Chi è il super manager che Meloni vuole al governo

Nelle ultime ore circola con sempre più insistenza il nome di uno dei dirigenti d’azienda più famosi del nostro Paese: entrerà nel prossimo esecutivo?

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Sono passati più di quindici giorni da quando gli italiani si sono recati alle urne per esprimere il proprio voto in occasione delle elezioni politiche di domenica 25 settembre. L’esito della consultazione è apparso fin da subito chiaro a tutti, con un’unica vincitrice, Giorgia Meloni, il cui successo era stato largamente previsto da tutti i sondaggi di opinione durante i due mesi estivi di campagna elettorale.

La sconfitta invece ha riguardato soprattutto il Partito Democratico, che dopo il tonfo di quattro anni fa con candidato premier Matteo Renzi (poi fuoriuscito e divenuto il fondatore di Italia Viva), a questo giro ha riscontrato un risultato ancora peggiore in termini di voti assoluti, ritoccando il proprio record negativo sotto la guida di Enrico Letta. Sotto le aspettative anche il Terzo Polo di Carlo Calenda, che ambiva a superare la soglia del 10% ma si è fermato qualche decimale al di sotto dell’8%.

Le prossime tappe che porteranno alla formazione del governo di Giorgia Meloni: ecco quando riceverà l’incarico da Sergio Mattarella

In queste due settimane di transizione, il governo uscente presieduto da Mario Draghi ha continuato a svolgere i compiti previsti per la gestione degli affari correnti, tra cui quello di delineare un quadro chiaro di quali siano le priorità da affrontare per chi verrà dopo. Una volta concluso questo periodo di passaggio, l’ex capo della Bce lascerà il posto alla leader di Fratelli d’Italia che, con ogni probabilità, verrà incaricata da Sergio Mattarella per formare un esecutivo di spessore e raccogliere la fiducia del nuovo Parlamento.

Proprio in queste ore gli uffici tecnici e informatici di Camera e Senato stanno accogliendo tutti i nuovi eletti per mettere a punto la procedura di registrazione ufficiale. Il tutto per arrivare senza intoppi alla convocazione della prima seduta, che avrà luogo nella giornata di giovedì 13 ottobre. Solo allora – dopo l’elezione dei presidenti delle due Camere, che sostituiranno gli uscenti Elisabetta Alberti Casellati (a Palazzo Madama) e Roberto Fico (a Montecitorio) – il Capo dello Stato inizierà la fase delle consultazioni con i segretari dei partiti e la diciannovesima legislatura della storia della Repubblica italiana potrà davvero prendere il via.

Le incertezze sui ministri che sceglierà Giorgia Meloni: tensione con gli alleati di centrodestra, cosa sta succedendo

Ingabbiata in un’attesa febbrile, dal giorno del voto Giorgia Meloni ha preferito barricarsi dietro un muro di silenzio che tradisce una certa dose di preoccupazione per il ruolo che andrà a ricoprire. Le sfide da affrontare per il nostro Paese sono di portata epocale, lei lo ripete ogni giorno ai suoi più stretti collaboratori e per questo intende dare vita ad un esecutivo che sappia coniugare la competenza di figure tecniche e professionali con l’abilità di donne e uomini della politica che verranno scelti all’interno dei partiti che compongono la maggioranza di centrodestra.

Da giorni infatti su tutti i quotidiani nazionali e nei salotti dei talk show televisivi impazza il cosiddetto toto-ministri. Dopo un’iniziale irritazione nel discutere dell’argomento, la presidente di Fratelli d’Italia si è riunita con gli alleati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini presso la residenza dell’ex premier ad Arcore. A Villa Grande il confronto è stato acceso, soprattutto per quanto riguarda il futuro ruolo di Licia Ronzulli: la fedelissima del Cavaliere ha reclamato per sé un ministero di peso, si parla della Sanità, incassando però il netto rifiuto di Giorgia Meloni, che per quanto riguarda Forza Italia ha garantito un posto certo soltanto al reggente nazionale Antonio Tajani, destinato al dicastero degli Esteri fino a oggi occupato da Luigi Di Maio. La questione rimane ancora aperta, con tanto di irritazione non nascosta da parte dello stesso Silvio Berlusconi.

Chi sono i ministri tecnici che Meloni inserirà nel prossimo esecutivo: i nomi sul tavolo della premier in pectore

A distanza di pochi giorni dalla convocazione al Quirinale (che dovrebbe avvenire il 20 o il 21 ottobre, una volta che Mario Draghi sarà tornato dalla sua ultima trasferta a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo), la premier in pectore sa come ci siano ancora diverse caselle da riempire tra coloro che comporranno il prossimo Consiglio dei ministri. Per questo sta intensificando le telefonate con le figure tecniche che ritiene più idonee per sostenere gli impegni gravosi che attenderanno la prossima compagine di governo. Nella sua mente il dicastero più importante, ossia quello dell’Economia e delle Finanze, dovrebbe spettare a Fabio Panetta, attuale membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Ma i contatti si sono fatti sempre più stretti anche con altre personalità estranee alla politica.

Tra queste sta prendendo sempre più quota la figura di Paolo Scaroni, banchiere e dirigente d’azienda dal curriculum assai composito. Attuale presidente del Milan (incarico che ricopre dal luglio del 2018), viene ricordato principalmente per aver svolto il ruolo di amministratore delegato di alcune delle più grandi imprese italiane nel settore dell’energia. Infatti, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2014, Scaroni è stato prima al vertice di Enel (nominato durante il secondo governo del fondatore di Forza Italia) e poi a quello di Eni, dov’era approdato nell’estate del 2005.

Giorgia Meloni vuole ricreare il ministero dell’Economia: la preoccupazione per la crisi energetica e i rincari delle bollette

Ma non ci sono solo i tanti successi nel passato dell’attuale numero uno del club rossonero. La sua carriera infatti è segnata anche da alcuni momenti di ombra, tra cui uno in particolare che rischiò di compromettere la sua carriera quando ancora era solo agli inizi. Accadde nel luglio del 1992, in piena Tangentopoli, quando ricopriva l’incarico di amministratore delegato di Techint, una multinazionale italiana attiva nel settore della siderurgia. Scaroni venne arrestato con l’accusa di aver pagato diverse mazzette al Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi per poter ricevere l’incarico di costruire la centrale elettrica di Brindisi.

Oggi Giorgia Meloni vorrebbe riportarlo proprio in quell’ambito, affidandogli un apposito ministero dell’Energia. La futura premier vorrebbe infatti isolare questa delega, scorporandola dal dicastero della Transizione ecologica che ad oggi la ingloba. Questo per permettere a chi la riceverà – che sia Paolo Scaroni o qualcun altro – di occuparsi a tempo pieno della spinosa questione del caro bollette.