Quando deve essere pagato il TFR

Il trattamento di fine rapporto è un diritto del dipendente, che può essere fatto valere al termine dell'esperienza di lavoro. Le tempistiche

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Una volta conclusa l’attività lavorativa un ex dipendente ha sempre diritto al TFR. La legge italiana non prevede dunque alcuna differenziazione tra le modalità che hanno portato alla conclusione del rapporto lavorativo.

Anzi, è un obbligo per la generalità dei datori di lavoro occuparsi dei passaggi necessari al completamento dell’iter del trattamento di fine rapporto, ma non è affatto raro che il dipendente si ritrovi ad attendere un bel po’ prima di ricevere la somma dovuta. È normale dunque chiedersi quali siano i tempi previsti dalla legge.

Di seguito ne parleremo e coglieremo l’occasione per vedere insieme, in sintesi, cos’è e come funziona il trattamento di fine rapporto – TFR. I dettagli.

Che cos’è il TFR in breve

Il trattamento di fine rapporto, o liquidazione, può essere definito come un credito che il lavoratore matura nel corso del rapporto di lavoro con un’azienda. Una somma di denaro accantonata nel tempo, che il datore di lavoro è tenuto a versare al termine dell’attività professionale, per pensionamento, licenziamento, dimissioni o risoluzione consensuale.

Tecnicamente parlando, il TFR consiste in un elemento della retribuzione ad erogazione differita. Da notare altresì che il trattamento di fine rapporto spetta in riferimento a tutti i rapporti di lavoro subordinato – compresi quelli part time, a tempo determinato, apprendistato e matura anche nell’ambito del periodo di prova.

D’altronde, l’art. 2120 del Codice Civile è molto chiaro a riguardo:

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto.

Ne consegue che i lavoratori autonomi sono esclusi da questo istituto.

Quando viene versato il TFR

Salvo il caso dell’anticipo del TFR quello alla riscossione del trattamento di fine rapporto è un diritto che il lavoratore matura alla chiusura del rapporto di lavoro. Ma in quale preciso momento può essere richiesto? E quando cioè il datore di lavoro o azienda sono tenuti a versarlo? Ebbene, solitamente il pagamento scatta – o dovrebbe scattare – in corrispondenza con l’ultima busta paga.

Sono i distinti Ccnl di settore a dettagliare quando avviene il pagamento della somma accantonata, anche con marcate differenze. E proprio per questo si raccomanda di leggere con attenzione sul proprio contratto collettivo di riferimento, per non rischiare di essere inadempienti verso un ormai ex dipendente e subire possibili sue iniziative legali.

Per fare un esempio pratico vediamo cosa dice a riguardo il Ccnl Commercio che, all’art. 253, dispone quanto segue:

Il trattamento di fine rapporto deve essere corrisposto all’atto della cessazione dal servizio […] e comunque non oltre 45 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. In caso di ritardo dovuto a cause non imputabili al lavoratore, sarà corrisposto dalla scadenza […] un interesse del 2% superiore al tasso ufficiale di sconto. L’importo così determinato si intende comprensivo della rivalutazione monetaria per crediti di lavoro, relativa al trattamento di fine rapporto.

Nella prassi è preferibile procedere con il pagamento del TFR entro i 30-45 giorni successivi alla fine del rapporto di lavoro.

Qualora dovessero esservi dei ritardi nel pagamento sarà possibile fare richiesta per interessi e rivalutazione monetaria, da aggiungere alla somma iniziale indicata dal proprio TFR. L’importo maturato dovrà essere liquidato direttamente dal datore di lavoro e, in caso di trasferimento d’azienda, tale responsabilità ricadrà sul nuovo proprietario.

È bene sapere però come in assenza di un termine indicato nel contratto, il creditore può esigere l’importo dovuto immediatamente. Vi può altresì essere un accordo ad hoc tra lavoratore ed azienda, con il quale il termine massimo di 45 giorni viene posticipato.

