze devastanti per l’ambiente e la società.
  • Scenario intermedio: in questo scenario, le emissioni climalteranti vengono gradualmente ridotte, ma non in modo sufficiente a evitare il riscaldamento globale. Entro il 2070, le concentrazioni di CO2 scendono al di sotto dei livelli attuali, ma la temperatura globale aumenta comunque di 2-3 gradi.
  • Scenario a mitigazione forte: in questo scenario, le emissioni climalteranti vengono ridotte drasticamente. Entro il 2050, le emissioni vengono dimezzate e la temperatura globale aumenta di 1,5 gradi.

La scelta dello scenario da perseguire è fondamentale per la definizione delle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici. Se si sceglie lo scenario ad elevate emissioni, le azioni di adattamento dovranno essere molto intense, per far fronte agli impatti più gravi del cambiamento climatico. Se si sceglie lo scenario intermedio o a mitigazione forte, le azioni di adattamento potranno essere meno intense, ma sarà comunque necessario intervenire per ridurre la vulnerabilità dei sistemi socio-economici.

PNACC: 361 azioni per adattare l’Italia ai cambiamenti climatici

Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) identifica 361 azioni di adattamento da attuare entro il 2030. Le azioni sono suddivise in tre categorie, in base alla loro natura:

  • Azioni soft: non richiedono interventi strutturali o materiali diretti. Sono azioni di tipo informativo, educativo, normativo o di sensibilizzazione
  • Azioni green: prevedono soluzioni basate sulla natura, come la riforestazione, la creazione di zone umide o la protezione delle coste
  • Azioni grey: sono interventi materiali diretti su impianti, tecnologie o infrastrutture.

La maggior parte delle azioni, oltre 250, è classificata come soft. Si tratta di azioni di tipo informativo, educativo e normativo, che mirano a migliorare la consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni sui cambiamenti climatici e sulle azioni da intraprendere per adattarsi.

Le altre cento azioni si dividono tra green e grey. Le azioni green, circa 60, riguardano principalmente la protezione degli ecosistemi naturali, come la riforestazione e la creazione di zone umide. Le azioni grey, circa 40, riguardano principalmente la mitigazione dei rischi idraulici e idrogeologici.

Il PNACC prevede anche alcune azioni specifiche per il settore agricolo, che è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Queste azioni riguardano principalmente la protezione delle colture dagli eventi estremi, come le gelate e le grandinate, e l’efficientamento delle risorse idriche.

L’attuazione del PNACC è un passo importante per rendere l’Italia più resiliente ai cambiamenti climatici. Tuttavia, è importante che le azioni individuate siano effettivamente attuate, con risorse adeguate e con un coordinamento efficace tra i diversi livelli di governo.

Italia approva il PNACC, ma è solo un primo passo

Dopo sei lunghi anni dalla prima bozza e quattro governi successivi, l’Italia ha finalmente approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). Questo segna un passo significativo nella lotta alla crisi climatica, accolto come la prima buona notizia del 2024, secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

Il presidente Ciafani sottolinea il lungo percorso che ha portato a questa approvazione, con la presentazione della prima bozza nel 2018 durante il governo Gentiloni. Nonostante anni di ritardi e stallo, un segnale di svolta è arrivato alla fine del 2022, culminando nell’approvazione finale pochi giorni fa.

Tuttavia, Ciafani mette in guardia sul fatto che l’efficacia del PNACC dipenderà dalla disponibilità di risorse economiche, ancora assenti e non previste nella recente legge di bilancio. L’appello è rivolto al Ministro dell’Ambiente e al Governo Meloni affinché garantiscano gli investimenti necessari per evitare che il piano resti solo sulla carta.

Il presidente di Legambiente evidenzia ulteriori passi necessari, tra cui l’approvazione di un Piano Nazionale Integrato Energia e Clima più ambizioso entro il 2030, una legge sullo stop al consumo di suolo e l’attivazione dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici entro tre mesi.

Ciafani sottolinea la crescente esposizione dell’Italia alla crisi climatica e agli eventi meteorologici estremi, citando il significativo aumento del 22% degli eventi nel 2023. La prevenzione diventa cruciale per evitare costi elevati come i 11 miliardi di euro spesi per i danni delle alluvioni del 2023.