Telecom Italia crolla in Borsa dopo la presentazione del piano industriale

Crollo in Borsa per Telecom, il nuovo piano strategico delude i mercati finanziari. Azioni in picchiata del -23,79%; perso circa un miliardo di capitalizzazione

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Giornata nera quella del 7 marzo 2024 per le azioni in Borsa di Telecom Italia, il gigante delle telecomunicazioni italiano. Le quotazioni dell’azienda hanno subito un brusco crollo, chiudendo con una perdita del -23,79%. Tale variazione ha comportato una perdita di circa 1 miliardo di capitalizzazione in una sola seduta.

Il perché del crollo

La causa principale di questa forte flessione è stata la presentazione del nuovo piano strategico da parte del gruppo. Nonostante le aspettative positive, il piano non è riuscito a rassicurare gli investitori, che hanno reagito negativamente alla notizia. Si tratta del primo piano del gruppo telefonico senza la proprietà della rete fissa, la quale entro l’estate verrà trasferita al consorzio guidato dal fondo statunitense Kkr. Tuttavia, Sparkle, la divisione che si occupa dei servizi internazionali, continuerà a rimanere sotto l’egida di Telecom Italia.

L’obiettivo principale del nuovo piano, come espresso dall’amministratore delegato Pietro Labriola, è quello di vendere la rete fissa, consentendo così a Tim di operare sul mercato con minori vincoli finanziari e regolatori, concentrandosi maggiormente sulle componenti industriali. Nonostante la vendita della rete, Tim rimarrà l’operatore di telecomunicazioni più infrastrutturato in Italia, continuando a investire sulla rete mobile e sullo sviluppo del 5G, oltre che sull’espansione del proprio ecosistema tecnologico, composto anche da un’infrastruttura di 16 data center dislocati in tutto il Paese.

Il piano Telecom: proiezioni forse troppo generose

Il piano, che si estende fino al 2026, prevede una crescita media annua dei ricavi del +3% per la società dei servizi dopo il distacco della rete, mentre per Tim domestica si prevede una crescita annua del +2%. Nonostante queste proiezioni ambiziose, gli osservatori del settore ritengono che gli obiettivi di crescita siano troppo elevati, soprattutto considerando il momento di incertezza del mercato e la perdita di clienti da parte di Tim

Durante il Capital Market Day, l’amministratore delegato Pietro Labriola ha espresso fiducia nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, definendoli “raggiungibili”. Ha anche aggiunto: “Dobbiamo chiarire meglio che il 2024 è un anno in cui saremo ancora per più metà dell’anno integrati verticalmente, e quindi dobbiamo ricordare la cassa che bruciamo mentre siamo verticalmente integrati, il punto di partenza del livello del debito è vicino a 7,5 miliardi di euro, che non è una comunque una guidance. Nel piano facciamo deleveraging e teoricamente entriamo in un’area di investment grade”.

Anche il direttore finanziario Adrian Calaza ha sottolineato che il piano non è aggressivo, ma piuttosto sfidante, e che con gli sforzi necessari si potrà avere successo.

Sul fronte dell’azionariato, Telecom Italia vede la presenza della francese Vivendi come azionista di maggioranza con il 23,75%, seguita da Cassa depositi e prestiti (controllata dal Ministero dell’Economia) con il 9,81% e dal Gruppo Telecom Italia con lo 0,69%. Il restante delle azioni è suddiviso tra investitori istituzionali italiani (3,75%), investitori istituzionali esteri (44,20%) e altri azionisti (18,80%).

Come sarà il futuro di Telecom

Il trend di lungo periodo per Telecom Italia è estremamente negativo, con il valore delle azioni che si è dimezzato negli ultimi cinque anni e che, nell’arco di un decennio, è passato dai 1,21 euro del 2015 al livello attuale inferiore agli 0,25 euro.

Questa tendenza discendente è stata confermata anche dal bilancio approvato ieri dal consiglio di amministrazione di Tim per il 2023, il quale ha evidenziato una perdita di 1,441 miliardi di euro, significativamente inferiore rispetto al rosso di 2,925 miliardi registrato nell’anno precedente.