Prescrizione del TFR

Fino a quando i crediti di lavoro sono esigibili? La questione temporale ha un’importanza cruciale quando si parla di TFR. Infatti, come indica l’art. 2948 del Codice Civile, il diritto alla somma dovuta si prescrive in cinque anni, decorrenti a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Nel caso in cui un dipendente non dovesse pretendere il pagamento nel quinquennio seguente la cessazione del rapporto lavorativo, non avrà più alcun diritto. Ecco perché il trattamento di fine rapporto dovrà essere versato nel più breve tempo possibile.

Attenzione però, la prescrizione sale a dieci anni quando tale diritto sia stato riconosciuto con sentenza passata in giudicato – così come prevede l’art. 2953 del Codice Civile.

Pagamento in ritardo del TFR

Non vi è modo per l’azienda di trovare giustificazioni per ritardare il pagamento del trattamento di fine rapporto. La somma maturata dovrà essere infatti versata all’atto delle dimissioni o del licenziamento, a meno che, come detto, il contratto collettivo nazionale non preveda l’applicazione di preciso termine temporale.

Non è raro che alcuni datori di lavoro sottolineino l’impossibilità di determinare l’esatto importo. L’ostacolo sarebbe rappresentato dalla necessaria attesa dell’aggiornamento dei coefficienti di rivalutazione. È stato però più volte affermato nei tribunali italiani come ciò non determinerebbe lo spostamento della scadenza. Non è infatti necessaria alcuna analisi dei coefficienti, considerando come il tempo di maturazione del diritto al TFR coincida con il momento della cessazione del rapporto.

Il primo passo da compiere per un dipendente è dunque quello di verificare il proprio contratto collettivo nazionale di riferimento. Si andrà in questo modo alla ricerca di un eventuale indicazione temporale per il pagamento. Detto ciò, le aziende tendono a corrispondere il TFR dovuto entro il giorno 15 del mese successivo alle licenziamento o alle dimissioni del dipendente.

Nel caso in cui l’azienda in questione non risulti in possesso della totalità dei dati necessari a calcolare il TFR (indica ISTAT aggiornato ad esempio), potrà provvedere all’immediato pagamento degli accantonamenti rivalutati, provvedendo in seguito al saldo del rateo mancante.

Il pagamento del trattamento di fine rapporto rientra nel novero dei diritti irrevocabili del lavoratore dipendente. L’azienda non potrà in alcun modo sottrarsi a tale obbligo, salvo un eventuale prescrizione, come indicato in precedenza.

Cosa fare in caso di mancato pagamento del TFR

Nel caso in cui proprio ex datore di lavoro decida per qualsiasi ragione di non versare il quantitativo economico maturato nel corso degli anni, si avrà modo di agire per vie legali. In questo caso lo Stato italiano tutela sempre il dipendente. Questi infatti non soltanto otterrà il pagamento del TFR, ma alla somma si vedranno aggiunti interessi maturati e rivalutazione, in relazione al ritardo sofferto.

In primis il dipendente potrà certamente inoltrare una lettera raccomandata, al fine di sollecitare il pagamento del trattamento di fine rapporto. Qualora ciò non basti ad ottenere il dovuto, si potranno certamente adottare le opportune contromisure legali, citando in giudizio il datore di lavoro.

Basterà semplicemente tutelarsi presentando un ricorso per decreto ingiuntivo in tribunale. Tale provvedimento verrà notificato all’azienda in questione. Il datore di lavoro avrà a disposizione 40 giorni di tempo per regolamentare la propria posizione.

Nel caso in cui la società dovesse decidere di fare opposizione, si andrebbe ad aprire una causa ordinaria. Nell’ipotesi in cui, una volta ottenuta la condanna del giudice, la società dovesse comunque evitare ritardare il pagamento, il dipendente avrà modo di proporre un’istanza di fallimento. In questo caso a versare il TFR sarà il Fondo di Garanzia dell’Inps.