Tutti i nomi della nuova Rai di Meloni: chi entra e chi esce

Dalla chiusura di Che tempo che fa al possibile ritorno di Nicola Porro, fino alle new entry targate centrodestra: tutti i volti nuovi della TV di Stato

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Nonostante i toni apocalittici utilizzati in queste ore da diversi esponenti del mondo politico e da altrettante firme dei più prestigiosi quotidiani italiani, la scelta di Giorgia Meloni di rivoluzionare gli equilibri all’interno della TV di Stato fa parte di una prassi ormai consolidata a cui abbiamo assistito con regolarità sin da quando – nel lontano 1975 – venne approvata con decreto la celebre lottizzazione dei canali Rai.

Tutto ebbe inizio proprio così: Rai Uno di esclusiva proprietà della Democrazia Cristiana, il Partito Socialista collocato su Rai Due e il PCI di Enrico Berlinguer “omaggiato” di uno spazio pubblico con l’assegnazione di Rai Tre. Da allora, scorrendo la lunga lista di tutti gli esecutivi che si sono dati il cambio tra la Prima e la Seconda Repubblica, nessun presidente del Consiglio ha mai mancato di far sentire la propria voce per quanto riguarda la scelta dei volti e dei palinsesti del servizio pubblico.

Da Berlusconi a Renzi, fino a Meloni: come cambia la Rai con il nuovo governo di centrodestra

In tempi recenti, dopo l’editto bulgaro con cui Silvio Berlusconi estromise tre giornalisti di punta come Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi (conduttori di programmi di grande successo sulle reti nazionali), è stata la volta di Matteo Renzi, che in maniera tutt’altro che velata ha accompagnato alla porta gente del calibro di Massimo Giannini – oggi direttore de La Stampa -, che in quel periodo monopolizzava l’attenzione di milioni di spettatori con la sua tribuna politica del martedì sera: la trasmissione la ricordano tutti, si chiamava Ballarò ed era stato il collega Giovanni Floris (oggi esponente di punta di La7, anche lui tra i professionisti cacciati da viale Mazzini) a crearla per la prima serata di Rai Tre.

Dal 2018, con lo sconquasso portato in Parlamento dagli esponenti del Movimento 5 stelle, la consuetudine si è fatta diversa (più furba ma non per questo meno spietata): basta con le epurazioni gridate ai quattro venti, si passa ad un più soffice rimescolamento delle carte tra i direttori dei telegiornali, i responsabili dei canali e i dirigenti che gestiscono i programmi tematici (cultura, sport, bambini ecc…). È successo nei due governi – di colore opposto – guidati da Giuseppe Conte ed è successo anche con Mario Draghi, nonostante abbia fatto di tutto per tenersi lontano dalla partita: la fame di spartizione dei partiti ha inguaiato anche l’ex capo della Banca Centrale Europea.

Le scelte di Giorgia Meloni sui vertici del servizio pubblico: il caso Fuortes e l’arrivo di Roberto Sergio

E veniamo all’oggi, ai cambiamenti che la maggioranza di centrodestra sta apportando alla Rai. La mossa più eclatante ha riguardato l’ormai ex amministratore delegato Carlo Fuortes. Per lui molti immaginavano addirittura un encomio, visti i record di ascolti che il servizio pubblico ha saputo inanellare in questi anni trascorsi sotto la sua gestione (dal ritrovato amore popolare per il Festival di Sanremo con la guida di Amadeus, fino all’exploit di Rai Play).

Invece, prefigurando per lui un trasferimento a Napoli come sovrintendente del Teatro San Carlo, il consiglio di amministrazione della TV di Stato – in primis con la presidente Marinella Soldi, molto vicina a Matteo Renzi – gli ha dato il ben servito (con la complicità anche dei 5 stelle, che su questo terreno stanno cercando convergenze con il governo per isolare il Partito Democratico). Ora, al timone della Rai arriverà Roberto Sergio, manager di lunga data che si aggira nei corridoi di viale Mazzini già dal 2004 (fece il suo esordio nell’area riservata all’organizzazione dei nuovi media).

Dalla cacciata di Fabio Fazio al possibile ritorno di Nicola Porro: come cambia la Rai con Giorgia Meloni

Ma, leggendo i quotidiani e le agenzie, il vero spoils system che il centrodestra vuole portare avanti in Rai (dopo quelli che hanno coinvolto i vertici di Enel, Eni, Poste Italiane, Leonardo, Inps, Inail, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, esattamente come successo in passato con ogni nuovo governo) è quello che coinvolge giornalisti e conduttori. Partiamo da uno dei nomi di punta, ossia quello di Fabio Fazio: da tempo inviso soprattutto alla Lega, l’uomo di Che tempo che fa non potrà rinnovare il proprio super contratto (secondo Affari Italiani, nel 2022 avrebbe percepito niente meno che 2 milioni e 240mila euro).

Al suo posto – ma non su Rai Tre – potrebbe rientrare Nicola Porro, che in questi anni ha saputo accreditarsi presso il grande pubblico con il suo talk show Quarta Repubblica in onda ogni lunedì sera su Rete 4. A lui verrebbe chiesto di replicare il format su Rai Due, anche se diverse indiscrezioni lo vedrebbero contrario ad abbandonare Mediaset – così come Paolo Del Debbio, conduttore di Quinta Colonna sempre sul quarto canale – per una questione economica: lo stipendio annuo garantito dal Biscione pare infatti essere molto più alto rispetto alla proposta giunta dai vertici della TV nazionale.

Tutti i nomi della Rai targata centrodestra: come cambia il palinsesto della nuova stagione

Dunque, sono ancora poche le certezze sulla nuova Rai targata Giorgia Meloni. Mentre pare sicura la promozione di Marta Moreno (star del Tg2 post) alla conduzione di Agorà su Rai Tre, altrettanto probabile è il ritorno di Pino Insegno – eretto a uomo simbolo della cultura di centrodestra per i rapporti di amicizia con la premier – che dovrebbe scalzare Flavio Insinna all’ora di cena per la conduzione de L’eredità su Rai Uno. Molto probabile anche la riabilitazione di Claudio Lippi, da anni sparito dai radar televisivi dopo decenni di grandi traguardi sia nel pubblico (alla guida di Domenica In) che nel privato (con l’omologo programma di Canale 5, Buona Domenica).

Altre variazioni in vista: Luca Barbareschi – che con l’allora Popolo della Libertà venne anche eletto alla Camera – è destinato ad avere uno spazio di cronaca e approfondimento, mentre le conduttrici Nunzia De Girolamo (già presente in Rai ma con comparse marginali) e Hoara Borselli (firma di Libero) verranno inserite nel day time dei nuovi palinsesti. Infine, a differenza di quanto si vociferava in questi giorni, dovrebbero mantenere il loro posto sia Sigfrido Ranucci (campione assoluto di ascolti con Report), sia Marco Damilano, ex direttore de L’Espresso, che su Rai Tre conduce la rubrica Il cavallo e la torre: nonostante la loro evidente lontananza di idee rispetto alla maggioranza di governo, molto probabilmente verranno riconfermati.