Tim ha diritto al rimborso del canone del 1998: lo Stato deve un miliardo di euro

Tim ha diritto al rimborso da parte dello Stato per il canone di concessione del 1998: dopo 25 anni deve avere indietro un miliardo di euro

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Tim fa un salto nel passato e torna a casa con 1 miliardo di euro. È questa la decisione presa dalla Corte d’Appello di Roma che, con la sentenza del 3 aprile, ha stabilito che la società guidata oggi da Pietro Labriola ha diritto al rimborso per il canone di concessione del 1998.

Proprio in quell’anno, lo Stato aveva preteso da Tim il canone, malgrado l’anno precedente vi fosse stata la liberalizzazione del settore. La società aveva allora chiesto il rimborso e aperto un contenzioso durato ben 25 anni. A favore della posizione di Tim in questi anni si era espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

L’ammontare del rimborso

A chiarire i dettagli sull’ammontare del rimborso è stata Tim stessa, la quale ha specificato che la restituzione dovuta dalla Stato di circa 1 miliardo di euro è pari alla somma delle cifre versate e degli interessi maturati. Nel primo caso si parla di 529 milioni di euro (dati presenti nelle note del bilancio 2023), pagati in parte da Telecom Italia, 386 milioni di euro, e in parte dall’ex Tim, 143 milioni.

Ci sono poi gli interessi maturati che sono cresciuti nel tempo, con la cifra finale che arriva a sfiorare il miliardo di euro. Una cifra di certo non trascurabile, né per la società né per lo Stato, soprattutto considerando che la sentenza Corte d’Appello di Roma prevede l’esecuzione immediata e Tim ha dichiarato di essere intenzionata ad avviare fin da subito le procedure necessarie al recupero dell’importo.

Il parere della Corte di Giustizia Ue

Sul caso di Tim si era espressa in passato anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea che aveva sottolineato l’evidente contrasto tra la direttiva sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni e le norme nazionali italiane che prevedevano la proroga per il 1998 dell’obbligo di pagamento del canone a carico dei concessionari di settore.

Più nello specifico, nella nota diffusa da Tim a seguito della vittoria nel contenzioso, si legge che già nel 2020 la magistratura europea aveva stabilito l’impossibilità per una norma nazionale di prorogare per l’esercizio del 1998 l’obbligo di versare il canone calcolato in funzione del fatturato.

Il sistema normativo comunitario, infatti, prevede soltanto che gli Stati potessero richiedere il pagamento dei soli costi amministrativi legati al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del regime di autorizzazioni generali e di licenze individuali. Una vittoria annunciata, dunque, quella di Tim, che ora ha tutto l’interesse ad accelerare i tempi di restituzione delle somme cui ha diritto per sentenza della Corte d’Appello di Roma.

Il governo promette un ricorso

Se da un lato Tim esulta per la vittoria di questo contenzioso durato 25 anni, dall’altra lo Stato non ci sta e promette un ricorso in Cassazione.

In un comunicato diffuso da Palazzo Chigi si legge: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri, appresa la notizia della sentenza di condanna della Corte d’appello civile di Roma a risarcire in favore del Gruppo Tim la somma di circa 528 milioni di euro, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di lite, comunica che proporrà ricorso per Cassazione e chiederà la sospensione degli effetti esecutivi della pronuncia”.