Reddito di cittadinanza, quanto vale negli altri Paesi: le differenze

Il confronto tra il Rdc erogato nel nostro Paese e i sussidi statali previsti nel resto d'Europa

Foto di Claudio Garau

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Contestato in Italia, funzionante all’estero. Se nel nostro Paese il Reddito di cittadinanza, dopo proposte di cancellazione arrivata da più parti, si avvia ad una riforma quasi certa, i suoi equivalenti in giro per l’Europa funzionano e sono al centro del sistemi di welfare nazionali. Ecco quali sono le principali differenze rispetto agli altri Paesi.

Reddito di cittadinanza, le misure di welfare negli altri Paesi

Il 2030 per la Commissione Ue è l’orizzonte massimo entro il quale far riscattare dal rischio di condizioni di disagio sociale 15 milioni di persone, tra cui 5 milioni di bambini, in un quadro aggravato dalla pandemia da Covid-19 che registra ad oggi circa 91 milioni di cittadini europei in condizioni di povertà, uno su cinque degli abitanti dei Paesi membri.

L’obiettivo fissato da Bruxelles sarebbe dunque in generale raggiungere almeno quota 76 milioni con una riduzione di circa il 16% di persone in situazione di indigenza e accrescere un tasso di occupazione di minimo il 78%.

In questo contesto l’Italia è arrivata penultima tra i Paesi europei, precedendo solo la Grecia, a prevedere uno sussidio a sostegno delle fasce della popolazione più povere.

Reddito di cittadinanza, perché funziona meglio negli altri Paesi

Uno degli esempi più virtuosi è la Germania con il programma Arbeitslosengeld II (Alg II), è stato introdotto dal governo Schroeder nel 2003 e aggiornato con la pandemia. Si tratta del programma di aiuti statali più ricco di tutto il continente: vale l’1,5% del Pil, a fronte di una media europea tra lo 0,3 o lo 0,5%, per un ammontare di 15 miliardi di euro.

Un contributo di 432 euro al mese per i single e di 389 euro a testa per le persone conviventi, minore rispetto all’Italia ma destinato a una platea più ampia in quanto per poterne fare richiesta basta dichiarare di non avere un reddito sufficiente per mantenere la propria famiglia, essere abili al lavoro, anche se non disoccupati

A chi rifiuta di prendere parte a un corso di formazione o di accettare un lavoro, viene decurtata la somma del 30% per tre mesi, del 60% al secondo no, completamente cancellata al terzo diniego per altri tre mesi.

Tra i requisiti più stringenti per accedere al Reddito di cittadinanza nel nostro Paese, inoltre, c’è l’essere residente in Italia da almeno 10 anni. Nel resto d’Europa dove la media è di cinque anni, soltanto la Danimarca si avvicina alla nostra soglia, richiedendone nove. Una restrizione che esclude la possibilità di accesso al sussidio almeno 92mila famiglie straniere, 150 mila famiglie in più a fronte di soli due anni di residenza, con esborso statale di 950 milioni l’anno.