Quando un attivista lancia zuppa o vernice su un quadro protetto da una teca trasparente, molti pensano che non ci siano conseguenze legali perché “l’opera non si è rovinata”. In realtà, la legge tutela il patrimonio culturale non solo nella sua integrità materiale, ma anche nella sua funzione simbolica, estetica e collettiva.
L’art. 518 duodecies c.p. (Danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici) – introdotto dal D.lgs. n. 22 del 2022 punisce:
“chiunque distrugge, disperde, deteriora, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici”
Quindi non serve una distruzione permanente: anche la sola alterazione temporanea può bastare. Lo conferma la Cassazione:
“La condotta di imbrattamento di un’opera d’arte o bene culturale, anche se priva di intenti distruttivi, integra comunque il reato previsto dall’art. 518-duodecies c.p., qualora venga compromessa anche temporaneamente l’integrità, l’estetica o la funzione espositiva del bene.” (Cass. sent. n. 16708/2023)
Se un’opera viene ricoperta da uno strato di vernice (anche lavabile), il museo deve comunque intervenire, chiudere la sala, attivare una squadra di conservatori. Tali attività comportano spese, rallentamenti e rischi per l’opera stessa. Il solo fatto che il pubblico non possa più accedervi integra una lesione giuridicamente rilevante.
Vieppiù, se l’opera si trova in un luogo pubblico o è esposta alla pubblica fede, si può applicare anche il reato di danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.). E’ il caso in cui l’imbrattamento colpisce opere esposte alla pubblica fede, come statue nei parchi o installazioni nei luoghi pubblici. Oppure, se il bene ha un valore artistico ma non è vincolato formalmente, si può fare riferimento all’art. 733 c.p., che tutela cose di interesse storico o artistico nazionale anche senza un vincolo specifico.
Il movente ecologista o simbolico non elimina l’illeicità del gesto: può semmai influenzare la pena, ma non esclude la sussistenza del reato. Pertanto, chi partecipa a questo tipo di proteste rischia un procedimento penale anche senza toccare fisicamente l’opera. Basta il concorso morale, la presenza attiva, o l’aver favorito la condotta. E attenzione è un reato procedibile d’ufficio, quindi parte in automatico, anche senza denuncia del museo.
Indice
Quali sono le sanzioni per chi danneggia beni culturali?
Chi danneggia o imbratta un’opera d’arte rischia sanzioni penali e civili, anche in assenza di danno permanente. In base alla normativa vigente, le sanzioni previste in caso di danneggiamento volontario di un bene culturale possono includere:
- reclusione da 2 a 5 anni e multa da 2.500 a 15.000 euro (art. 518 duodecies c.p.);
- reclusione da 6 mesi a 3 anni per danneggiamento aggravato su beni esposti alla pubblica fede (art. 635, comma 2, n. 1 c.p.);
- fino a un anno di reclusione o multa fino a 1.032 euro nei casi residuali (art. 733 c.p.);
- sanzioni accessorie, come risarcimento del danno, confisca degli strumenti utilizzati e possibile interdizione da luoghi pubblici.
In sede d’indagine, è prassi che la procura nomini un perito per stabilire se il danno è materiale o solo visivo; il costo economico dell’intervento di ripristino e restauro.
Posso manifestare bloccando una strada?
Manifestare è un diritto costituzionale, ma bloccare il traffico può costare un’indagine penale. Anche se la protesta è pacifica.
Il diritto di manifestare è garantito dagli artt.17 e 21 Cost., ma deve essere esercitato nel rispetto dell’ordine pubblico e dei diritti altrui, come la libertà di circolazione. Bloccare una strada durante una protesta, senza autorizzazione, può integrare diversi reati, a partire dalla violenza privata (art. 610 c.p.) se si impedisce a terzi di muoversi liberamente, anche senza minacce fisiche.
In assenza di preavviso alla Questura (art. 18 del T.U.L.P.S.), il blocco può essere vietato o sciolto, e i partecipanti perseguiti. Se la manifestazione paralizza il traffico o ostacola servizi pubblici – come ambulanze, trasporti, accessi lavorativi – può configurarsi anche l’interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.).
Secondo la Cassazione il blocco stradale costituisce “una forma di costrizione penalmente rilevante”, anche senza atti di violenza, perché limita la libertà di chi transita (Cass. sent. n. 49162/2021).
Anche l’occupazione non autorizzata della carreggiata è vietata dall’art. 20 e ss. Codice della Strada e può essere contestata in sede amministrativa e penale. L’assenza di violenza o armi non rende lecita una protesta che compromette interessi generali.
In questi casi, la responsabilità è sempre individuale. Anche chi non ha organizzato la protesta può essere iscritto nel registro degli indagati, semplicemente per aver aderito al blocco. Le riprese della Digos e delle forze dell’ordine vengono spesso utilizzate per identificare i partecipanti. La messa alla prova ex art. 168 bis c.p. è una delle difese più efficaci per evitare il processo, soprattutto in caso di ammissione e condotta collaborativa.
Quali sono i diritti degli attivisti durante le manifestazioni?
Le manifestazioni in luogo pubblico richiedono una comunicazione preventiva al Questore, almeno tre giorni prima, come previsto dall’art. 18 del T.U.L.P.S. Non serve un’autorizzazione formale, ma l’assenza di preavviso può legittimare un divieto o uno scioglimento per motivi oggettivi e documentati. Anche iniziative spontanee o simboliche possono richiedere preavviso, soprattutto se prevedono assembramenti o azioni dimostrative.
Gli attivisti hanno diritto a:
- manifestare pacificamente e senza armi, nel rispetto della legalità;
- non essere identificati arbitrariamente, salvo che vi siano motivi concreti di sicurezza;
- non subire schedature ideologiche o raccolte dati a fini discriminatori;
- non essere sottoposti all’uso della forza se non in presenza di turbative effettive.
Durante le manifestazioni, le forze dell’ordine possono usare bodycam, droni o riprese fisse per documentare l’evento. Molti attivisti temono di essere schedati solo per la loro presenza, ma la partecipazione a una manifestazione regolarmente preavvisata non è reato. Tuttavia, se l’iniziativa degenera (ad esempio in blocchi stradali, imbrattamenti o resistenza passiva), la responsabilità diventa individuale. Anche chi non ha ruoli di guida può essere indagato, a seconda della condotta e del materiale raccolto dalle autorità.
In caso di identificazione, è importante collaborare, fornire i propri dati e non ostacolare gli agenti. Un atteggiamento cooperativo può fare la differenza tra archiviazione e apertura di un procedimento.